Il Tribunale di Palermo, con due recenti sentenze, ha affrontato la questione della restituzione o meno delle pensioni pagate in più dall’Inps. La decisione è a favore dei cittadini.
Ogni anno l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale - noto come Inps - invia a milioni di italiani richieste di restituzione di somme corrisposte negli anni passati, adducendo di averle erogate indebitamente (per intero o in parte).
Per esempio può accadere che un pensionato venga chiamato a restituire importi ricevuti molti anni prima, anche di consistente entità, magari in un momento in cui non disponga di ingenti risorse economiche.
La questione del pagamento o meno da parte dell’Inps di somme contestate e della ripetizione degli indebiti da parte dell’Istituto sono all’ordine del giorno ma stavolta il Tribunale di Palermo ha dato ragione ai cittadini stabilendo quando la restituzione sia dovuta e quando no.
Nessuna restituzione per le pensioni pagate in più
Già da qualche tempo l’Inps ha iniziato ad inviare lettere per chiedere la restituzione delle pensioni erogate erroneamente suscitando la preoccupazione dei pensionati.
La Fipac, la federazione dei pensionati aderente a Confesercenti, ha subito reagito inviando a Tito Boeri, presidente dell’Inps, una lettera con la richiesta di chiarimenti sulla legittimità della richiesta.
Fermo restando il diritto dell’Istituto di richiedere la restituzione di quanto indebitamente pagato, l’associazione di categoria chiede di conoscere le motivazioni e le dimensioni degli interventi correttivi per evitare gli allarmismi dei pensionati. La questione sembra risolta dal Tribunale di Palermo il quale sancisce che le somme pagate in più dall’Inps non debbano essere restituite.
Infatti, con le sentenze 2041/2018 e 3238/2018 il giudice ha ricordato che in materia di previdenza e assistenza obbligatoria non trova applicazione l’articolo 2033 del Codice Civile sulla ripetizione dell’indebito.
L’articolo in questione recita:
“Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.”
Da queste sentenze emerge che non ci potrà essere la restituzione delle somme pagate in più quando:
- il pagamento è avvenuto sulla base di un provvedimento definitivo;
- manca il dolo dell’interessato;
- il pensionato ha segnalato in maniera corretta e completa tutti i fatti incidenti sul diritto o sulla misura della sua prestazione che non siano o possano essere già conosciuti dall’ente.
Se mancano queste condizioni la ripetizione di indebito ex 2033 del Codice Civile è ammessa e subordinata al termine di prescrizione decennale.
Invece se si accerta che la richiesta di restituzione dei soldi versati in più da parte dell’Inps è illegittima, il pensionato può presentare un ricorso amministrativo al Comitato provinciale dell’Istituto e, se questo viene rigettato, ricorrere all’azione giudiziaria.
Quando l’Inps ha diritto alla restituzione?
L’Inps ha diritto a ricevere il rimborso delle somme erroneamente versate solamente nel caso in cui il pensionato non comunica all’Istituto fatti - di cui l’ente non era a conoscenza - che potrebbero modificare l’importo della pensione. Se invece l’interessato comunica all’Inps tutte le circostanze utili al ricalcolo della pensione e l’Istituto continua ad erogare somme di importo superiore, la restituzione non è dovuta.
Questo perché l’obbligo di verificare ogni anno i redditi del pensionato che possano incidere sull’importo da erogare grava sull’ente e non sul cittadino. Inoltre il recupero delle somme erroneamente versate deve avvenire entro un termine determinato, oltre il quale non può essere richiesto alcuna restituzione. Nel dettaglio:
- se i redditi che incidono sull’ammontare della pensione non erano a conoscenza dell’Istituto, l’Inps deve richiedere le somme pagate in più entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui viene a conoscenza dei redditi;
- se i redditi sono stati comunicati in sede di dichiarazione, l’erogazione errata delle somme deve essere notificata entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello della dichiarazione dei redditi.
Oltre questi limiti temporali le somme non possono in nessun modo essere richieste indietro.
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