Un approccio statistico ai Piani di Accumulo (PAC) per finanziare l’integrazione pensionistica e mantenere il benessere nel corso della vita ai valori reali.
Il Piano di Accumulo (PAC) è una strategia di investimento periodico che sfrutta il meccanismo del dollar cost averaging e, a torto, viene considerata una strategia che attenua il rischio di un investimento finanziario rispetto alla soluzione unica (PIC). Questa convinzione è molto radicata e fa leva sulla paura, non sulla razionalità. È più facile “vendere” fondi a bassa volatilità anche per il 90% del conferimento iniziale per effettuare poi uno switch periodico su uno o più fondi azionari in un orizzonte in genere di appena cinque anni e l’idea è che, mediando il prezzo, si migliori il profilo rischio/rendimento. Se è vero che basta un foglio Excel ed i dati dello S&P dal 1970 a dimostrare che il PAC non è efficiente rispetto ad un PIC, si comprende come questa scelta riguardi più il “comfort emotivo” dell’investitore e del consulente, ma non esiste alcuna evidenza scientifica che sia la strategia corretta, essendo i risultati funzione dei periodi considerati nelle analisi ed inoltre, al passare dell’investing period stabilito, aumenta l’esposizione azionaria e, di conseguenza cambia il profilo rischio/rendimento iniziale*.
Al contrario il PAC diventa un’arma formidabile per investire il risparmio periodico che una famiglia accantona ogni anno. Nella fase iniziale del processo di Pianificazione, è sempre opportuno partire da un vero e proprio Bilancio familiare** e, dopo un’attenta analisi della situazione Patrimoniale, questa strategia consente di finanziare le esigenze più importanti di una famiglia per progetti futuri, come ad esempio tutelare e mantenere il benessere attuale a valori reali, scontando cioè i tassi di inflazione, quando si dovrà andare in Pensione, e per un determinato numero di anni, ad esempio 30 a partire da 65 o 70 anni. Sono necessari però alcune condizioni: un tempo a disposizione sufficientemente lungo, un investimento di buona parte della quota di risparmio, un Portafoglio con una elevata dose di Volatilità nella fase di accumulo ma ben diversificato e magari a distribuzione nella fase di decumulo. E ovviamente con costi contenuti.
In base alle serie storiche su Indici Azionari sufficientemente lunghe, a partire quindi dal 1970 e a valori reali, si può avere evidenza della percentuale del proprio reddito che è necessario investire mensilmente per ottenere un capitale sufficiente a finanziare i nostri obiettivi, naturalmente in un range di valori tra un minimo ed un massimo dovuti ai differenti andamenti di mercato che avremo in futuro. Nei due grafici in basso si fa l’ipotesi di un 45enne che ha un reddito di 60 mila euro e a 70 anni desidera 1 ML per finanziare la sua integrazione pensionistica ad un tasso minimo per altre 30 anni del 4%, sino all’età di 100 anni. Nel primo grafico si vede che investendo in un PFT 100% equity, quindi sfruttando la Volatilità, dovrà risparmiare tra il 9% ed il 40% del suo reddito di 60 mila euro. Nel secondo grafico, partendo da un portafoglio più diversificato, le stesse percentuali salgono al 20% ed al 45% del reddito attuale. La prima conclusione è che nella fase di accumulo è preferibile un PFT con un’alta dose di Volatilità. [...]
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