Secondo quesito referendum giustizia: testo, cosa significa e conseguenze del voto

Antonella Ciaccia

24/05/2022

Nel secondo quesito referendario si interviene sul tema delicato delle limitazioni alla custodia cautelare, come disciplinato dal c.p.p . Le ragioni di chi vuol cambiare e quelle del no.

Secondo quesito referendum giustizia: testo, cosa significa e conseguenze del voto

Si avvicina la data dell’Election day: il prossimo 12 giugno si voterà per i cinque quesiti referendari sulla giustizia proposti da Radicali e Lega e ammessi dalla Consulta, nonché per il primo turno delle amministrative che coinvolgeranno circa quasi nove milioni di votanti (8.932.624 per la precisione), per un totale di 978 comuni italiani. Il 26 giugno previsti i ballottaggi.

Quella del prossimo 12 giugno 2022 è la diciottesima tornata referendaria abrogativa - l’altra fattispecie è il referendum consultivo - nella storia della Repubblica Italiana e sono cinque i quesiti posti agli aventi diritto al voto, tutti in tema di giustizia. Nello specifico essi riguardano: l’insindacabilità dei politici condannati, la custodia cautelare, la separazione delle carriere dei magistrati, i Consigli giudiziari e l’elezione del Csm.

Si tratta dunque di quesiti abrogativi: gli italiani si esprimeranno sulla possibilità di abrogare leggi o parti di esse già esistenti e, verosimilmente, il tecnicismo dei quesiti referendari ci metterà in profonda crisi una volta entrati nella cabina elettorale.

Proviamo con questo articolo ad approfondire il tema del secondo quesito, scheda arancione, dove ci sarà chiesto di limitare le misure cautelari, con abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale in riferimento alla parte in cui consente di portare in carcere una persona sotto processo, se vi è il rischio che possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e cosa significa.

Testo secondo quesito (Scheda arancione)

Il testo del secondo quesito referendario è il seguente:

  • «Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art.7 della legge 2 maggio 1974, n.195 e successive modificazioni.”?»

Cosa significa il secondo quesito

Come abbiamo avuto modo di leggere, nel testo del quesito il linguaggio è fortemente tecnico. Cerchiamo di spiegare in parole semplici su cosa ci viene chiesto di esprimere la nostra volontà.

Il tema è quello delle misure di custodia cautelare, disciplinato dal Codice di Procedura Penale. Ci viene chiesto di limitare le misure cautelari, con abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale in riferimento alla parte in cui consente di portare in carcere una persona sotto processo, se vi è il rischio che possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede.

Se voteremo in maggioranza all’abrogazione di questa norma, saranno limitati i casi in cui è possibile disporre la custodia cautelare, cioè la detenzione degli indagati o impuntati prima della sentenza definitiva.

Specificatamente viene chiesto di abrogare la motivazione della «possibile reiterazione del reato» dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere, o i domiciliari per una persona durante le indagini e quindi prima del processo.

Vediamo esattamente di cosa si tratta. Le misure cautelari c.d. coercitive assumono all’interno del nostro ordinamento un’importanza primaria in relazione alla loro capacità di essere applicate in una fase ancora preliminare rispetto all’esecuzione della sentenza.

Sinteticamente, le esigenze cautelari, secondo l’art. 274 del codice di procedura penale, devono essere attinenti:

  • a) al concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova;
  • b) alla fuga dell’indiziato o al concreto e attuale pericolo che si dia alla fuga;
  • c) al pericolo di reiterazione di reati, che riguarda la maggior parte dei provvedimenti cautelari emessi.

Se dall’articolo 274 del c.c.p. elimineremo la porzione della parte c): “O della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni...

significa che potranno essere sottoposti a misura cautelare solo coloro nei confronti dei quali sussiste il concreto e attuale pericolo che commettano e reiterino gravi delitti, con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale, o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata.

Che succede se voto sì

Il problema che il quesito punta ad affrontare è quello dell’alto numero di persone che, non ancora condannate definitivamente e, quindi, non colpevoli, si trovano recluse negli istituti penitenziari italiani.

L’obiettivo dei promotori del referendum è evitare che la carcerazione preventiva possa colpire persone che poi risultino innocenti. Coloro che sostengono di dover votare SÌ, ritengono che lo strumento del carcere preventivo rispetto alla condanna è una pratica abusata nel nostro Paese; non sembra essere più utilizzato come strumento di emergenza, ma è una vera e propria anticipazione prima che sia eseguito il processo e l’eventuale condanna.

Sostanzialmente chi propone questo referendum non vuole eliminare del tutto la custodia cautelare e la carcerazione preventiva.

Il sistema rimarrà in vigore per i reati più gravi. Quel che si abolirebbe in caso di vittoria del sì è la possibilità che oggi esiste di privare della libertà una persona con la motivazione del «rischio possibile di reiterazione dello stesso reato».

Secondo molti questa è la motivazione maggiormente usata per la custodia cautelare. E, secondo i promotori del referendum, spesso si fa uso di questa situazione senza che questo rischio sia realmente presente.

Che succede se voto no

Analizziamo ora il parere di chi ha molte perplessità su questa modifica e che non è favorevole a un cambiamento di questa natura sulle misure di custodia cautelare.

Chi vota NO sceglie di mantenere tutti i reati per cui è consentito oggi il ricorso alle misure cautelari in carcere; c’è da dire che i sostenitori del NO ritengono che tale quesito, riferito a tutte le misure sia coercitive che interdittive sia ingannevole.

Sono stati sollevati molti dubbi sull’estensione della «non applicazione della norma». Il quesito vuole abolire l’uso della reiterazione del reato a meno che non si tratti di gravi reati con armi, altri mezzi di violenza o delitti legati alla criminalità organizzata.

Ciò significa che, se non vi sarà rischio di inquinamento delle prove (come avviene ad es. nel caso di un arresto in flagranza o nei casi di immediata evidenza di un attività criminosa), e se non ricorra un serio e attuale rischio di fuga dell’indagato, le misure cautelari diverranno inapplicabili al di fuori della sfera ristretta dei delitti di criminalità organizzata, di eversione o commessi con l’uso della violenza o di armi.

Dunque, nell’ipotesi di successo del referendum, i potenziali autori “seriali” di gravi delitti contro la pubblica amministrazione, contro l’economia, contro il patrimonio, contro la libertà personale e sessuale (purché non commessi con violenza) e così via, saranno inattingibili da misure cautelari motivate sulla base di una prognosi di ripetizione degli atti criminosi per cui si procede penalmente.

Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l’uso delle armi, l’effetto sarebbe quello di impedire la custodia cautelare non solo per chi ha commesso reati gravi, ma anche l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge violento o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona vittima di atti persecutori.

Per porre rimedio a questa situazione non si ritiene che il referendum possa essere uno strumento idoneo; servirebbe un intervento organico da parte del legislatore che vada a normare su tutte queste situazioni a partire dalla custodia cautelare, alla reiterazione del reato, all’inquinamento delle prove e alla fuga.

Il rischio di abolire questo inciso dell’art.274 del c.c.p. è che possa scatenarsi un effetto domino in cui il giudice di turno non possa più ricorrere alla custodia cautelare per una lunga serie di reati e alcuni anche molto gravi. Si smantellerebbe uno strumento importante di contrasto ad atti criminali. Per esempio non potranno più essere posti in custodia ladri, bancarottieri, corrotti e corruttori, falsari, ecc.

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