Con la prossima legge di Bilancio è in arrivo una stretta sul Reddito di cittadinanza: l’obiettivo del governo Meloni è ricavare almeno uno o due miliardi di euro: chi rischia di perdere il sussidio?
Il Reddito di cittadinanza sta per cambiare. Oramai mancano solo due o al massimo tre settimane alla presentazione della legge di Bilancio, la prima del governo Meloni. L’esecutivo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia vuole ricavare soldi dalla riforma del sussidio pubblico: almeno un miliardo, magari due, da mettere su altro, a partire dalla proroga di Quota 102 per il 2023. Insomma, non ci sarà la cancellazione del provvedimento voluto dal M5s e dall’allora governo Conte I, con il supporto decisivo della Lega, ma la prima stretta potrebbe produrre cambiamenti significativi per alcuni.
L’idea della presidente del Consiglio è avviare una riforma che trasformi il Reddito di cittadinanza in una sorta di Reddito di inclusione allargato, concedendolo solo a chi non può lavorare, mentre per gli altri lentamente il sussidio dovrebbe sparire, sostituito da corsi di formazione e sperabilmente da posti di lavoro.
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Una partita complessa, perché in un momento di crisi economica, tra caro-energia e inflazione, oltre che spettro della recessione alle porte, stimolare l’occupazione non è facile. Assumere personale nei centri per l’impiego, a maggior ragione dopo la “cacciata” dei navigator, non è cosa immediata: le Regioni su questo fronte sono bloccate da tempo e prevedere nuovi ingressi costa molto per le casse dello Stato, in un momento in cui già mancano soldi per affrontare le emergenze. Vediamo quindi chi già a gennaio, dopo l’approvazione della manovra, può perdere il Reddito e chi invece sicuramente lo manterrà.
Reddito di cittadinanza, le modifiche nella manovra
Fino alla fine dell’anno, ha assicurato il governo, il Reddito non verrà cancellato: impossibile farlo, senza scatenare una crisi sociale, visto che tra inflazione e caro-energia il rischio povertà è già dietro l’angolo. Ma nella legge di Bilancio si cercherà di impedire che il Reddito sia a vita: i circa 500 euro medi che si ricevono scenderanno nel corso del tempo e forse potrebbero essere sospesi per sei mesi per chi nell’ultimo anno e mezzo non ha trovato lavoro. Al loro posto scatterebbero corsi di formazione, retribuiti solo in parte.
Non solo: al primo rifiuto di un’occupazione, dovunque e con compenso minimo superiore al Reddito, si perderà il sussidio. Tutto questo non varrà per chi non può lavorare. Fragili, disabili e chi prende la pensione di cittadinanza: per tutti loro l’assegno potrebbe addirittura aumentare.
Chi può perdere il sussidio a gennaio?
Più nello specifico quindi si porterà a termine la ricognizione, già avviata, per cercare di individuare le persone che ricevono il sussidio dell’Inps pur essendo nella condizione di lavorare e che magari hanno contemporaneamente un lavoro in nero. Quindi ci sarà la modifica della sospensione per sei mesi e lo stop dopo la prima offerta congrua rifiutata. Varrebbe da subito e non più dopo i primi 18 mesi di percezione, come è oggi.
Concretamente, quindi, a gennaio potrebbe scattare qualche sospensione o stop per violazione delle regole dopo la ricognizione oppure legato ai rifiuti delle offerte di lavoro o al non avere trovato un’occupazione autonomamente nell’ultimo anno e mezzo (sempre se si è abili al lavoro e se non si è stati supportati in modo adeguato da centri per l’impiego e navigator). Nei sei mesi successivi, quindi, la ministra del lavoro Marina Calderone potrebbe predisporre la riforma vera e propria, con tagli strutturali per chi, tra i 18 e i 59 anni, è senza minori a carico ed è in grado di lavorare.
Dalla Lega, tuttavia, continuano a chiedere di ridurre il sussidio ad alcuni, magari prevedendo un meccanismo di decalage rafforzato dopo i primi 18 mesi, come per l’assegno di disoccupazione (Naspi o Dis-coll). In pratica: se prendi il Reddito di cittadinanza da troppo tempo ti può essere tagliato in maniera progressiva e sempre più intensa nel corso dei mesi a venire.
La possibile riduzione dei tempi
Un’opzione in campo è anche quella di rendere il Reddito fruibile per un massimo di 48 mesi. Questo significa che i rinnovi potrebbero diventare al massimo, due mentre il terzo periodo di fruizione potrà avere una durata massima di 12 mesi. Dopodiché i pagamenti del sussidio verrebbero sospesi.
Il nodo dell’Isee 2023
In ogni caso diversi percettori rischiano decurtazioni di assegno o addirittura la decadenza visto che entro il 31 gennaio 2023 bisogna rinnovare l’Isee, con l’Inps che acquisirà i dati patrimoniali e reddituali aggiornati al 2021. Questo significa che coloro che tra il 2020 e il 2021 hanno beneficiato di un miglioramento della condizione economica dovranno temere il ricalcolo del Reddito, perché da questo ne verrà fuori una decurtazione dell’importo. E nel peggiore dei casi, se il miglioramento dovesse essere portare al superamento delle soglie reddituali e patrimoniali previste, il sussidio verrebbe persino tolto.
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