Perché nessuno parla dei referendum 2025 su lavoro e cittadinanza

Alessandro Cipolla

18 Aprile 2025 - 08:41

Domenica 8 e lunedì 9 giugno in Italia si voterà per cinque referendum, quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza: nonostante l’importanza dei temi c’è il totale silenzio mediatico sui quesiti.

Perché nessuno parla dei referendum 2025 su lavoro e cittadinanza

Nessuno parla dei referendum 2025. Un dato di fatto inconfutabile a meno di due mesi dall’apertura dei seggi, nonostante in estate siano state raccolte circa 4 milioni di firme per i quesiti riguardanti il lavoro e quello sulla cittadinanza abbia raggiunto l’obiettivo delle 500mila firme un mese prima della scadenza.

I referendum 2025 si terranno in data domenica 8 e lunedì 9 giugno, in concomitanza con i ballottaggi delle elezioni amministrative 2025. Come detto in totale saranno quattro i quesiti sottoposti agli italiani, quattro riguardanti il lavoro e uno la cittadinanza.

Essendo dei referendum abrogativi per essere validi occorrerà che si rechino alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto, altrimenti il tutto si risolverà con un nulla di fatto a prescindere dalla vittoria del Sì oppure del No.

Nel dettaglio i quattro referendum sul lavoro riguarderanno temi come il contratto a tutele crescenti (Jobs Act), l’indennità di licenziamento nelle piccole imprese, i contratti a termine e la responsabilità solidale nei contratti; quello sulla cittadinanza invece mira a ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale richiesto agli stranieri extracomunitari per ottenere la cittadinanza italiana, un quesito che riguarda 2,5 milioni di persone nel nostro Paese.

A poche settimane dal voto, alzi la mano adesso chi ha sentito parlare in tv, sui giornali o anche nel web, di questi cinque referendum che trattano temi importanti come lavoro e diritti, un silenzio che potrebbe non essere casuale.

Perché non si parla dei referendum 2025

I quattro referendum sul lavoro sono stati proposti dalla Cgil mentre, quello sulla cittadinanza da +Europa e da altri partiti come Possibile, Partito Socialista Italiano, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista, oltre a trovare un sostanziale appoggio da buona parte del centrosinistra e da numerose associazioni.

A essere contro i referendum invece sono tutti i partiti del centrodestra - in particolare Lega e Fratelli d’Italia contestano quello sulla cittadinanza -, mentre i quesiti sul lavoro sono stati criticati anche da Italia Viva e Azione.

Anche agli editori dei principali giornali non sembrerebbero gradire molto i referendum sul lavoro, specie quello che andrebbe ad abrogare le norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi, ovvero uno dei pilastri del Jobs Act.

Senza un’adeguata copertura mediatica sarà sostanzialmente impossibile per i referendum 2025 raggiungere il quorum del 50% più uno dei votanti, condannando i quesiti al fallimento a prescindere dall’esito del voto.

L’accorpamento con i ballottaggi delle elezioni amministrative inoltre non dovrebbero spostare le cose, visto che in questo 2025 si voterà solo in una manciata di Comuni capoluogo e non è detto che questi arrivino al secondo turno.

Inoltre anche lo strumento referendario sembrerebbe essere poco gradito all’establishment, particolarmente allergico quando si tratta di far decidere ai cittadini invece che relegare ogni decisione nei Palazzi della politica.

Insomma, i referendum 2025 sembrerebbero andare incontro a un flop annunciato visto che gli italiani sostanzialmente ignorano anche solo la loro esistenza, per la felicità di chi non vede di buon occhio i quesiti e di chi potrebbe avere piacere a far sembrare le varie battaglie referendarie solo come un inutile spreco di soldi.

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