Le grandi aziende tech si stanno dimostrando sempre più agguerrite nel campo della realtà aumentata e gli investimenti aumentano progressivamente.
Nonostante la smaccata reticenza dimostrata dal grande pubblico, le aziende del settore tecnologico continuano a trainare verso il “metaverso”, un’idea di digitalizzazione ancora tendenzialmente astratta che però il mondo Big Tech non vede l’ora di definire e conquistare. Se è vero che la prospettiva di una dimensione internettiana strutturata attorno alla realtà virtuale (VR) non sta destando grandi favori, è anche vero che molte imprese stanno operando per offrire un’alternativa che ancora deve dimostrare il suo pieno potenziale, quello della realtà aumentata (AR).
Un futuro in realtà aumentata
Nel 2015, Eric Schmidt, amministratore delegato di Google, ha esposto le sue prospettive del futuro al World Economic Forum di Davos. Nella prospettiva degli esperti del settore, il suo intervento ha fatto la storia. «Internet scomparirà», aveva dichiarato suscitando lo sgomento dei presenti. «Ci saranno così tanti indirizzi IP, così tanti strumenti, sensori, oggetti da indossare, apparecchi con cui interagire che si finirà con il non percepirlo. Sarà una parte della nostra presenza, in ogni momento». Alle orecchie del pubblico dell’epoca la posizione del CEO sembrava assolutamente inverosimile e allucinata, ma da allora è emerso l’internet delle cose, dimostrazione empirica di questa deriva tech. In maniera più discreta e non senza incidenti di percorso, ha iniziato quindi a stagliarsi anche una forma più ibrida e transumana di digitalizzazione, quella che prevede l’uso dei device per “migliorare” la percezione della realtà da parte degli utenti.
La AR ha avuto un percorso più lento e sobrio della VR, ma a differenza della sua controparte più scenografica, la realtà aumentata si è già insediata nella vita di ogni giorno senza che l’impatto della stessa venisse percepito come violento e invadente. Se avete dubbi, pensate al boom che è stato nel 2016 Pokémon Go e a come un simile gioco abbia altamente influenzato per un breve periodo la navigabilità urbana e le strategie di marketing degli esercenti. Il 2023 promette un immediato futuro in cui questa tecnica verrà esplorata ed esaltata come non mai, con una corsa agli occhiali Smart che promette di produrre quelle basi di competitività utili a generare nei prossimi anni prodotti commerciali concretamente utilizzabili.
Il ritorno di Google
Dal momento che il progetto Google Glass era stato metaforicamente seppellito nella torba, Google aveva mantenuto un profilo estremamente basso per quanto concerne le tematiche AR. Molti erano arrivati al punto di credere ci avesse messo una pietra sopra o che, perlomeno, avesse ridimensionato notevolmente le proprie ambizioni. Volendo prestare fede ad alcune indiscrezioni raccolte dal portale9to5Google, la realtà sarebbe diametralmente opposta: nel silenzio, la Big Tech per eccellenza si sarebbe imbarcata nella progettazione di un nuovo sistema operativo in grado di alimentare un hardware indossabile completamente inedito. Affidandosi ai contenuti del social LinkedIn, la testata ipotizza infatti la nascita di un “team AR OS” con a capo Mark Lucovsky, ex-general manager dei sistemi operativi di Oculus.
Sebbene l’informazione sia lungi dall’essere ufficiale, sia la fonte che i contenuti sono estremamente attendibili. Il “metaverso” rappresenta una nuova corsa all’oro per il settore tech ed è facile credere che Alphabet, azienda a capo di Google, voglia appropriarsi di una fetta del futuro che è in palio. Una fetta più grande di quanto non abbia già in questo momento a disposizione. Da quanto si evince a oggi, l’azienda si sta infatti apprestando a fare le cose in grande costruendo una nuova piattaforma che possa instaurare paradigmi inediti ed essenziali. In altre parole, Google starebbe lavorando a un sistema che sarà per la realtà aumentata quello che oggi Android è per la telefonia mobile.
Un cambio di rotta per Meta
La decisione di Mark Zuckerberg, CEO di Meta, di puntare su di un “metaverso” costituito da una realtà virtuale dal gusto monopolistico è piaciuta a pochi, sia tra i consumatori che tra gli investitori. Le persone non percepiscono la necessità di acquistare elmetti ancora molto costosi per fruire di servizi che offrono un valore tutto sommato molto contenuto, di conseguenza le stanze digitali dei mondi virtuali risultano tanto deserte che la stessa azienda deve imporre ai propri dipendenti di usare il software dedicato almeno una volta a settimana. La Borsa ha tenuto conto di questi inconvenienti e la scarsa fiducia nel VR ha contribuito a far crollare il valore dei titoli dell’azienda. Un tracollo ancora più imponente se si considera che fino a poco tempo fa Meta solcava le vette del NASDAQ.
Che si tratti di una decisione reattiva o di una coincidenza straordinaria, la Big Tech ha recentemente evidenziatocome i suoi investimenti 2023 nel metaverso siano per metà dedicati al frangente delle AR. Meta ha d’altronde già esplorato le acque della realtà aumentata attraverso una joint-venture con Ray-Ban, tuttavia quell’esperimento è stato più utile a misurare quanto il vasto pubblico fosse disposto ad accogliere degli occhiali con videocamera incorporata, piuttosto che a collaudare orpelli tecnici di nuova generazione. La vera rivoluzione starebbe avvenendo dietro alle quinte, con l’azienda che ha appena acquistato Luxexcel, una piccola impresa olandese specializzata nella stampa 3D di lenti utilizzabili nel contesto della realtà aumentata, ma anche un’entità che da tempo sarebbe impegnata per Meta in un’iniziativa nota come Project Aria, un progetto di ricerca a tema AR.
Oltre ai filtri di Snapchat e ai giochi
A parte eccezioni più uniche che rare, la realtà aumentata non si è ancora ritagliata un ruolo essenziale nelle nostre vite, tuttavia qualcosa sta cambiando. L’esercito statunitense ha da poco predisposto un budget da 22 miliardi di dollari per dar vita ai Visual Augmentation System (IVAS), occhiali da combattimento su cui soldati e ufficiali possono proiettare dati e informazioni in tempo reale, dalle mappe alla posizione dei compagni, fino ad arrivare alle foto degli obiettivi da eliminare. Senza dover scendere nel militare, i cosiddetti Head-up Displays (HUD) sono al vaglio anche del settore automobilistico, con Kia che si pone ad avanguardia della categoria con la sua Kia EV6 e con Kia Niro.
I piani per la realtà aumentata si stanno facendo sempre più audaci e realizzabili, alcuni arrivano a suggerire addirittura che il termine sia già obsoleto e che si dovrebbe invece parlare di Cross Reality (XR), e il 2023 promette di dimostrarci in concreto quali siano i progetti che troveranno forma nel prossimo futuro. Negli scorsi giorni sono già emerse le prime indiscrezionisul ruolo di Apple all’interno della realtà aumentata, quindi vedremo il Ministero della Finanza nipponico introdurre i visori AR nelle doganecon l’obiettivo di intercettare con maggiore facilità i contrabbandieri. In generale, ci sono buone possibilità che si stia per entrare in un anno in cui le Big Tech si impegneranno a normalizzare agli occhi del grande pubblico il fatto di indossare apparecchiature che registrino e arricchiscano la realtà che ci circonda, un progetto a cavallo tra l’educazione e la propaganda che dovrà tenere testa a tutta una serie di problematiche morali e legali che non mancheranno di rappresentare scogli difficili da sormontare. Si pensi allo scorso novembre, quando il Garante della Privacy italiano ha ripresoil Comune di Arezzo per aver pianificato la sperimentazione di alcuni «super-occhiali infrarossi» capaci di controllare in tempo reale le targhe delle autovetture, notificando immediatamente ai vigili eventuali pendenze.
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