Fed: cosa pensano gli analisti del taglio dei tassi in America

Mattia Prando

1 Agosto 2019 - 15:15

Ieri si è tenuta l’attesa riunione della Fed, che ha deciso di tagliare il costo del denaro di 25 punti base. Per molti analisti, questo sarà solo l’inizio di un ciclo di espansione monetaria

Fed: cosa pensano gli analisti del taglio dei tassi in America

La riunione della Federal Reserve di ieri sera ha lasciato gli operatori con l’amaro in bocca. L’istituto centrale americano ha deciso di tagliare il costo del denaro di 25 punti base, già ampiamente scontato dal mercato, che sembrava volesse un abbassamento del costo del denaro più deciso. Oltre a questo, la banca centrale ha comunicato di terminare da oggi, 1 agosto 2019, il piano di riduzione delle attività legate al System Open Market Account.

È stata la conferenza stampa di Powell, numero uno della Fed, a smuovere i mercati. Il chairman ha infatti affermato che il taglio in essere non è l’inizio di un ciclo di espansione monetaria (per approfondire).

Gli investitori hanno iniziato a prendere beneficio, provocando ribassi sugli azionari e acquisti di Dollari americani contro tutte le principali valute.

Se la Fed guarda all’inflazione, nuovi tagli all’orizzonte

Per John Bellows, Portfolio Manager e Research Analyst di Western Asset, il taglio dei tassi posto in essere ieri permette alla Fed di aumentare la credibilità relativa al possibile raggiungimento del target di inflazione al 2%.

L’esperto sostiene che, se la banca centrale americana è così focalizzata sull’inflazione, ci dovrebbero essere altri due abbassamenti del costo del denaro quest’anno.

In questo senso, le preoccupazioni di Powell riguardano i rischi di pressioni ribassiste sull’inflazione, come si è assistito in Giappone ed Europa. Proprio per questo motivo, la Federal Reserve potrebbe continuare ad abbassare il costo del denaro nei prossimi trimestri o anni.

Bellows sottolinea come “se la Fed vuole davvero riguadagnare credibilità sul suo target del 2%, allora è abbastanza improbabile che arriverà ad alzare i tassi in un futuro prossimo”. Il Portfolio Manager aggiunge come in questo quadro possa risultare premiante puntare sul credito investment grade e sui titoli garantiti da ipoteca (MBS).

Per la Fed, un’occasione persa

Nick Wall, co-gestore del fondo Merian Strategic Absolute Return Bond Fund di Merian Global Investor, afferma come l’istituto centrale americano avrebbe dovuto tagliare I tassi di 50 punti base per indebolire il biglietto verde, aumentare le aspettative di inflazione e irripidire la yield curve.

Si deve considerare il fatto che la sovraperformance economica statunitense ha reso il biglietto verde estremamente forte. Questo fattore pesa sulla crescita globale, in quanto c’è grande quantità di debito in Dollari Usa. “Sommandosi alla disruption delle catene del valore globali causata dai dazi, questo consistente indebitamento in dollari ha frenato il capex e fatto finire in recessione il settore manifatturiero a livello globale”, sostiene l’esperto.

Per effetto delle multinazionali e dei mercati, queste condizioni si ripercuotono sugli Usa stessi: in questo senso, un corposo taglio dei tassi da parte della Federal Reserve sarebbe stato “un antidoto naturale”.

Il principale rischio per la banca centrale è quello di proseguire nel tagliare i tassi ad un ritmo lento. In questo modo si provocherebbe un rafforzamento del dollaro, stringendo le condizioni finanziarie e rendendo inutili successivi tagli.

“Continuiamo a detenere posizioni lunghe sulla duration nella parte a breve termine della curva dei rendimenti USA, aspettandoci tagli ulteriori. Inoltre, rimaniamo lunghi sui breakeven di inflazione e guardiamo con interesse agli irripidimenti della curva dei tassi statunitensi. Manteniamo l’allocazione sui bond e le valute dei Mercati Emergenti, così come le posizioni corte sul dollaro nella convinzione di ulteriori azioni da parte della Fed”, chiosa Wall.

Per gli Usa non è necessario un ciclo di alleggerimento

Esty Dwek, Head of Global Market Strategy Dynamic Solutions di Natixis Investment Managers, afferma che per gli Usa non è necessario un ciclo espansivo completo. Il mercato starebbe prezzando troppi tagli nel 2019, il che potrebbe causare ulteriori ribassi una volta che queste aspettative verranno deluse.

“Tuttavia, con una BCE molto dovish che spinge al ribasso i rendimenti del Bund e di altri governativi europei, il rischio di un forte sostegno rimane a nostro avviso relativamente limitato”, afferma Dwek. Ora la Fed potrebbe restare a guardare l’inflazione core, gli sviluppi sulle politiche commerciali e la crescita delle altre aree economiche.

“Conserviamo la nostra esposizione agli asset di rischio, continuando a credere sia ancora troppo presto per eliminare la dose di rischio, ma troppo tardi per diventare eccessivamente aggressivi”, sottolinea l’esperta.

Debito e valute emergenti sono attraenti

Delphine Arrighi, gestore del fondo Merian Emerging Market Debt di Merian Global Investors, quello a cui abbiamo assistito ieri è stato un esempio della regola “buy the rumour, sell the fact”.

Lo spostamento verso politiche monetarie più accomodanti di tutte le banche centrali, causato dal peggioramento dell’outlook di crescita globale, potrebbe favorire il debito dei Paesi emergenti. L’atteggiamento accomodante della Fed permette anche agli istituti centrali degli Emergenti di proseguire i loro allentamenti monetari.

Questo perché il ciclo del Dollaro Usa forte è destinato a concudersi, permettendo alle valute emergenti di far fronte ad un’espansione monetaria domestica. “rimaniamo nel complesso costruttivi verso il debito emergente e continuiamo a vedere valore in modo selettivo sull’high yield e sui mercati di frontiera”, conclude Arrighi.

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