Tra i cinque referendum 2025, gli italiani dovranno esprimersi anche su uno riguardante il lavoro a tempo determinato: il quesito, pro e contro e cosa cambia se dovesse passare.
Il referendum lavoro a tempo determinato è stato dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale e, insieme agli altri quattro - tre riguardanti sempre il lavoro e uno invece la cittadinanza- sarà votato dagli italiani in primavera.
I referendum 2025 si terranno in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno, con il governo che ancora non ha deciso la data della consultazione che non sarà accorpata alla tornata delle regionali (urne aperte in autunno) e delle comunali (si vota direttamente nel 2026).
Il referendum lavoro a tempo determinato è stato promosso insieme agli altri tre riguardanti il lavoro dalla Cgil, ricevendo poi il sostegno da parte di diversi partiti, movimento e associazioni; in totale sono state raccolte circa 4 milioni di firme, ben oltre le 500.000 richieste dalla legge.
Vediamo allora nel dettaglio il quesito del referendum lavoro a tempo determinato, dando uno sguardo ai pro e i contro della proposta referendaria e cosa potrebbe cambiare se dovesse passare.
Il quesito del referendum lavoro a tempo determinato
Lo scorso 20 gennaio la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili cinque referendum, bocciando invece come abbiamo già detto quello sull’Autonomia delle Regioni, ovvero la cosiddetta legge Calderoli fortemente voluta dalla Lega.
Sono stati dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale invece i quattro referendum sul lavoro promossi dalla Cgil e il referendum sulla cittadinanza voluto da +Europa.
Questo è il quesito del referendum lavoro a tempo determinato.
Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?
Cosa può cambiare con il referendum lavoro a tempo determinato
Questo referendum riguarda l’abrogazione delle norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine: si chiede di porre un limite all’uso dei contratti a termine, abrogando alcune parti dell’articolo 19 del Decreto Legislativo 81/2015 (anche questo è uno dei decreti attuativi del Jobs Act) e un articolo del Decreto Lavoro varato nel 2023 dal governo Meloni.
Se il referendum dovesse passare verrebbe cancellata la liberalizzazione dei contratti a termine per limitare l’utilizzo a causali specifiche e temporanee, riproponendo sempre la necessità di una causale.
Per essere valido però il referendum dovrà superare il quorum del 50% più uno dei votanti tra tutti gli eventi diritto; se questa soglia non dovesse essere raggiunta, allora il referendum non avrà validità a prescindere dall’esito.
Pro e contro del referendum lavoro a tempo determinato
Come si legge sul sito di Pmi, con l’approvazione del referendum tornerebbe la “necessità di prevedere sempre una causale per stipulare un contratto a termine. Causale che dovrebbe essere ricompresa in una delle due fattispecie elencate, ovvero solo nei casi previsti dai contratti collettivi e solo in sostituzione di altri lavoratori”.
Secondo Lorenzo Fassina della Cgil, questo referendum andrebbe a ridurre la diffusione di lavoro precario che la disciplina attualmente vigente è in grado di alimentare, con il referendum che mira essenzialmente a limitare il ricorso al lavoro a termine, reintroducendo la necessaria presenza di una causale giustificativa temporanea disciplinata e prevista
dai contratti collettivi per stipulare qualunque contratto a tempo determinato.
I critici però sottolineano come l’attuale normativa serva a garantire una sorta di equilibrio tra le esigenze di flessibilità delle imprese e la necessità di prevenire il ricorso abusivo a una serie di contratti.
In sostanza il rischio con l’approvazione del quesito sarebbe quello di andare a ingessare un mercato del lavoro in un momento in cui le aziende invece chiedono una certa flessibilità.
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