Gli ultimi dati della Caritas sulle categorie più svantaggiate in Italia e il pressing di Cei e Alleanza contro la povertà spingono la destra di Meloni a non cancellare il Reddito di cittadinanza.
Secondo la Cei (Conferenza episcopale italiana), Alleanza contro la povertà e Caritas, visto il livello di povertà in Italia, il Reddito di cittadinanza va sì cambiato, ma più per essere rafforzato che per essere smantellato. La presa di posizione si basa sui dati relativi alle categorie economicamente più svantaggiate nel nostro Paese, pubblicati ieri dalla stessa Caritas in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà.
I numeri dell’ente confessionale della Cei dicono che nel 2021 la povertà è arrivata al massimo storico in Italia e il sussidio pubblico introdotto nel 2019 dal governo Conte I raggiunge oggi poco meno della metà dei poveri assoluti (che in tutto sono 5,6 milioni), ovvero il 44%. Per questo, visto che “la povertà morde”, secondo il cardinale Matteo Zuppi, “il Reddito va mantenuto e dato a tutti i poveri assoluti”.
La Chiesa cattolica di Papa Francesco, in questo modo, prende nettamente posizione contro la cancellazione del Reddito di cittadinanza, avvertendo il prossimo governo di centrodestra probabilmente guidato da Giorgia Meloni. La sostanza è che i poveri sono troppi e in questo momento di crisi economica, tra inflazione alle stelle e caro-bollette, le persone più in difficoltà vanno sostenute.
Reddito di cittadinanza, la modifica allo studio di Meloni
La leader di Fdi non ha mai detto di voler cancellare qualsiasi strumento contro la povertà, ma di certo la modifica che vorrebbe la Chiesa non porterebbe certo a un risparmio di risorse ed una platea di persone coinvolte minore rispetto all’attuale. Proprio quello in cui sperava Meloni per recuperare fondi e utilizzarli per affrontare l’attuale crisi economica.
I dati della Caritas sulla povertà assoluta
Secondo la Caritas lo scorso anno la povertà assoluta ha confermato i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19. Le famiglie nello stato di maggiore indigenza sono 1 milione e 960mila, pari a 5.571.000 persone (oltre il 9% della popolazione residente in Italia). L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020), mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%).
Secondo la Caritas sarebbe opportuno assicurarsi che fossero raggiunti dal Reddito di cittadinanza tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti. “Accanto alla componente economica dell’aiuto - aggiungono - vanno però garantiti adeguati processi di inclusione sociale”. Tradotto: la parte sulle politiche attive del lavoro, che finora non ha funzionato a sufficienza, va profondamente rivista.
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La differenza tra povertà relativa e assoluta
Per l’ente, poi, chi riceve il sussidio risponde ai requisiti previsti che però individuano una platea di beneficiari che, oltre ai poveri assoluti, si estende anche a persone in povertà relativa. La prima categoria è quella delle famiglie e delle persone il cui reddito non può soddisfare i bisogni primari della vita (si fa insomma fatica a mangiare giorno dopo giorno e a volte non si ha una casa). Nel secondo caso il reddito familiare è composto da circa il 50% in meno rispetto alla media nazionale (si soddisfano quindi delle necessità minime, ma si fa estrema fatica ad arrivare alla fine del mese).
Chi riceve il Reddito di cittadinanza
Ad agosto i nuclei che hanno ricevuto il Reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza sono stati in totale 1,18 milioni, per circa 2,5 milioni di persone coinvolte. L’importo medio erogato a livello nazionale è stato di 549 euro a beneficiario. Secondo le attuali stime quest’anno costerà circa 8 miliardi di euro.
L’idea di Meloni è quella di togliere circa 3 miliardi ogni anno, da destinare ad altro. Per farlo Fratelli d’Italia pensa di lasciarlo solo agli inabili al lavoro, over 60 privi di reddito, pensionati, invalidi e famiglie in difficoltà con minori a carico. Insomma, toglierlo a chi può lavorare tra i 18 e i 60 anni e non ha figli a carico, prevedendo al massimo un rimborso spese e dei corsi di formazione finanziati da fondi europei.
Perché è impossibile cancellare il Reddito di cittadinanza
I dati della Caritas mostrano, però, che è difficile smontare immediatamente la struttura fondamentale del Reddito di cittadinanza. Il rischio è di farlo contro varie forze sociali (non solo associazioni anti-povertà, ma anche i sindacati) e, anche visto il caro-vita del momento, ridurre in condizione di quasi-indigenza molte persone che non hanno un lavoro e, seppur non poveri assoluti, oggi arrivano a fine mese grazie al Reddito stesso.
Il punto, come sottolineato dalla stessa Caritas, è che il vero problema che si nasconde dietro alle polemiche sul Reddito non sono tanto le truffe (che pure ci sono e valgono milioni di euro), ma la carenza di politiche sociali e di posti di lavoro. Questi non si creano in due mesi con una legge di Bilancio, quindi l’unica opzione per Meloni è avviare una riforma graduale del sussidio pubblico, per portare nel tempo a lavorare e non a prendere il Reddito chi ad oggi può farlo.
Ci vuole tempo e, seguendo i consigli della Caritas, soldi: per raggiungere più poveri assoluti e far lavorare le persone (tra sgravi alle aziende per contratti stabili e dignitosi e occupazioni pubbliche) servirebbero più di 8 miliardi. Risparmiare subito sul Reddito, insomma, è molto difficile e ha forti controindicazioni.
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