Il Congo è talmente ricco da essere definito uno scandalo geologico. Nonostante la ricchezza, però, il Paese vive nello sfruttamento. Quali sfide dovrà affrontare per divenire il motore dell’Africa?
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è spesso definita dagli esperti come uno “scandalo geologico” per l’immensa ricchezza delle sue risorse naturali.
Situata nel cuore dell’Africa, il Congo, grande otto volte l’Italia, custodisce sotto il suo suolo alcuni dei minerali più preziosi al mondo, ricercati non solo per il loro valore economico ma anche per un loro valore strategico nella produzione industriale.
Oro, diamanti, coltan, rame, cobalto, stagno, tungsteno e uranio sono solo alcune delle materie prime che fanno della RDC un vero e proprio tesoro minerario. Tuttavia, questa abbondanza è al contempo una benedizione e una maledizione. Da un lato, infatti, la repubblica congolese alimenta l’industria globale, dalle batterie per veicoli elettrici alla tecnologia avanzata; dall’altro, è causa di conflitti, sfruttamento e corruzione.
Secondo dati dell’ISPI (Istituto per studi di politica internazionale), il commercio illegale di risorse è spesso legato a gruppi armati locali, che sfruttano le miniere come fonte di finanziamento, contribuendo a perpetuare instabilità e povertà. Nonostante il suo immenso tesoro il Congo continua a essere diviso tra opportunità e contraddizioni: ecco quali sono le sfide che dovrà affrontare per acquisire una sua completa autonomia.
Lo “scandalo geologico” del Congo: tra ricchezza e sfruttamento
La Repubblica Democratica del Congo - come anticipato - è un vero “scandalo geologico”, in quanto possiede una varietà impressionante di risorse minerarie e naturali. Tra queste spiccano il rame e il cobalto, fondamentali per la produzione di batterie ricaricabili e componenti elettronici.
Secondo l’Osservatorio Economico, nel 2018 la produzione di cobalto è aumentata del +34%, con 23.921 tonnellate esportate nel solo primo semestre, contribuendo significativamente alla ripresa economica del Paese. A queste si aggiungono risorse come oro, stagno, tungsteno e coltan, il cui sfruttamento è fondamentale per la tecnologia mondiale.
Nonostante queste opportunità economiche, l’estrazione mineraria è spesso condotta in modo artigianale o illegale, in condizioni di sfruttamento estremo. Come riportato dall’ISPI, gruppi armati e reti criminali controllano il commercio illegale di minerali in diverse regioni del Paese, utilizzando i profitti per finanziare attività illecite e acquistare armi. Questo ciclo vizioso perpetua un sistema di oppressione che grava sulla popolazione locale, spesso costretta a lavorare in miniere pericolose per la mera sopravvivenza.
La ricchezza del sottosuolo, però non si ferma a quella mineraria, bensì offre anche giacimenti per le risorse energetiche. Il gas naturale presente nel lago Kivu, un fenomeno raro a livello globale, rappresenta una potenziale risorsa per lo sviluppo economico. Tuttavia, come evidenziato dalle vicende legate all’esplorazione petrolifera nel Parco Nazionale dei Virunga, gli interessi economici si scontrano spesso con la necessità di proteggere l’ambiente e la biodiversità. L’estrazione di idrocarburi nella regione, infatti, mette a rischio gli ecosistemi e gli ultimi gorilla di montagna, rendendo urgente un equilibrio tra sviluppo e sostenibilità.
Lo “scandalo geologico” del Congo e le sfide future: dalla regolamentazione alla valorizzazione delle risorse
La gestione delle risorse naturali in Congo è un tema cruciale per il futuro del Paese africano. La valorizzazione delle risorse naturali potrebbe trasformare lo Stato africano in un motore di sviluppo per l’intera regione, ma ciò richiede un impegno congiunto da parte della comunità internazionale e del governo congolese che dovrà affrontare numerose sfide, dalla regolamentazione alla lotta alla corruzione.
Negli ultimi anni, infatti, si sono registrati progressi significativi nella regolamentazione del commercio di minerali. In particolare, il Dodd-Frank Act negli Stati Uniti e il regolamento europeo del 2021 impongono la tracciabilità delle materie prime provenienti da zone di conflitto, come la Repubblica congolese.
Questi strumenti obbligano le aziende a dichiarare la provenienza dei minerali utilizzati, in modo da contrastare il contrabbando e lo sfruttamento. Nonostante ciò, alcune risorse, come il cobalto, restano escluse da queste normative, nonostante la crescente domanda globale. La necessità di includere nelle regolamentazioni anche questo minerale - secondo gli esperti - è alquanto urgente, soprattutto alla luce del suo ruolo strategico per le batterie delle auto elettriche e la transizione energetica.
Il Congo, tuttavia, dovrà affrontare altri ostacoli come quello della corruzione e dalla mancanza di infrastrutture adeguate, che limitano la capacità dello Stato di controllare efficacemente l’estrazione e il commercio delle risorse. Parallelamente, il Paese dovrebbe affrontare il problema del lavoro minorile e delle condizioni disumane nelle miniere. Secondo rapporti delle Nazioni Unite, durante il confinamento dovuto alla pandemia il contrabbando di minerali non etichettati è aumentato, evidenziando la necessità di strategie più efficaci per arginare il fenomeno.
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