Usare la carta di credito dei genitori è un reato, ma rubare loro i soldi non lo è. Ecco il motivo di questo apparente controsenso.
Nel “mondo legale” vengono spesso a crearsi situazioni apparentemente paradossali. Vere e proprie contraddizioni nella vita quotidiana, che andando alla radice della norma si rivelano però del tutto coerenti e motivate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione mette in evidenza una di queste situazioni, ricordando in particolare che usare la carta di credito dei genitori è un reato, addirittura indipendentemente dal loro consenso. Come se non bastasse, però, non è considerato un reato rubare ai genitori (a determinate condizioni).
L’accostamento tra queste situazioni non è ovviamente previsto dalla legge, che regolamenta in maniera specifica due questioni completamente differenti e indipendenti l’una dall’altra. Di seguito approfondiremo proprio i motivi di queste regole, ma ciò non toglie che all’ordine pratico è punibile il figlio che paga con la carta che gli è stata data dal padre o dalla madre, mentre non lo è quello che si appropria del denaro dal portafoglio all’insaputa dell’uno o dell’altro.
La Cassazione è comunque in qualche modo intervenuta anche su quest’ultima questione, spiegando perché il principio applicabile in un caso non lo è nell’altro, una comune causa di fraintendimenti e dibattiti anche nella stessa giurisprudenza. Con la nuova risposta della Suprema Corte, finalmente, si può però mettere un punto definitivo al dilemma.
Rubare i soldi ai genitori non è reato
Per capire il problema di interpretazione sull’uso della carta di credito dei genitori bisogna partire da un importante, e per lo più sconosciuto al di fuori dal settore giuridico, articolo del Codice penale. Si tratta dell’articolo 649, che disciplina proprio la punibilità di alcuni reati tenendo conto dell’assoluta particolarità dei rapporti familiari e di parentela. Il Codice penale stabilisce quindi che il furto non sia punibile quando commesso dai figli nei confronti dei genitori o viceversa, purché non ci sia violenza sulle persone. Lo stesso principio viene applicato anche ad altri reati, ovviamente non quelli di maggiore gravità dove spesso il legame con la vittima aggrava la posizione dell’autore del reato, e familiari.
Nel caso di genitori e figli, tuttavia, non sono richieste particolari condizioni per applicare questa causa di non punibilità, nemmeno la convivenza (che invece sarebbe presupposto necessario per fratelli e sorelle). Questo cosa significa? Il figlio che ruba i soldi dal portafoglio del genitore o un oggetto di valore dalla casa, per esempio, non è punibile per furto nemmeno se il genitore vorrebbe perseguirlo legalmente e nemmeno se non vivono più insieme. Al contrario, il figlio che strappa dalle mani i soldi alla madre o al padre può essere querelato (dal genitore stesso ovviamente) e punito.
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Usare la carta di credito dei genitori è reato
In molte occasioni i giudici hanno applicato il principio appena enunciato anche all’uso della carta di credito del genitore da parte del figlio, ma questa interpretazione non è sposata dalla Cassazione. Quest’ultima aveva stabilito già con la sentenza n. 15834/2011 che si tratta di situazioni differenti e lo ha ricordato con la sentenza n. 7651/2025, affermando appunto che usare la carta di credito dei genitori è reato. Questo perché viene meno la particolare concezione della dimensione familiare che impedisce la perseguibilità di alcuni reati contro il patrimonio.
L’uso della carta di credito di un’altra persona è un atto contrario alla fede pubblica e all’ordine economico. Questa è la stessa ragione per cui il consenso dei genitori (sempre che ci sia) non è rilevante quanto si potrebbe pensare, tanto da non escludere la condanna, almeno nella peggiore delle ipotesi. Il reato in questione, procedibile d’ufficio, non è il furto bensì l’Indebito utilizzo e falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, che mira a tutelare l’affidabilità degli strumenti di pagamento. Anche questo principio è stato confermato dalla Cassazione, in questo caso con la sentenza n. 18609/2012, secondo cui l’autorizzazione del titolare esclude il reato soltanto quando può essere provata in maniera rigorosa. Bisognerebbe quindi armarsi di delega e documentazioni sui movimenti effettuati.
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