È reato dire che qualcuno è morto anche se non è vero?

Ilena D’Errico

2 Marzo 2025 - 23:50

Dire che qualcuno è morto anche se non è vero è un reato? Ecco cosa prevede la legge.

È reato dire che qualcuno è morto anche se non è vero?

La diffusione di notizie sulla presunta morte di personaggi pubblici o famosi dovrebbe apparire come un meccanismo insolito, ma negli anni è diventata un’abitudine antipatica a cui il pubblico è ormai rassegnato. Non che sia così facile individuare le notizie false a colpo d’occhio, quanto meno non prima di una smentita ufficiale e incontrovertibile. C’è poi chi non si convince nemmeno così, sostenendo teorie apparentemente prive di fondamenta oggettive. Quando ciò non corrisponde al vero e quindi il personaggio in questione non è davvero deceduto ci sono dei risvolti piuttosto spiacevoli.

Il pubblico è confuso e allarmato, mentre ovviamente il diretto interessato non è lusingato dall’annuncio prematuro della propria morte. D’altro canto, capita che chi diffonde questo tipo di notizie non abbia intenzione di danneggiare nessuno, né il protagonista del racconto né il pubblico a cui parla. Quando c’è buona fede si tratta per lo più di inchieste, teorie e analisi che non di notizie vere e proprie, che dovrebbero altrimenti essere verificate ed esposte con correttezza. Nulla toglie, comunque, che il fraintendimento nasca da meccanismi più complessi. In ogni caso, capita sovente che la morte di personaggi noti al pubblico sia annunciata senza motivo, scatenando il panico e ledendo i diretti interessati e i loro familiari. A fianco dell’ambito pubblico, tuttavia, capita anche che la vicenda si ripeta analogamente tra comuni cittadini.

In questi casi, la notizia falsa viene data di solito tramite passaparola, con danni più circoscritti ma non meno preoccupanti. I motivi, in questa ipotesi, sono dei più svariati. Ci si chiede dunque se questo comportamento abbia dei risvolti legali e quali siano di conseguenza gli strumenti per difendersi.

È reato dire che qualcuno è morto?

Affermare che una persona è morta non è un reato, perlomeno nella stragrande maggioranza dei casi. Anche se si tratta di un’affermazione piuttosto forte, con un impatto non indifferente dal punto di vista emotivo, non ci sono estremi per pensare a un illecito. La stessa diffusione di notizie false integra solo molto raramente un reato e a maggior ragione si finisce difficilmente sul piano penale tra privati cittadini. Bisogna però sempre tenere conto della modalità con cui il racconto fasullo viene riportato, delle motivazioni e dei destinatari. Non è infatti da escludere a priori che l’annuncio possa integrare il reato di diffamazione, minacce o estorsione. Naturalmente, tutto dipende dagli effetti provocati nel caso specifico.

Si ha diffamazione quando c’è una lesione all’onore e alla reputazione della vittima, mentre con le minacce e l’estorsione le dichiarazioni vengono fatte con lo scopo specifico di avvantaggiarsi dell’altro. Non si tratta quindi di diffondere una notizia falsa, bensì di compiere un altro reato attraverso la minaccia di morte. In tal proposito, può rilevare anche la circonvenzione d’incapace, come purtroppo ricorda la cronaca. Si pensi all’annuncio della morte di una persona cara a un soggetto anziano per ottenere soldi da usare per i presunti funerali. Al di fuori di queste ipotesi molto specifiche, difficilmente chi annuncia la morte di una persona commette un reato, indipendentemente dal fatto che ciò corrisponda al vero o meno.

Ciò non toglie che tutte le persone lese dalla notizia falsa, quindi chi è stato dichiarato come deceduto e i suoi familiari, possano agire in giudizio per ottenere un risarcimento. Non basta, tuttavia, dimostrare le dichiarazioni false della controparte. Per ottenere il risarcimento sarà infatti indispensabile provare con precisione il danno subito, che può essere di vario genere. Ci può essere il danno patrimoniale, in riferimento all’attività lavorativa, il danno all’immagine o anche il danno morale per il turbamento arrecato. L’importante è che il danno sia debitamente documentato, anche riguardo al nesso causale con la notizia falsa enunciata.

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