Cosa ne sarà del Reddito di cittadinanza? Legge di Bilancio 2023 presenterà un chiaro segnale sul proseguimento dello strumento o la sua riforma. C’è discordia anche nella maggioranza. Ecco perché.
Che fine farà il Reddito di cittadinanza con la legge di Bilancio 2023? E scontro tra le parti, tra Giorgia Meloni e la ministra del lavoro Marina Elvira Calderone (indipendente). La ministra nella sua posizione è chiara, perché anche se è facile dire che chi può lavorare non dovrebbe più ricevere il sussidio, è molto più difficile capire chi sono gli “occupabili” e in che condizioni sono. Per questo la prospettiva del governo Meloni, cioè di eliminare il Reddito di cittadinanza per tutti i fruitori cosiddetti “occupabili”, è una prospettiva complessa da analizzare.
È chiaro infatti che c’è indecisione su chi dovrebbero essere i cosiddetti “occupabili”. Mentre la stima del governo è di circa 900.000 persone, l’Agenzia del lavoro ne calcola circa 660.000. L’Inps a sua volta ne conta appena 372.000 di persone occupabili. Il vero dilemma è chi sono davvero gli occupabili, cioè chi non è nella condizione di avere bisogno di un supporto economico.
La definizione della platea di occupabili è essenziale per capire in che direzione andrà il Reddito di cittadinanza. Sulla definizione del numero degli occupabili ci si gioca una carta importante della propaganda: il valore sociale del Reddito di cittadinanza. Capire chi sono gli occupabili, anche facendo controlli alla fascia dei “non occupabili”, potrebbe far diminuire la spesa del Reddito di cittadinanza. Il risparmio servirebbe per finanziare proposte della campagna elettorale come pensioni minime a 1.000 euro e sgravi ai datori di lavoro per assumere under 35.
Cosa succederà al Reddito di cittadinanza? Il pugno duro, ma contro chi
Tanto in opposizione, quanto in campagna elettorale e ora al governo Giorgia Meloni si è sempre espressa con parole dure contro il Reddito di cittadinanza. L’ha chiamato metadone di Stato, ha fatto pressioni affinché venisse cancellato come strumento non valido per il lavoro e contro la povertà. Il motto, calmierato nel tempo, è: chi può lavorare non deve ricevere il sostegno dello Stato.
A parole è facile essere d’accordo con tale affermazione, ma basta guardarsi intorno nelle circostanze attuali, con la crisi economica e il caro bollette - in un quadro di disoccupazione al 34,6% - per capire che eliminare un sostegno contro la povertà è più complesso di uno slogan.
I dubbi di Calderone e i numeri dell’Inps: il futuro del Rdc
Il reddito di cittadinanza costa allo Stato circa 9 miliardi di euro all’anno. La cancellazione dello strumento vorrebbe dire trovare i soldi per finanziare alcune promesse elettorali. Quando si parla del futuro del Reddito di cittadinanza è chiaro che non sarà cancellato del tutto e a tutti, ma sarà riformato per escludere i cosiddetti “occupabili”.
È proprio sul tema degli occupabili che si apre un dubbio: quanti sono? Secondo la maggioranza di governo gli occupabili sono circa 900.000, secondo Anpal si tratterebbe in realtà di 660.000 unità, ma l’Inps ne conta appena 372.000. In questo calcolo sballato, già di per sé dubbio, ci sono da considerare anche i figli a carico e le condizioni di disagio.
A favore del Reddito di cittadinanza si sono espressi preoccupati i governatori delle regioni del Sud, come il governatore della Calabria: “La nostra è una regione con uno dei tassi più alti di povertà assoluta”. A fare resistenza c’è anche Marina Elvira Calderone, ministra del Lavoro, che ha sempre dimostrato di non aver atteggiamento critico, ma anzi volto alla riforma dello strumento. Secondo Calderone infatti il Reddito di cittadinanza andrebbe mantenuto e potenziato, così come le sanzioni per chi non rispetta gli obblighi. In particolar modo Calderone sembra interessata a mantenere il sussidio anche per i cosiddetti occupabili, considerando che gli inoccupati non lo sono scelta il più delle volte e lasciarli senza nessun tipo di sostegno aggraverebbe la condizione economica di tutti, non soltanto delle persone senza più sostegno.
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