Da pochi giorni la Russia è ufficialmente fuori dal Trattato CFE. In un momento di grave crisi nei rapporti internazionali, un altro importante accordo è naufragato.
Il 7 novembre 2023 si è conclusa ufficialmente la procedura per il ritiro della Russia dal Trattato sulle forze convenzionali in Europa (CFE), un trattato firmato nel 1990 tra i capi di Stato membri della NATOe il Patto di Varsavia. Tale procedura ha avuto inizio nel 2007 quando, in segno di protesta contro la realizzazione dello scudo antimissile annunciata dal presidente Obama, la Russia ha deciso di ritirarsi dall’accordo.
“La procedura prevista dal Trattato CFE per il ritiro della Russia da questo trattato si è conclusa alla mezzanotte del 7 novembre 2023. Pertanto, il documento giuridico internazionale, la cui validità il nostro Paese ha sospeso nel 2007, è diventato per noi storia”:
con queste parole il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, dichiara concluso il procedimento di ritiro dal Trattato sulle forze convenzionali in Europa.
Cos’è e cosa prevede il Trattato CFE
Lo scopo del Trattato CFE è quello di limitare il numero di armi che i paesi appartenenti alla Nato e al Patto di Varsavia potevano utilizzare in Europa. La prima azione concreta del trattato è stata quella di limitare il numero massimo di carri armati presenti in Europa a un numero massimo di 40mila unità. Stesso limite è stato imposto ai pezzi di artiglieria. Il numero massimo di veicoli corazzati è stato successivamente fissato a 60 mila unità, quello degli elicotteri da combattimento a 4.000 e quello relativo agli areai da combattimento a 13.600 unità.
Il Trattato prevedeva anche lo scambio di informazioni relative alla localizzazione degli eserciti di ciascun Paese, l’accettazione di ispezioni e la partecipare agli incontri del Gruppo consultivo. Incontri ai quali la Russia, già dal 2015, non partecipava.
Lo scopo delle limitazioni, delle norme e degli incontri è, come riporta il Trattato stesso, quello di “realizzare un equilibrio sicuro e stabile delle forze armate convenzionali in Europa a livelli più bassi di quelli sinora esistenti, eliminare disparità pregiudizievoli per la stabilità e la sicurezza, e impedire, in via altamente prioritaria, la capacità di lanciare attacchi di sorpresa e di avviare azioni offensive su larga scala in Europa”. Il Trattato poggia, dunque, sul concetto di cooperazione per la sicurezza.
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Ritiro della Russia dal Trattato CFE: motivazioni e conseguenze
La Russia ha motivato il ritiro dal Trattato nel 2007 in questi termini: “il Trattato, firmato durante la Guerra fredda, ha smesso da tempo di rispondere alle realtà europee contemporanee e ai nostri interessi di sicurezza” e, in relazione al Trattato CFE adattato, versione proposta dalla Russia nel 1999 finalizzata ad aggiornare l’accordo del 1990, aggiunge che “non è potuta entrare in vigore a causa della posizione dei paesi della NATO che hanno legato la sua ratifica al soddisfacimento da parte della Russia di requisiti inverosimili che non hanno nulla a che fare con il Trattato CFE. Inoltre, hanno intrapreso una serie di passi incompatibili con la lettera e lo spirito del Trattato, minando gli equilibri che ne sono alla base”.
La decisione di Mosca del 7 novembre dissolve il concetto di sicurezza comune. Oggi gli Stati, non solo i più grandi e potenti, perseguono la propria sicurezza attraverso armi nucleari e rinnovati armamenti convenzionali nella pericolosa convinzione che l’obiettivo ultimo sia quello di affermare la propria superiorità militare.
Sembra essere questo ciò che pensa Putin, dal momento che appare disposto a utilizzare l’EMP (Electromagnetic Pulse), una bomba che emette un potentissimo campo elettromagnetico in grado di annientare qualsiasi apparato che utilizzi circuiti elettrici.
Il ritiro della Russia dal Trattato CFE, in ogni caso, non è altro che un contributo alla irrazionale escalation bellica.
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