Con la riforma dell’Irpef, cambiano le aliquote: di più a dipendenti e dirigenti. Ma 370mila persone perdono 188 euro, ecco chi.
Uno studio dell’Ufficio parlamentare di bilancio ha ricostruito come cambieranno le buste paga dei contribuenti con l’intervento su aliquote e detrazioni, sulla base delle caratteristiche della popolazione, dei nuclei familiari e dei diversi redditi percepiti.
Dalla simulazione emerge una situazione articolata. A guadagnare di più dalla riforma dell’Irpef, sono dipendenti e dirigenti. Ma 370mila contribuenti perdono 188 euro e le famiglie in difficoltà sono tagliate fuori per incapienza. Entriamo nel dettaglio.
Chi guadagna e chi perde con il taglio delle aliquote
Dalla simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio sulla riforma dell’Irpef del governo Draghi emerge una situazione multiforme. Secondo la ricostruzione, sono i lavoratori dipendenti ad avere un beneficio maggiore in valore assoluto rispetto a pensionati e autonomi. I dipendenti, infatti, avranno una riduzione d’imposta di circa 190 euro, contri i 178 euro dei pensionati e i 105 dei lavoratori autonomi.
Il 55% delle risorse (ovvero 4 miliardi) va al comparto del lavoro dipendente, a cui si somma il 36% (2,6 miliardi) per i percettori di pensione.
La riforma dell’Irpef - che prevede riduzione da 5 a 4 scaglioni, taglio di cinque punti delle due aliquote centrali dal 27 al 25% e dal 38 al 35%, revisione delle detrazioni con incorporazione del bonus da 100 euro (ex bonus Renzi) - genera una riduzione del peso del fisco di circa 264 euro pro capite per 27,8 milioni di contribuenti. Ovvero due terzi del totale.
Ma c’è una fetta di popolazione che non avrà benefici in busta paga (le famiglie meno abbienti) e una piccola quota che andrà incontro perfino a un incremento d’imposta. Circa 370mila persone perderanno 188 euro. Ma quali sono le ragioni di questo «corto circuito»?
Il motivo sta nella differenza tra reddito imponibile e complessivo. Sul primo si calcolano le imposte. Sul secondo le detrazioni. Se una persona ha solo redditi da lavoro o da pensione, l’effetto della riforma è positivo. La riduzione delle aliquote è in grado infatti di compensare il calo delle detrazioni.
Ma se c’è la presenza di altri redditi, in particolare quelli da cedolare secca, si crea un «corto circuito». E in alcuni casi, il risparmio delle nuove aliquote non riesce a compensare la perdita delle detrazioni. È quello che succede a 370mila contribuenti, che perderanno circa 188 euro.
La riforma dell’Irpef avvantaggia chi guadagna di più
Stando alla simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, a beneficiare maggiormente della riforma dell’Irpef sarà chi guadagna di più. «Emerge - si legge nel rapporto - una riduzione media di imposta più elevata per i dirigenti (circa 368 euro), seguita da quella degli impiegati (266 euro) e infine degli operai (162 euro)».
In sostanza, il valore assoluto maggiore tocca 765 euro per chi ha un reddito imponibile tra i 42 e i 54mila euro (tra i 3.500 e i 4.500 euro mensili). È in questa fascia, dove sta il 3,3% della platea, che piove il 14,1% delle risorse: 1 miliardo.
Le famiglie più povere tagliate fuori dalla riforma
Il 20% delle famiglie, quelle più povere, per effetto dell’incapienza non avrà benefici. «Di fatto - si legge nel rapporto - un quinto delle famiglie in condizione economica meno favorevole, che sono già sostanzialmente escluse dall’ambito di applicazione dell’Irpef a causa dell’elevato livello dei redditi minimi imponibili, non sono coinvolte dalla revisione dell’Irpef».
E conclude: «Ciò implica che se le future politiche sociali vorranno ulteriormente sostenere i redditi delle famiglie più povere dovranno affidarsi a strumenti diversi dall’Irpef, quali trasferimenti monetari diretti o meccanismi di imposta negativa».
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