Approvati in via preliminare tre decreti attuativi della riforma penitenziaria; bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Facciamo chiarezza.
La riforma delle carceri italiane è stata approvata - se così si può dire - dal Consiglio dei Ministri di ieri. Sì, perché alla fine il decreto che modifica l’intero ordinamento penitenziario regolando la vita nelle carceri italiane non è stato approvato e adesso spetterà al prossimo Governo decidere il da farsi.
Quindi se da una parte si segnala la soddisfazione del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni per l’approvazione di soli tre decreti attuativi della riforma dell’ordinamento penitenziario, dall’altra c’è la delusione dell’associazione Antigone (che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie dell’ordinamento penale), secondo la quale è stata “sprecata un’occasione storica per riformare le carceri italiane”.
D’altronde non si può negare che si doveva fare di più per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, per far sì che queste non siano più regolate da una legge risalente al 1975.
Quanto accaduto nella giornata di ieri determina la sconfitta del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale in questi anni di governo aveva dedicato il massimo impegno per far sì che il sistema carcerario italiano venisse finalmente riformato.
C’è chi invece vede il “bicchiere mezzo pieno” come il Presidente del Consiglio Gentiloni, secondo cui quanto deciso dal Consiglio dei Ministri farà in modo che il sistema carcerario riduca il tasso di recidiva da parte dei condannati.
Sarà veramente così? Per scoprirlo analizziamo nel dettaglio come cambia il sistema carcerario con l’approvazione dei tre decreti attuativi annunciata dal Presidente del Consiglio.
La riforma del sistema carcerario
Da una prima analisi non possiamo che concordare con quanto dichiarato dall’Associazione Antigone; ad essere approvati, infatti, sono stati i provvedimenti di minor incidenza che non comportano particolari cambiamenti all’ordinamento penitenziario.
Si tratta di decreti attuativi che riguardano i minori, il lavoro nelle carceri e la giustizia riparativa; esaminiamoli nel dettaglio.
Decreto sui minori
Con il decreto sui minori si punta a limitare la detenzione per i minorenni e per i giovani adulti, ossia coloro che hanno meno di 25 anni. Secondo quanto si legge nel decreto, bisogna ricorrere alla detenzione solo quando non si possono conciliare le esistenze di sicurezza e sanzionatorie con le istanze pedagogiche.
Quando possibile, ossia se il soggetto non è pericoloso e il reato commesso non è particolarmente grave, bisognerebbe ricorrere a “misure penali di comunità”; inoltre, per la rieducazione del minorenne o del giovane adulto bisogna prevedere un modello penitenziario che punta all’individualizzazione del trattamento.
Il decreto sul lavoro
Con questo decreto assume ancora più importanza il lavoro in un’ottica di rieducazione del detenuto. Vengono incrementate infatti le opportunità per il lavoro retribuito dei detenuti, sia all’interno che all’esterno delle carceri.
Inoltre con questo decreto viene data una maggiore importanza all’attività di volontariato individuale, utile per il reinserimento sociale dei detenuti.
Tra i lavori possibili ci sono quelli utili per la produzione di beni e servizi, specialmente quelli di beni alimentari da destinare al consumo dei detenuti o alla vendita negli spacci aziendali; quindi c’è un incremento dell’attività lavorativa orientata all’autoconsumo.
Un altro aspetto riguarda la vita carceraria, per la quale si promette un miglioramento tramite l’approvazione di norme finalizzate al rispetto della dignità umana. Obiettivo principale - e particolarmente difficile da raggiungere - sarà quello di conformare il più possibile la vita all’interno dei penitenziari con quella all’esterno.
Decreto sulla giustizia riparativa
Con questo decreto viene regolarizzato il rapporto tra reo e la vittima, con l’introduzione di disposizioni in tema di giustizia riparativa.
Nel dettaglio, nel sistema penitenziario italiano sarà introdotto un modello di riparazione nei confronti di chi ha subito il reato al quale dovrà partecipare attivamente il reo; la vittima del reato quindi viene posta al centro del sistema.
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