Riprese di nascosto, è reato fare foto e video senza consenso?

Giorgia Dumitrascu

25 Marzo 2025 - 13:27

Scopri se fare foto o video senza consenso è un reato: ecco cosa dice la legge italiana su privacy e diritto all’immagine.

Riprese di nascosto, è reato fare foto e video senza consenso?

Sei seduto al tavolo di un ristorante, alzi lo sguardo e ti accorgi che c’è un volto noto della TV. Scatti una foto, magari la pubblichi sui social. Attenzione: quella semplice foto può essere un’azione illecita. In assenza di consenso, potresti violare il diritto all’immagine della persona ritratta, anche se famosa, e rischiare sanzioni civili o penali. Infatti, la notorietà non annulla la privacy.

Il tema della diffusione non consensuale di immagini ha assunto rilevanza sia a livello mediatico che normativo. In Italia, un caso tristemente noto è quello di Tiziana Cantone, vittima di una massiccia esposizione mediatica non voluta dopo la circolazione di video intimi girati in un ambito privato. La vicenda ha portato all’introduzione dell’art. 612 ter c.p., che sanziona il “revenge porn”. Anche all’estero è discusso il tema della diffusione non consensuale: Meghan Markle, ad esempio, ha intrapreso diverse azioni legali contro i tabloid britannici per aver diffuso immagini e informazioni private. In Inghilterra, l’indignazione pubblica verso i casi di “upskirting”, ovvero, le foto scattate sotto le gonne delle donne senza che se ne accorgessero, ha spinto il Parlamento a intervenire con una legge ad hoc nel 2019.

Insomma, spesso, chi riprende non si rende conto che un gesto apparentemente innocuo può costare anni di reclusione o sanzioni pecuniarie, specie se le immagini finiscono online.

Cosa dice la legge sul consenso per foto e video

Il consenso è:

“l’autorizzazione esplicita e informata di una persona affinché la sua immagine venga registrata, conservata e diffusa”.

Senza questa autorizzazione, la captazione e la diffusione dell’immagine altrui possono costituire una violazione della privacy e un illecito civile e penale.

L’art. 96 della Legge sul diritto d’autore afferma che:

“Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa […]”

Pertanto, la foto o il video di una persona non può essere utilizzato senza il suo consenso, salvo alcune eccezioni:

  • notorietà e interesse pubblico: ovvero, se il soggetto è una figura pubblica o il contenuto ha valore di cronaca;
  • eventi pubblici: le immagini scattate in luoghi aperti al pubblico non sempre richiedono il consenso, a meno che non ledano la dignità della persona;
  • leggi sul giornalismo: il diritto di cronaca prevale sulla privacy se la notizia è vera, di interesse pubblico e presentata in modo corretto.

Anche l’art.10 c.c. offre una tutela chiara e decisa al diritto all’immagine.

“Qualora l’immagine di una persona […] sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa [...] può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni.”

Quindi, se l’immagine di una persona viene esposta o pubblicata senza il suo consenso, e ciò provoca un danno all’onore, alla reputazione o alla dignità dell’interessato, il giudice può intervenire ordinando l’immediata cessazione dell’abuso e condannando il responsabile al risarcimento dei danni subiti. Si tratta di una tutela fondamentale che riafferma con forza il principio secondo cui ogni individuo ha il pieno controllo sulla propria immagine e sul modo in cui essa viene utilizzata.

Registrazione e intercettazione: differenze giuridiche

Intercettare e registrare una conversazione non sono la stessa cosa e la legge le disciplina in modo diverso.

“L’intercettazione consiste nell’acquisizione segreta di una comunicazione tra due o più persone da parte di un terzo.”

Invece:

“La registrazione, invece, avviene quando una persona coinvolta in una conversazione la memorizza senza informare gli altri partecipanti.”

Le intercettazioni telefoniche e ambientali sono vietate dalla legge, salvo autorizzazione giudiziaria. Spiare conversazioni utilizzando software di sorveglianza, comunemente noti come spyware, costituisce una violazione della privacy. Allo stesso modo, registrare telefonate senza il consenso delle persone coinvolte rappresenta un illecito, così come installare microfoni o microspie per captare dialoghi altrui senza autorizzazione. La registrazione, invece, può essere lecita, ma con limiti precisi stabiliti dalla legge, come visto in precedenza.

Quando è lecito fare foto e video senza consenso? Quando è vietato?

Una registrazione è lecita se viene effettuata da una persona che partecipa alla conversazione o all’evento, senza necessità di consenso dell’altro soggetto. Lo ha precisato la Cassazione affermando che:

«La registrazione fonografica di conversazioni o comunicazioni realizzata, anche clandestinamente, da soggetto partecipe di dette comunicazioni, o che legittimamente vi assista, costituisce prova documentale […]»

Pertanto, registrare una conversazione alla quale si partecipa non è reato, ma la diffusione senza consenso può configurare un illecito (Cass. pen., Sez. V, n. 36747/2021). La registrazione diviene illegale se diffusa in violazione delle disposizioni sulla privacy previste dal Regolamento GDPR, ovvero, compromettendo la riservatezza delle persone coinvolte.
Ad esempio, un cliente insoddisfatto registra un video di nascosto per dimostrare il disservizio di un cameriere in un ristorante. Se usa la registrazione per fare un reclamo interno o per tutelare un proprio diritto in sede giudiziaria, è un uso legittimo.

Se, invece, la diffonde su YouTube o sui social, senza oscurare l’immagine del cameriere e di eventuali altri clienti presenti, viola la privacy del dipendente e di terzi, configurando un trattamento illecito di dati personali ai sensi dell’art. 5 GDPR. Inoltre, la pubblicazione potrebbe esporlo a una denuncia per diffamazione e a una richiesta di risarcimento per danno d’immagine da parte del ristorante.

Quando le riprese violano la privacy

Oltre alle norme sul consenso e sul diritto d’immagine, esistono disposizioni penali specifiche per chi effettua riprese di nascosto, soprattutto in luoghi in cui una persona ha il diritto alla riservatezza. L’art. 615 bis c.p. disciplina proprio questi casi :

“Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata […] è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.”

Il diritto alla riservatezza è riconosciuto come diritto inviolabile della persona, tutelato anche dall’art. 2 Cost. e dall’art. 8 della CEDU. Se una persona viene ripresa di nascosto, sia in video che in fotografia, e si trova in un contesto in cui ha una legittima aspettativa di privacy, come un’abitazione, un ufficio o un luogo in cui non si aspetta di essere osservata la violazione è evidente, anche se il contenuto non viene immediatamente diffuso.

Numerose pronunce giurisprudenziali hanno consolidato tale orientamento: la Cassazione, ha ribadito che l’immagine di una persona non può essere utilizzata contro la sua volontà e che la diffusione non autorizzata costituisce un illecito, fondato sull’art. 10 c.c. e sull’art. 96 della legge sul diritto d’autore (Cass. Sez. I, n. 16133/2013).

Sanzioni e conseguenze delle riprese di nascosto senza consenso

La registrazione o la diffusione illecita di immagini può comportare responsabilità civili, penali e amministrative, con conseguenze che vanno dal risarcimento del danno alla reclusione, passando per le sanzioni previste dal Garante per la protezione dei dati personali.

Ecco i vari reati che si possono configurare:

  • Interferenze illecite nella vita privata art. 615-bis c.p. reclusione da 6 mesi a 4 anni;
  • Violazione della privacy e reato di diffusione illecita di immagini art. 167 D.lgs. 196/2003 reclusione da 1 a 6 anni;
  • Diffamazione art. 595 c.p. se l’immagine viene diffusa per danneggiare la reputazione, la pena è la reclusione fino a 1 anno o multa fino a 1.032 euro. Se commessa col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, la pena è la reclusione da 6 mesi a 3 anni o multa non inferiore a 516 euro;
  • Revenge porn, ovvero, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti la pena è la reclusione da 1 a 6 anni e multa da 5.000 a 15.000 euro. Le pene sono aumentate se il fatto è commesso da un ex partner o persona legata sentimentalmente alla vittima, con l’uso di strumenti informatici o telematici.

Inoltre, la vittima delle riprese può agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c..

Infine, ha il diritto di chiedere al giudice un’ordinanza inibitoria, cioè un provvedimento che impone la cessazione immediata della condotta illecita e la rimozione delle immagini o dei video da tutte le piattaforme online.

Riprese di video e immagini di nascosto: i casi concreti

La Corte di Cassazione ha riconosciuto come molestia il comportamento di un uomo che, in un centro commerciale, aveva fotografato di nascosto una donna senza il suo consenso e senza la consapevolezza della donna stessa. La Corte ha chiarito che, ai fini dell’illecito, è sufficiente l’idoneità oggettiva del comportamento a ledere la sfera privata o a generare disagio, indipendentemente dal contesto pubblico in cui avviene la condotta (Cass.sent.n. 99446/2018).

In un altro caso, i giudici di merito hanno ribadito il divieto di pubblicare immagini di persone senza il loro consenso, richiamando l’art. 10 c.c. e gli artt. 96 e 97 della legge n. 633/1941. In particolare, è stata ritenuta illecita la pubblicazione, a fini pubblicitari, della fotografia di un genitore con il figlio minore priva di autorizzazione, stabilendo che la lesione del diritto all’immagine sussiste anche in assenza di contenuti denigratori. La società è stata condannata al risarcimento di 10.000 euro per danno patrimoniale e non patrimoniale (Trib. Pordenone sent. n. 634/2017).

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