Vediamo come funziona e quanto rende il nuovo bond in valuta estera di recente emesso dalla nota banca commerciale italiana
È fresco di debutto sul mercato MOT e sul segmento EuroTLX di Borsa Italiana un nuovo corporate bond targato banca Intesa. Sotto certi aspetti il titolo presenta una struttura dei rendimenti differente rispetto a quelle tipicamente offerte da altri emittenti similari.
Si tratta di un insieme di elementi che al contempo valgono come punti di forza e di possibili rischi dell’investimento. Vediamoli in breve, anticipando solo che questo titolo paga il 10% per 2 anni poi tassi fissi decrescenti e opzione Switch a partire dal terzo fino a scadenza.
Le caratteristiche principali dell’obbligazione in dollari di banca Intesa
La neo obbligazione di Intesa Sanpaolo ha codice ISIN IT0005630188 ed già presente sul MOT e l’EuroTLX di Borsa Italiana (denominazione: Isp Mc Jan37 Usd). Al momento prezza poco sotto 102 centesimi (101,86), e primi giorni di vita ha già segnato un minimo e un massimo a 98,97 e 103,69.
Da un estremo a un altro si tratta di oscillazioni di poco superiori al 4,5%, a dimostrazione della volatilità dei suoi corsi sul secondario.
Il titolo ha data godimento 14/01/’25, inizio negoziazioni il 15/01 e data di rimborso finale al 14 gennaio del 2037. L’emittente non ha previsto l’opzione callable, per cui la durata complessiva del prestito obbligazionario sarà di 12 anni.
L’ammontare emesso e raccolto da Intesa è di 65 mln di $ USA, mentre il taglio minimo di sottoscrizione è di 2.000 dollari americani. In altri termini è un’emissione di una banca nazionale ma denominata in una valuta estera, il $ USA per l’appunto. Al cambio attuale di 1,0415 si tratta di un controvalore di circa 1.920 €, più le commissioni di acquisto alla banca presso cui si detiene il conto titoli.
La struttura dei rendimenti del neobond di banca Intesa
Veniamo al flusso dei payout previsti dal titolo, dove la periodicità della cedola è annuale e staccata il 14 gennaio di ogni anno fino al termine. Sul bond l’emittente ha previsto un doppio tasso a seconda che, a partire dal 3° anno di vita del prestito, eserciti o meno la Switch Option. Che vuol dire?
Se banca Intesa non dovesse esercitare la Switch Option, il flusso cedolare fisso e decrescente (formula: step-down) prevede i seguenti tassi di interesse:
- 10% lordo (7,4% netto) per i primi 2 anni, cioè fino a gennaio 2027;
- 6% lordo (4,44% netto) per i successivi 3, ossia dal 3° al 5° anno (dal 2028 al 2030);
- 5% lordo (3,7% netto) per il 2° triennio, ossia dal 6° all’8° anno di vita del bond (dal 2031 al 2033);
- 4% lordo (2,96% netto) per gli ultimi 4 anni, cioè dal 2034 al 2037, quando avverrà il rimborso integrale del prestito nominale sottoscritto. Ovviamente il riaccredito del capitale avverrà nella stessa valuta di denominazione del bond, e quindi in biglietti verdi americani.
Tuttavia, dopo il primo biennio e quindi a partire dal 3° anno in poi, Intesa Sanpaolo si è riservata la facoltà di convertire le cedole da fisse a variabili. L’esercizio dello Switch può avvenire ogni anno a sua discrezione, e comunicata al mercato nei giorni antecedenti lo stacco degli interessi di periodo. In tal caso le nuove cedole annue lorde variabili sarebbero pari al tasso di finanziamento overnight SOFR, maggiorato di uno spread dell’1,70%.
In questo scenario è impossibile calcolare il rendimento lordo effettivo del bond da qui al termine, ad eccezione dei primi 2 anni in cui i tassi sono fissi. Tuttavia, laddove Intesa esercitasse lo Switch c’è il rischio che il payout finale risulti inferiore a quello precedente. Anche l’emittente dovrà fare un esercizio di analisi e previsioni, ma è chiaro che la sua convenienza a cambiare formula dal fisso al variabile sarà legata alla possibilità di ridursi il costo del debito.
Questo titolo paga il 10% per 2 anni poi tassi fissi decrescenti e opzione Switch
Se lo Switch non venisse esercitato resterebbe in piedi un buon flusso cedolare, specie nel primo biennio. Da qui a 24 mesi scarsi, infatti, l’obbligazione pagherà quasi un 15% netto di cedole. È tutt’altro che poco. Poi i tassi caleranno in linea con molte attuali previsioni circa il futuro taglio del costo del denaro.
Veniamo ai possibili rischi legati all’investimento. Il primo, e probabilmente il più marcato, è quello di cambio, dato che il bond è denominato in una valuta diversa da quella dell’investitore nazionale. Non solo, ma c’è che l’emissione è avvenuta in un’epoca storica in cui il $ è più forte dell’€, per cui da qui al 2037 questi rapporti di forza potrebbero invertirsi come anche no e rafforzarsi ulteriormente. Quali sarebbero le implicazioni per un investitore in € o comunque in una moneta diversa da quella di denominazione del titolo? Se il $ USA si rafforzasse ancora da qui a 12 anni o al tempo della rivendita del bond sul mercato, una plusvalenza da cambio. Il contrario, invece, a scenari invertiti.
Un altro rischio è l’eventuale esercizio Switch, che molto probabilmente porterebbe a una riduzione dei ritorni complessivi.
Infine restano in piedi tutti gli altri rischi tipici di ogni tipologia di investimento, sovrano o corporate che sia. Vale a dire il rischio emittente, dove i rating della banca sono pari a Baa1 per Moody’s e a BBB per S&P e per Fitch. Poi ricordiamo il rischio tassi e quello di mercato, dove abbiamo già visto quanto i prezzi si sono già mossi nei primi giorni di vita. Ad esempio anche l’individuazione e la cura certosina del prezzo di ingresso e/o uscita dal titolo sarà determinante per il rendimento effettivo del proprio investimento.
Infine occhio al rischio di liquidità, tipico soprattutto dei prodotti con un flottante non così robusto come in questo caso.
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