Se l’economia affonda, in questo tempo di guerra, è anche perché nessuno in tempo di pace ha saputo traghettarla in un porto sicuro.
“Abbiamo abolito la povertà” con questa frase roboante e priva di senso comune l’allora Ministro Di Maio teneva, il 28 settembre 2018, quello che da tutti ora viene ricordato come “il discorso dal balcone” in cui celebrava reddito di cittadinanza e quota 100. All’immediata ironia del web e al disgusto di alcuni (compreso quello di chi scrive) seguirono a breve i fatti. Due anni dopo, il reddito di cittadinanza aveva procurato un posto a 200 mila persone a fronte di 3 milioni di percettori ed il tasso di disoccupazione giovanile era tornato sopra il 30%. Ecco dunque che l’ancora Ministro (passato dal Ministero del Lavoro a quello degli Esteri per imprecisati meriti sul campo) diceva quindi di voler abolire quota 100 e ridimensionare il reddito di cittadinanza perché (parole sue) “non funzionava”.
E arriviamo ai giorni nostri, in cui il fallimento di tali misure è sotto gli occhi di tutti, forse anche dell’ex pluri Ministro ora molto impegnato nel Golfo (lui sì che l’ha vinta la povertà).
Perché quello che è certo è che quelle 169 mila persone che da agosto non riceveranno più il reddito sono vittime due volte, della politica di prima che ha giocato con una misura “acchiappa voti” (che chiamarla voto di scambio sembra ad alcuni persino troppo chiaro) e che poi non ha mantenuto le promesse di integrazione ma si è limitata, appunto, a dare un sussidio e chiudere lì il proprio operato; e della politica di adesso, che cancella quel sussidio che per tanti - colpa, appunto, di una politica carente in tutto e per tutto - è diventato l’unica fonte di sostentamento proprio e, spesso, di tutto il nucleo familiare. Senza via d’uscita. [...]
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