La sentenza n. 120 del 10 giugno della Corte Costituzionale contiene l’appello al legislatore a intervenire con urgenza sulla riforma dell’aggio della Riscossione, visto il buco di quasi mille miliardi di euro nelle casse dello Stato.
Sono quasi mille miliardi di euro le entrate mancanti nelle casse dello Stato: l’allarme è stato più volte non solo dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini, ma anche dalla Corte dei Conti.
Un ulteriore monito è arrivato dalla Corte Costituzionale, con le motivazioni della sentenza n. 120 depositata il 10 giugno 2021.
L’appello della Corte Costituzionale è direttamente al legislatore, che deve intervenire al più presto sull’aggio della Riscossione delle entrate pubbliche.
Riscossione, mille miliardi di entrate mancate: l’appello della Corte Costituzionale al legislatore
La Corte Costituzionale nella sentenza n. 120/2021 del 10 giugno 2021 ha ripreso quanto già evidenziato dalla Corte dei Conti, ma rivolgendosi direttamente al legislatore.
L’appello è chiaro: bisogna necessariamente cambiare qualcosa nell’aggio della Riscossione. Il legislatore è tenuto a valutare
“se l’istituto abbia ancora una sua ragion d’essere [...] o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema.”
Il problema evidenziato dalla Corte Costituzionale infatti è che la modalità d’aggio finora portata avanti dalla Riscossione rischia di far ricadere solo su alcuni contribuenti i costi del sistema tributario, senza nessuna attenzione alla proporzionalità.
L’attività della Riscossione è ormai portata avanti da anni solo dall’Amministrazione Finanziaria, e non più da concessionari privati: l’inefficienza del sistema ormai è palese.
Riscossione, riforma necessaria: non ci sono situazioni simili in Europa
La situazione fotografata dalla Corte Costituzionale sottolinea come la cifra dei quasi mille miliardi non riscossi sia il risultato di entrate mancanti anche di obblighi tributari di ridotto ammontare, per esempio da imposte locali.
La Corte Costituzionale evidenzia che la prima conseguenza è ovviamente la perdita di quote di gettito, ma non è da sottovalutare anche il sentimento di “disorientamento e amarezza” di chi invece ha pagato quanto dovuto in tempo.
In un contesto del genere, quindi, il risultato è un’ulteriore spinta al sottrarsi al pagamento spontaneo.
Inoltre, la situazione italiana non ha paragoni con nessun altro in Europa. Si legge nella sentenza in commento che:
“I principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna) hanno, del resto, da tempo superato l’istituto dell’aggio e posto a carico della fiscalità generale le ingenti risorse necessarie al corretto funzionamento della riscossione.”
L’invito al legislatore, quindi, è di valutare nel ventaglio di possibilità che variano dalla fiscalizzazione degli oneri della riscossione (come avvenuto nei principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna) - a soluzioni anche miste.
L’obiettivo però è arrivare a una soluzione che preveda criteri e limiti adeguati per la determinazione di un “aggio” proporzionato.
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