Flat tax per tutti oppure riduzione aliquote Irpef? Cosa converrebbe di più agli italiani?
La Legge di Bilancio 2019 sarà discussa dal Parlamento a partire dalla metà del prossimo mese di ottobre. Nel frattempo sono molte le proposte fiscali di cui si discute.
Tutto ruota intorno a due grandi temi: le risorse finanziarie necessarie per scongiurare l’attivazione delle clausole di salvaguardia IVA e la contemporanea volontà di ridurre il peso dell’imposizione fiscale sui redditi delle persone fisiche e delle imprese.
A questo proposito, si parla molto in queste settimane di due diverse possibilità:
- l’introduzione di una flat tax al 15% (in realtà le proposte sono diverse; quella prevalente riguarda l’estensione dell’attuale regime forfettario fino a 65.000 euro di ricavi ovvero fino a 100.000 euro di reddito fiscale);
- la rimodulazione e riduzione delle aliquote Irpef. Qui la discussione è tra chi le vuole ridurre nella fascia bassa (fondamentalmente il M5S) e chi le vuole ridurre nella parte centrale (soprattutto la Lega).
Ma cosa converrebbe di più alla maggioranza degli italiani? Riduzione dell’Irpef ovvero introduzione di una flat tax per tutti.
Riduzione Irpef o flat tax: cosa conviene di più? Partiamo dalla flat tax
La flat tax - in linea di principio - è un’imposta ad aliquota unica che colpisce i redditi prodotti da persone fisiche e/o imprese. Tra i Paesi maggiormente sviluppati in Europa non c’è nessuno che la utilizza.
Riportata agli onori della cronaca dalla Lega di Matteo Salvini, che ne ha fatto cavallo di battaglia delle ultime campagne elettorali - prima locali, ora nazionali - e supportata teoricamente da molti studi, tra cui quelli del prof. Claudio Borghi, la flat tax è stata poi rivalutata anche da Silvio Berlusconi che l’ha adottata nel proprio programma elettorale (in realtà una prima proposta dell’ex Cav risale addirittura al 1994).
Al di là dello scenario politico e dei nuovi argomenti economici utilizzati da Lega e Centro Destra, quello della flat tax è un sistema fiscale teorizzato più di mezzo secolo fa.
Una delle critiche principali mosse nei confronti della flat tax è relativa alla sua equità, oltre alla sua effettiva capacità di garantire il rispetto del principio di progressività dell’imposizione fiscale previsto dall’articolo 53 della Costituzione.
A chi conviene la flat tax?
Numeri alla mano la flat tax favorisce prevalentemente i redditi alti, in particolare quelli di coloro che si trovano al di sopra dei 30.000,00 euro lordi l’anno.
Ciò è dovuto soprattutto al fatto che l’attuale normativa fiscale prevede un insieme molto ampio di detrazioni ed agevolazioni di vario tipo, per cui già oggi circa il 75% dei contribuenti italiani paga non più del 15% di Irpef.
L’estensione del regime forfettario di cui si parla in questi giorni comporterebbe l’applicazione della flat tax ad un’ampia platea di professionisti e piccole imprese.
Tuttavia, tale proposta comporterebbe - se applicata - almeno due rischi:
- rischio di aumento del numero delle false partite IVA, con evidente scompenso creato al sistema del lavoro dipendente che rientra nelle fasce di reddito interessate dalla riforma;
- riduzione dell’efficacia di strumenti di controllo come la fattura elettronica - obbligo cui sono esonerati i contribuenti operanti nel regime forfettario - obbligatoria nei rapporti fra privati a partire dal prossimo 1° gennaio 2019 (salvo proroga).
Riduzione aliquote Irpef: a chi converrebbe?
L’alternativa della riduzione e rimodulazione delle aliquote Irpef potrebbe essere più interessante per i redditi medio-bassi, ovvero per coloro che si trovano nella fascia compresa tra la no tax area ed i 30.000 euro.
In questo caso occorrerà valutare quali aliquote verranno modificate.
Attualmente le aliquote e gli scaglioni Irpef 2018 sono i seguenti:
Scaglioni Irpef 2018 | Reddito | Aliquote Irpef 2018 |
1° scaglione | 0-15 mila euro | 23% |
2° scaglione | 15.001 euro-28 mila euro | 27% |
3° scaglione | 28.001 euro-55 mila euro | 38% |
4° scaglione | 55.001 euro-75 mila euro | 41% |
5° scaglione | oltre 75 mila euro | 43% |
A questo proposito, le ipotesi di riduzione e rimodulazione allo studio in questo momento sono due:
- riduzione dell’aliquota relativa al primo scaglione, che passerebbe dal 23 al 22 per cento;
- accorpamento delle tre aliquote centrali del 27, 38 e 41 per cento in un’unica aliquota (l’ultima dichiarazione in questo senso è quella rilasciata dal ministro dell’interno Matteo Salvini a Giovanni Floris martedì scorso).
Le due ipotesi avrebbero effetti molto diversi:
- nel caso in cui si concretizzasse la prima proposta - riduzione della prima aliquota - ne beneficerebbero solo i contribuenti appartenenti alle fasce basse di reddito. Ma il risparmio sarebbe minimo (alcuni studi parlano di poco più di dieci euro al mese per gli stipendi mensili netti poco superiori ai 1.000 euro);
- nel caso in cui, invece, si concretizzerebbe la seconda ipotesi - accorpamento delle tre aliquote centrali - ne potrebbe beneficiare fondamentalmente la classe media, ovvero quei contribuenti il cui reddito è compreso tra 28.000 e 75.000 euro.
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