Il Governo Draghi non ha ancora convocato i sindacati per la ripresa del dibattito sulla riforma delle pensioni. Non è una priorità, ed è per questo che c’è poco di cui essere fiduciosi.
La riforma delle pensioni non sta facendo passi in avanti. Dall’insediamento del Governo Draghi, e di Andrea Orlando al Ministero del Lavoro, non c’è stata la ripresa del dibattito avviato dal precedente Governo, tant’è che dai sindacati continuano ad arrivare solleciti con una serie di proposte per il dopo Quota 100.
Un incontro che tarda ad arrivare in quanto il Governo Draghi al momento ha altre priorità, come ad esempio la riforma degli ammortizzatori sociali; una situazione che conferma le nostre previsioni della vigilia riguardo al fatto che per le pensioni non ci attendono grandi novità.
È inutile dare false speranze in un contesto in cui la riforma delle pensioni non è una priorità. Se non fosse per la scadenza imminente di Quota 100, e il rischio di uno scalone di cinque anni al termine della stessa, non ci sarebbe stata - per il momento - alcuna urgenza di affrontare un discorso riguardante la riforma delle pensioni.
Non che questo non sia necessario: sarebbero diversi, infatti, i temi da affrontare in una riforma del sistema previdenziale, così da risolvere alcuni dei problemi lasciati in dote dalle ultime riforme. Il problema è che ad oggi non ci sono le condizioni (né tantomeno le risorse) per rivedere il sistema previdenziale, e non è un caso se nessuna delle proposte fatte fino ad oggi si avvicina a Quota 100.
Riforma delle pensioni: i tempi non sembrano essere maturi
Ad oggi, non ci sono le condizioni per una riforma delle pensioni che vada a superare quanto previsto nel 2011 dal duo Monti-Fornero. Una riforma che per quanto impopolare ha permesso di risparmiare 80 miliardi di euro in dieci anni e che - come confermato dalla Ragioneria di Stato - da sola vale un terzo dei risparmi che verranno accumulati fino al 2060.
Ancora oggi siamo nel pieno dei vantaggi generati dalla riforma Fornero, per questo motivo non converrebbe oggi rimetterla in discussione modificando le regole, poiché vorrebbe dire vanificare i sacrifici fatti negli ultimi anni.
A maggior ragione oggi che dall’Unione Europea - dove da sempre ci chiedono di mantenere la spesa pensionistica sotto certi standard - possono giocarsi la carta del Next Generation EU. L’accesso alle risorse del Recovery Fund è subordinato al completamento soddisfacente di un gruppo di tappe fondamentali e di obiettivi: ci sono una serie di Paesi, tra i quali figura anche l’Italia, che hanno degli “squilibri eccessivi” e dovranno illustrare come intendono farvi fronte, dimostrando negli anni che si stanno attenendo a quanto stabilito dal piano.
Tra le raccomandazioni dell’Unione Europea si legge chiaramente che l’Italia dovrà dare “piena attuazione della Legge Fornero”, evitando quindi di attuare riforme che possano andare ad incrementare la spesa pensionistica.
Non ci sono, quindi, i tempi maturi per attuare una riforma che per risolvere tutti i problemi attuali richiederebbe un grande investimento di risorse. Si pensi, ad esempio, alla necessità di prevedere pari trattamento per i contributivi puri rispetto a coloro che rientrano nel regime misto, come pure la possibilità di introdurre una pensione di garanzia per i giovani che in futuro rischiano di andare in pensione sempre più tardi e con assegni di importo inadeguato.
Riforma delle pensioni: poche speranze per il dopo Quota 100
Come si può prevedere, senza la possibilità di investire nuove risorse, una misura di flessibilità che possa prendere il posto di Quota 100? Non si può, lo stesso Matteo Salvini quando parla di “rinnovo a costo zero per Quota 100” non sembra aver chiaro il funzionamento di una misura che in tre anni ha gravato per oltre 20 miliardi di euro sulle casse dello Stato.
E non è un caso se tutte le ipotesi per il dopo Quota 100 circolate in questi giorni fanno riferimento a misure che prevedono una penalizzazione in uscita. Da Quota 41 per tutti (per la quale la Lega ha presentato un disegno di legge che prevede un ricalcolo contributivo dell’assegno) a Quota 102 (che dovrebbe prevedere un taglio dell’assegno per ogni anno di anticipo), tutte le proposte ripercorrono lo schema dell’Opzione Donna, così da non far gravare sullo Stato, bensì sul lavoratore, il costo per l’anticipo della pensione.
In questo modo si garantisce sostenibilità al sistema previdenziale, con una misura che in ogni caso non sarà conveniente come Quota 100 che invece non prevedeva alcuna penalizzazione.
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