Secondo Banca d’Italia a fine 2022 le retribuzioni sono salite in modo molto modesto, con gli stipendi degli statali cresciuti più di quelli dei privati: il trend per il 2023 rimarrà modesto.
Crescono le retribuzioni in Italia, ma a un ritmo molto lento e secondo Banca d’Italia il trend rimarrà così fino alla fine dell’anno. L’istituto guidato dal governatore Ignazio Visco lo certifica nel suo ultimo bollettino trimestrale, in cui si segnala il miglioramento dell’economia italiana alla fine del 2022 e all’inizio del 2023, ma con margini molto lievi.
In particolare la Banca segnala l’aumento delle retribuzioni nel settore pubblico, grazie agli ultimi rinnovi dei contratti, che comunque ripianano carenze storiche. Nel settore privato, invece, i rinnovi sembrano molto più lenti. Il tutto, comunque, anche considerando il taglio del cuneo fiscale voluto dal governo Draghi e rafforzato dal governo Meloni (3% fino a 25mila euro di reddito annuo e 2% da 25mila a 35mila), non riesce ad equilibrare l’inflazione.
Stipendi, il quadro italiano secondo Banca d’Italia
Nel quarto trimestre del 2022 la crescita delle retribuzioni orarie nel settore privato è stata dell’1,7% rispetto allo stesso periodo del 2021, con un aumento maggiore rispetto al trimestre precedente, ma ancora molto contenuto. Nel settore privato, invece, i salari sono aumentati dell’11,7 per cento rispetto all’anno precedente.
Questo fa sì che la dinamica complessiva sul totale dell’economia valga il 4,1%. Un numero, quindi, sostenuto “dall’erogazione di pagamenti una tantum a compensazione del ritardo nel rinnovo dei contratti del comparto pubblico”. Della serie: si sono finalmente rinnovati i contratti statali, come quelli sanitari o nella Pubblica amministrazione e stanno arrivando gli arretrati insieme allo stipendio.
I contratti nazionali scaduti
Alla fine del 2022 sono poi scaduti i contratti dei comparti del legno e della gomma-plastica. Per il rinnovo del primo
proseguono le trattative, mentre per il secondo, l’ultimo rinnovo firmato a gennaio prevede incrementi salariali di poco superiori al 2% all’anno nel periodo di vigenza (2023-2025).
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La maggioranza dei contratti della manifattura rimarrà valida senza modifiche nel 2023, arrivando a scadenza tra la fine di quest’anno e la fine del prossimo: gli aumenti previsti per questi contratti sono in linea con le modeste aspettative di inflazione nel biennio in cui sono stati siglati (2020-2021). Aspettative che sono state totalmente stravolte dal boom dell’inflazione del 2022.
Quanto cresceranno gli stipendi nel 2023
Ad oggi, quindi, la quota di dipendenti nel settore dei servizi privati i cui contratti sono scaduti è alta, circa il 76% a febbraio, a causa dei ritardi nei rinnovi.
Secondo Banca d’Italia, quindi, “la dinamica complessiva delle retribuzioni contrattuali rimarrà moderata nel 2023, anche per effetto di un tasso di disoccupazione ancora elevato se confrontato con quello delle altre principali economie dell’area dell’euro”.
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Questo significa che il trend complessivo dovrebbe rimanere sui livelli del settore privato a fine 2022, con aumenti dell’ordine del 1, 2 o massimo 3%.
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