Il report stilato da Carbon Disclosure Project esamina i piani di riduzione delle emissioni delle imprese. Italia e Germania promosse, ma c’è ancora molto da fare.
L’organizzazione no profit indipendente Cdp (nota in precedenza come Carbon Disclosure Project) passa in rasegna l’efficienza dei piani di riduzione delle emissioni delle aziende dei paesi industrializzati.
Alla luce dello studio effettuato dalla Cdp, si nota come tra i paesi del G7 vi sia chi non riesce a rientrare nei limiti prefissati e chi invece è molto vicino alla soglia richiesta dagli Accordi di Parigi. Tra questi, promossa l’Italia.
Cosa dicono i piani di riduzione delle emissioni delle aziende
Cdp ha passato in rassegna i piani di riduzione delle emissioni presentati da circa 4mila aziende in tutto il mondo, confrontandoli con le proiezioni sul riscaldamento globale elaborate dagli scienziati. Tra i paesi del G7, il Canada è clamorosamente fuori strada: le tabelle di marcia fornite da 297 imprese sono compatibili con un riscaldamento globale pari a 3,1° centigradi. E solo il 4% delle emissioni è inquadrato all’interno di obiettivi in linea con la scienza (science-based targets).
Al lato opposto della classifica troviamo l’Italia e la Germania: in entrambi i casi, gli obiettivi di riduzione delle emissioni portano verso un riscaldamento globale di 2,2°. Le aziende italiane si guadagnano però un secondo posto, in quanto la percentuale d’emissioni coperte da science-based targets sono inferiori rispetto a quelle tedesche (58% quelle nostrane, 76% quelle della Germania).
Più in generale, l’Europa sembra aver preso la sfida del clima molto più sul serio rispetto ad Asia e America, anche se persiste una notevole differenza tra paesi virtuosi come Italia e Germania e altri più in ritardo, come Ungheria, Grecia, Austria, Belgio e Lussemburgo (tutti proiettati verso i 3 gradi).
Anche i piani di riduzione d’emissioni più ambiziosi e solidi in termini di metodo, restano comunque lontani dagli obiettivi fissati dalla comunità internazionale. L’Accordo di Parigi, siglato nel 2015, prevede infatti di limitare la crescita della temperatura media globale «ben al di sotto dei 2° centigradi”, facendo tutto il possibile per»per tentare di non superare gli 1,5°". Una soglia, quella degli 1,5°, che è stata ribadita dal Patto di Glasgow siglato alla Cop26.
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