Riforma pensioni 2025, quali misure restano e quali no?

Patrizia Del Pidio

7 Settembre 2024 - 09:31

Nonostante la riforma pensioni 2025, molte delle misure attualmente in vigore restano anche il prossimo anno, per altre, invece, c’è bisogno di una proroga.

Riforma pensioni 2025, quali misure restano e quali no?

La riforma pensioni 2025 continua a essere uno dei temi più caldi tra quelli da inserire nella Legge di Bilancio 2025, ma anche il più controverso. La manovra di fine anno ha sempre un capitolo dedicato alla previdenza, ma mai come in questi ultimi anni le misure in esso inserite non rispecchiano le aspettative dei lavoratori.

Il sistema previdenziale nel nostro Paese è vasto e complesso e comprende tutta una serie di misure strutturali che permettono, non solo il pensionamento di vecchiaia, ma anche quello anticipato. Però ogni anno, per rispondere alle pressioni di lavoratori e sindacati si tende a inserire nella Legge di Bilancio misure a termine per permettere la flessibilità in uscita.

In vista della prossima Legge di Bilancio quali sono le misure che sicuramente restano e quelle che sono a rischio cancellazione o modifica?

Riforma pensioni 2025, cosa resta?

Partiamo dalle basi. La Legge Fornero non sarà cancellata e, di fatto, restano sicuramente:

  • la pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi;
  • la pensione anticipata ordinaria che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini e un anno in meno per le donne (anche se per questa misura è stata avanzata l’ipotesi di allungare le finestre di attesa per la decorrenza portandole da 3 a 6/7 mesi).

A fianco di queste due misure cardine della legge previdenziale in vigore, ci sono, poi, tutta una serie di misure strutturali (ovvero non soggette a scadenza).

Le altre misure strutturali che restano nel 2025

Le altre misure che rimangono sicuramente nel 2025 sono:

  • la pensione per lavoratori precoci (Quota 41), che richiede 41 anni di contributi e può essere utilizzata solo da categorie con tutela (caregiver, invalidi, disoccupati e usuranti/gravosi);
  • il beneficio previdenziale per lavoratori usuranti (Quota 97,6) che permette l’accesso con almeno 61 anni e 7 mesi e con almeno 35 anni di contributi: la somma di contributi ed età deve restituire un numero pari o superiore a 97,6 (per autonomi e notturni sono previste quote e requisiti diversi).

Restano anche le misure previste dalla Legge Dini del 1995. Si tratta di misure che richiedono che il lavoratore abbia tutti i contributi accreditati nel sistema contributivo (che abbia iniziato a versare a partire dal 1996 o che abbia optato per il computo in Gestione Separata) ovvero:

  • pensione di vecchiaia, che richiede come l’ordinaria 67 anni di età, 20 anni di contributi, a cui aggiungere un terzo requisiti, quello dell’importo dell’assegno liquidato che non deve essere inferiore all’importo dell’assegno sociale Inps;
  • la pensione anticipata contributiva che richiede 64 anni di età, 20 anni di contributi e che l’importo dell’assegno liquidato non sia inferiore a 3 volte l’assegno sociale Inps (quest’ultimo requisito è diminuito a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne con due o più figli);
  • la pensione di vecchiaia a 71 anni, che richiede, appunto, il compimento dei 71 anni di età e almeno 5 anni di contributi versati.

Rimane invariata anche la pensione di vecchiaia anticipata per lavoratori invalidi, la misura che con 20 anni di contributi permette l’uscita dal mondo del lavoro ai dipendenti del settore privato con invalidità pensionabile almeno all’80% al compimento dei:

  • 56 anni per le donne;
  • 61 anni per gli uomini.

Le misure che scadono

Anche se molte sono le misure confermate per il 2025, perché strutturali, ce ne sono diverse anche che scadono a fine 2024: si tratta dell’Ape Sociale, l’Opzione donna e la Quota 103.

Risulta essere molto probabile che queste misure vengano modificate nella prossima Legge di Bilancio.

Per la Quota 103 si parla (ma siamo nel campo delle ipotesi) di una ulteriore penalizzazione per chi utilizza la misura per il pensionamento anticipato. Per Ape Sociale e Opzione donna anche la proroga sembra essere a rischio, nonostante l’inasprimento dei requisiti previsti nel 2024.

Si ipotizza una Quota 41 light, che avrebbe dovuto coinvolgere tutti i lavoratori grazie al ricalcolo interamente contributivo dell’assegno, ma a quanto pare la misura potrebbe essere destinata solo ai precoci che rientrano nei profili di tutela previsti dalla Quota 41 “ordinaria.

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