Cambio di residenza con trasferimento nella casa di riposo, è obbligatorio? Ecco cosa prevede la legge, cosa possono pretendere le strutture e quali sono le conseguenze dal punto di vista fiscale.
Il trasferimento nella casa di riposo comporta molto spesso il trasferimento anche della residenza, per lo più perché richiesto dalle strutture e a volte dai familiari per questioni pratiche. Indubbiamente, il cambio di residenza muta il quadro fiscale, soprattutto riguardo alle agevolazioni sulla tassazione immobiliare e ai tributi, con regole che dipendono anche dalla normativa dei singoli Comuni.
Non è raro, però, che il paziente e i suoi familiari preferiscano tenere la residenza dell’anziano nell’abitazione, magari in vista di un ritorno a casa, anche semplicemente come rassicurazione emotiva (come peraltro riconosciuto dalla Cassazione). Come tante famiglie hanno già constatato, però, non sempre è possibile lasciare invariata la residenza dopo il ricovero in una casa di riposo. Ecco quando il cambio è obbligatorio e cosa comporta.
Cambio residenza nella casa di riposo, è obbligatorio?
Il cambio di residenza dovrebbe coincidere con il trasferimento stabile dei cittadini, anche per quanto riguarda le strutture assistenziali e sanitarie o gli istituti di pena. È dunque previsto un obbligo in astratto in questo senso, utile soprattutto a usufruire del servizio pubblico. La legge, però, non impone il cambio di residenza, tanto meno per un ricovero in casa di riposo che potrebbe avere natura anche temporanea.
Ciò che è invece vietato è dichiarare una residenza falsa, comportamento che attiene al reato di falso pubblico ma che non ha nulla a che vedere con la mancata omissione di un cambiamento. L’anziano che si trasferisce in una casa di riposo, a prescindere poi dalla durata effettiva o ipotetica del ricovero, non è quindi obbligato dalla legge a cambiare la residenza, che può lasciare nella sua abitazione originale.
Quando la casa di riposo si trova nello stesso Comune di residenza, peraltro, non ci sono nemmeno particolari conseguenze del mancato cambio. Riguardo alla reperibilità, infine, è possibile variare soltanto il domicilio, in modo da ricevere comunque le comunicazioni. Pur essendo queste le previsioni di legge, molto spesso questa soluzione risulta impraticabile e anzi, dovendo cambiare residenza si preferisce lasciare invariato il domicilio. Questo non deriva da un obbligo previsto dalla legge, bensì dalle disposizioni specifiche delle strutture.
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Quando è obbligatorio cambiare residenza
Quando il cambio di residenza nella casa di riposo è obbligatorio
La legge non impone il cambio di residenza, ma consente alle strutture assistenziali di farlo, anche perché per i centri convenzionati entra in gioco la possibilità di ricevere i finanziamenti pubblici. Di conseguenza, se la casa di riposo chiede come requisito il cambiamento della residenza non è possibile esonerarsi, se non rivolgendosi ad altre strutture.
Il cambio non è in ogni caso automatico, ma deve essere richiesto al Comune di abbandono e/o a quello di residenza dall’anziano stesso oppure da un altro soggetto munito di delega o procura speciale, secondo le modalità richieste dall’ufficio, a cui allegare per completezza un certificato rilasciato dalla casa di riposo.
Cambio di residenza nella casa di riposo, conseguenze fiscali
Pur cambiando residenza, è possibile conservare il domicilio fiscale presso l’abitazione originale, così che l’anziano non subisca variazioni nella sua posizione fiscale. Bisogna ricordare che il domicilio si considera trasferito con la residenza, a meno che il cittadino indichi diversamente in modo esplicito.
Riguardo ad agevolazioni come l’esenzione dell’Imu e la sospensione o riduzione della Tari è invece opportuno verificare le disposizioni comunali riguardo alla possibilità di usufruirne nonostante il trasferimento della residenza verso la casa di riposo.
Il cambio di residenza, comunque, non mina la posizione fiscale come abitazione principale (purché siano rispettati anche gli altri requisiti), perciò l’immobile resta esonerato dall’Irpef e dalle sue addizionali. Nel caso in cui il Comune non preveda la possibilità di estendere l’esenzione dell’Imu con lo spostamento della residenza, è bene sapere che la legge consente una riduzione al 50% della tassa se l’immobile è concesso in comodato d’uso a un figlio che lo utilizza come abitazione principale.
Di pari passo, non ci sono variazioni se il familiare trasferitosi in casa di riposo risulta fiscalmente a carico ai fini Irpef e dunque si può comunque beneficiare delle agevolazioni.
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