Il funzionario di Mitterand sul limite del 3% deficit/PIL: “Parametro deciso in meno di un’ora, senza basi tecniche”
Limite del 3% del PIL politicamente flessibile considerato che tra il 1999 e il 2015 è stato superato per ben 114 volte dai 28 Paesi del blocco senza che la UE desse alcun consenso. Grecia 17 volte, Portogallo 15 volte, Gran Bretagna 11 volte, Francia 12 volte, Italia 9 volte, Germania 7 volte, Spagna 8 volte.
Da 8 anni la Germania sfora il limite del 6% del PIL nel saldo esportazioni/importazioni. È passata da 139 miliardi di passivo (1991/2000) a 346,8 miliardi di dollari del 2017, pari all’8,2% del PIL. Complessivamente dal 2001 la Germania ha accumulato un avanzo di bilancia dei pagamenti di 3.592 miliardi di dollari, pari a circa il 103% del PIL. Mancata attivazione della procedura denominata MIP (Macroeconomic Imbalance Procedure) da parte della Commissione europea.
Limite del 3% del PIL: quali basi storiche e scientifiche?
La trattazione dentro l’analisi sulle trasformazioni del potere politico riguarda ultimamente proprio il rapporto tra numeri e politica. A memoria, in passato l’unico che lo ha trattato è stato il sociologo Nikolas Rose. Un intero capitolo è da Rose dedicato a questo rapporto in Powers of Freedom, quasi un decennio fa. I numeri segnano il governo di una società e determinano le politiche dirette ad affrontare i problemi. Il ricorso da parte della politica al linguaggio dei numeri non è sempre candido e smaliziato.
Una tale osservazione mi è venuta in mente nella polemica di questi giorni sul limite del 3% del rapporto deficit/PIL quale parametro fondamentale, insieme al rapporto debito/pil del Trattato di Maastricht. Indagini effettuati anni fa da due quotidiani come Aujourd ‘hui en France - Le Parisien e Frankfurter Allgemeine Zeitung. I quotidiani rilevarono che quel limite del 3% non aveva alcun fondamento razionale e base scientifica. L’indagine venne ripresa anche in Italia dal Sole 24 Ore il 29 gennaio del 2014 con articolo di Lops:
“Parla l’inventore della formula del 3% sul deficit/Pil riportando queste dichiarazioni del funzionario di Mitterand: «Parametro deciso in meno di un’ora, senza basi tecniche»”.
Il limite fu elaborato negli anni ’80 da un funzionario del governo Mitterand, Guy Abeille. Bisognava evitare di mantenere le promesse della precedente campagna elettorale e solo un limite alla spesa pubblica poteva evitarne l’attuazione. Essendo il deficit pubblico al 2,6% del PIL, si arrotondò al valore del 3% perché storicamente rimandava alla Trinità.
A dicembre 1991 la regola francese divenne europea, diventando parametro di Mastricht a opera dell’allora ministro delle finanze francese, Jean Claude Trichet, che convinse il ministro delle finanze tedesco Theo Waigel. In che modo lo convinse? Trichet sostenne che il livello di indebitamento pubblico degli anni ’90 su base europea era del 60% del PIL. La crescita nominale in quegli anni era stata del 5% e l’inflazione al 2%, quindi i deficit pubblici potevano crescere del 3% (5% di nominale meno 2% di inflazione= 3%) rimanendo in tal modo invariato il debito, pari al 60% del PIL.
La storia del parametro relativo al rapporto debito/PIL è un po’ più lunga, ma poggia principalmente sulla convinzione, suffragata a sentire le tecnocrazie UE da un’ampia letteratura scientifica, la quale ritiene fortemente negativa la crescita del debito, che oltre un certo limite incide molto negativamente sulla crescita economica. Il problema è la determinazione di questa soglia! Famoso a tal fine è lo studio di Reinhart e Rogoff, tra i più citati negli ultimi anni, nel quale si evidenziava l’esistenza di una correlazione tra un alto rapporto debito/PIL (maggiore del 90%) e la bassa crescita. Studio di due autorevoli economisti dell’Università di Harvard, pubblicato nel 2010 sulla prestigiosissima “American Economic Reviev”.
Proprio sulla base di questo documento sono stati poi giustificati l’austerità, il pareggio di bilancio e la macelleria sociale in Europa. Successivamente un working paper, redatto da Herndon, Ash e Pollin dell’Università del Massachusetts, dimostrò come i risultati della ricerca di Reinhart e Rogoff si basavano su problemi metodologici, manipolazioni dei dati ed errori di calcolo. Eliminandoli dall’analisi, il tasso di crescita medio dei Paesi ad alto debito balza dal -0.1% al +2.2%, una differenza molto grande.
I problemi evidenziati riguardavano il codice nel foglio di calcolo utilizzato per selezionare i dati, il bilanciamento dei dati utilizzando uno schema non convenzionale e l’esclusione di alcune osservazioni sui dati. Resta comunque “politicamente flessibile” questo limite del 3% del PIL, considerato che tra il 1999 e il 2015 è stato superato per ben 114 volte dai 28 Paesi senza che la UE desse alcun consenso!
A margine, infine, non si può non ripetere ed evidenziare che da 8 anni la Germania sfora il limite del 6% del PIL nel saldo esportazioni/importazioni, accumulando un avanzo di bilancia dei pagamenti di 3.592 miliardi di dollari, pari a circa il 103% del PIL. Ha battuto nello stesso periodo anche la Cina, che con i suoi 3.357 si colloca al secondo posto.
Il parametro del saldo della bilancia dei pagamenti al 6% sfondato dalla Germania non ha di fatto attivato la procedura denominata MIP (Macroeconomic Imbalance Procedure) da parte della Commissione europea.
È possibile consultare il working paper con il quale viene confutata la ricerca di Reinhart e Rogoff a questo link
© RIPRODUZIONE RISERVATA