Galli, Crisanti, Pregliasco, Burioni e Cartabellotta: tutti uniti contro il decreto riaperture in arrivo. Perché oggi il virus continua a circolare e il tracciamento non fornisce risposte certe. Per questo bisognerebbe fare come la Gran Bretagna, ma la politica ha deciso diversamente. Preparando il rischio Terza Ondata.
«Rischio calcolato? Calcolato male»: la battuta più ficcante sulle riaperture dal 26 aprile e sulla zona gialla (rafforzata) che tornerà in vigore la prossima settimana in Italia in virtù del decreto Draghi in arrivo è quella fatta da Massimo Galli, direttore del reparto di Infettivologia dell’ospedale Sacco di Milano.
Ma Galli non è stato l’unico. Anzi. Anche se il professore, ospite la settimana scorsa da Lilli Gruber «a caldo», cioè subito dopo la conferenza stampa di Mario Draghi, è stato comunque molto diretto, segnalando che abbiamo ancora 500mila casi attivi, che significa averne il doppio, perché non possono che essere più di così visto che ce ne sono sfuggiti molti. E spiegando che il calo dei contagi delle ultime settimane non deve trarci in inganno sulla reale circolazione del virus in Italia. Vaticinando poi l’arrivo della Terza Ondata. «Il sistema dei colori non ha funzionato, basta vedere la Sardegna. La curva dei contagi vede una flessione appena accennata, ma temo che avremo presto un segno opposto. A meno che non riusciamo a vaccinare così tanta gente da metterci al sicuro in fretta, ma non mi sembra questo il caso. Rimango in allerta e con grande preoccupazione».
Esperti contro le riaperture dal 26 aprile
Ma se l’«apocalittico» Galli è stato catastrofico, l’«integrato» Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano, non è stato da meno oggi ad Agorà. Segnalando i pericoli che vengono dal ritorno della scuola in presenza: «Non tanto i piccolini, ma gli adolescenti e la fascia giovanile», ha ricordato, sono «colpiti dalla variante inglese» del coronavirus Sars-CoV-2 «in modo più ampio e con forme asintomatiche, quindi difficili da individuare senza uno screening». E il pericolo non c’è solo nelle classi: mentre secondo il professore un protocollo all’interno della scuola, se ben seguito, minimizza i dati e alcuni studi ce lo dicono, tutto ciò che è la mobilità intorno spaventa perché alla fine sono quelli i luoghi di maggior affollamento e quindi "di maggior rischio.
Ma il più critico in assoluto è Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova, già autore del «miracolo veneto» di Vo’ Euganeo e in seguito promotore di piani di test & trace che però i governi non hanno mai voluto implementare. Secondo il professore i numeri non giustificano le decisioni del governo, visto che la Gran Bretagna è arrivata a queste scelte con 15 morti al giorno, duemila casi e il 70% della popolazione vaccinata: «Vorrei capire cosa è stato calcolato e ragionato, quanti morti siamo disposti a tollerare».
Crisanti sostiene anche che la campagna di vaccinazione non possa prescindere da un lockdown, perché «non si vaccina con alti livelli di trasmissione, è un azzardo biologico. In questo modo si dà al virus l’opportunità di mutare. Bisogna adottare il modello inglese, che ha accelerato con la campagna vaccinale quando i contatti tra i cittadini erano ridotti. Siamo governati da persone che non hanno gli strumenti conoscitivi giusti». Infine anche una battuta sul Cts: secondo Crisanti nel primo non c’erano persone competenti, nel secondo i competenti sono in minoranza.
Il rischio di una «tana libera tutti»
Il virologo Roberto Burioni, docente all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, sul suo sito Medical Facts ha scritto che «le riaperture sono una scelta politica» che «io non commento», ma di fronte alla quale è importante ricordare come la riduzione del rischio passi attraverso il rispetto di alcune regole molto importanti. Quali? In primo luogo - sottolinea il professore - sappiamo (e prima non lo sapevamo: qualcuno lo pensava, ma un conto è pensare un conto è avere la dimostrazione) che il contagio all’aperto sia molto più raro. «Naturalmente se parlate a 10 centimetri di distanza per mezz’ora o se vi baciate ci si contagia anche all’aperto, ma se ci si comporta in maniera ragionevole è difficile contrarre l’infezione. Ovviamente aperto significa un luogo dove l’aria circola liberamente. Se siete in un gazebo con quattro pareti di plastica non siete più all’aperto, ma siete al chiuso».
E al chiuso, ammonisce più avanti il virologo, sappiamo che il contagio è facilissimo e con questa nuova variante inglese è più che facilissimo: «Quindi massima attenzione quando non siete all’aperto». C’è anche da segnalare, spiega Medical Facts, che abbiamo dei vaccini estremamente efficaci, alcuni dei quali (quelli a mRna) con grande probabilità in grado di impedire la trasmissione. I vaccinati non sono ancora tantissimi, ma comunque sono un numero non trascurabile e si spera che aumentino in maniera notevole.
Infine c’è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che oggi è intervenuto ai microfoni della trasmissione «L’Italia s’e’ desta» su Radio Cusano Campus: «Draghi ha sottolineato che questo rischio si fonda su un presupposto fondamentale: il rispetto delle regole, mascherine, distanziamento, deve continuare». E questo perché è giusto che la politica faccia la sintesi tra l’andamento della pandemia, il diritto alla salute e la libertà dei cittadini. Secondo Cartabellotta è fondamentale continuare a rispettare le regole, se questo verrà inteso come un liberi tutti è evidente che la situazione da metà maggio in poi cambierà: «Mai come adesso deve emergere il concetto di alleanza tra politica, servizi sanitari e comportamenti dei cittadini perché questa è una fase molto delicata. Se dovesse ripartire la curva rischiamo di giocarci la stagione estiva».
Il rischio Terza Ondata
Per Cartabellotta la circolazione del virus è ancora molto rilevante: è vero che i nuovi casi si stanno progressivamente riducendo, ma abbiamo mezzo milione di positivi ed è un numero sotto stimato. Sul versante ospedaliero, i ricoveri stanno scendendo, si sono ridotti quasi del 20% in 11 giorni, però in area critica e in terapia intensiva la discesa è più lenta e abbiamo ancora Regioni che sono oltre la soglia critica. E quindi «dobbiamo essere consapevoli che le riaperture stanno avvenendo sul filo del rasoio. Per il presidente della Gimbe almeno per le prossime tre settimane avremo una riduzione dei nuovi casi e delle ospedalizzazioni:»Poi però, quando torneremo al colore giallo, se da un lato ci può essere un pizzico di ottimismo per l’arrivo della stagione estiva, è altrettanto chiaro che aumentando i contatti sociali si rischia di far risalire la curva".
E mentre gli esperti del Comitato Tecnico Scientifico si lamentano di non essere stati consultati (la riunione della Cabina di Regia era in corso quando Draghi venerdì si è presentato in conferenza stampa), il Corriere della Sera oggi ricorda che ci sono alcuni numeri che ancora non mostrano un’epidemia in regressione. Come l’incidenza settimanale dei casi ogni 100mila abitanti, che oggi è ancora a quota 182 mentre per essere sotto controllo dovrebbe scendere al di sotto dei 50. Oppure il tasso di occupazione delle terapie intensive, che è ancora sette punti sopra la soglia di sicurezza. E infine la curva dei morti, che oggi dà qualche segnale di miglioramento ma è ancora al di sopra dei 300 al giorno. La seconda ondata, preparata dall’estate del «tana libera tutti», ci è costata 80mila morti. Una terza quanti ce ne costerebbe?
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