La settimana corta è una buona idea? Uno studio svela se funziona davvero. Ecco cosa dice la scienza al riguardo.
Negli ultimi anni, il concetto di “settimana corta” ha guadagnato sempre più terreno nel discorso lavorativo. Molte aziende stanno sperimentando questo modello, riducendo la settimana lavorativa da cinque a quattro giorni, mantenendo invariato lo stipendio dei dipendenti.
Ma funziona davvero? La promessa è affascinante: meno ore di lavoro, stessi risultati, dipendenti più felici e aziende più efficienti. Tuttavia, rimane da capire se questa formula possa davvero rivoluzionare il mondo del lavoro come lo conosciamo. Grazie a un recente studio pubblicato da Fortune e a una ricerca condotta dall’organizzazione 4 Day Week Global, faemo luce su questo tema.
Efficienza sotto la lente: cosa dice la scienza?
Un primo dato sorprendente emerge dallo studio di Fortune: i dipendenti che lavorano cinque giorni a settimana non sono così produttivi come si potrebbe pensare. In media, trascorrono circa un’intera giornata lavorativa senza compiere alcuna attività realmente significativa. Questo significa che, in pratica, un’intera giornata di lavoro viene persa tra distrazioni, stanchezza e mancanza di compiti chiari.
L’idea che condensare cinque giorni in quattro possa mantenere inalterata la produttività sembra dunque trovare conferme. Le aziende che hanno già adottato la settimana corta, come la francese LDLC e altre piccole e medie imprese (PMI), riportano risultati convincenti. I dipendenti riescono a completare le loro attività in quattro giorni, restando efficienti quanto in una settimana lavorativa di cinque giorni.
Ma come è possibile che un minor numero di giorni porti allo stesso livello di produttività? La risposta si trova proprio nella riduzione delle ore dedicate a distrazioni e cali di concentrazione, che nella settimana tradizionale costituiscono una perdita significativa.
Settimana corta: la chiave della felicità e della produttività
Un ulteriore approfondimento viene dallo studio di 4 Day Week Global, che dimostra come i lavoratori riescano a produrre lo stesso volume di lavoro in 33 ore distribuite su quattro giorni rispetto alle 38 ore lavorate in cinque giorni. Questo dato non solo conferma che la produttività non diminuisce, ma che ridurre le giornate lavorative può addirittura aumentare il focus e l’efficienza.
Il vantaggio non si ferma qui: una settimana lavorativa ridotta porta benefici tangibili anche al benessere psicofisico dei dipendenti. La possibilità di avere un giorno in più di riposo consente di dedicare più tempo alla cura di sé, al relax e al tempo libero, favorendo una maggiore soddisfazione e motivazione al ritorno in ufficio. Secondo 4 Day Week Global, il 96% dei lavoratori che hanno provato questo modello si dichiara estremamente soddisfatto, e molte aziende hanno confermato di non voler tornare alla settimana lavorativa tradizionale.
Ma perché questo modello non è ancora adottato su larga scala? Molte grandi aziende sono ancora titubanti, temendo di dover comprimere troppo il carico di lavoro in un periodo di tempo ridotto. Tuttavia, gli studi indicano che questa paura si dissolve rapidamente una volta sperimentato il nuovo orario: i dipendenti si rendono conto che, in realtà, non devono fare più lavoro, ma semplicemente concentrarlo meglio.
Un cambiamento possibile e necessario?
La settimana corta, non giriamoci intorno, èun vantaggio per i dipendenti. Però, è un vantaggio anche per le aziende. Migliore qualità della vita, riduzione del burnout e maggiore concentrazione sul lavoro si traducono in un aumento della fidelizzazione dei talenti e in una riduzione del turnover del personale, che è uno dei maggiori costi nascosti per molte imprese.
Il messaggio che emerge da queste ricerche è chiaro: la riduzione dell’orario di lavoro non è solo una moda passeggera, si spera. Se così fosse potrebbe essere attuato quello che non è un mero trend ma una strategia che può migliorare significativamente la produttività aziendale. Ma soprattutto, può aumentare il benessere dei lavoratori. La sfida, ora, è una sola: riuscire a superare la diffidenza iniziale, soprattutto dei titolari. Se si riuscisse, si potrebbe aprire la strada a un cambiamento che rivoluzionerà il futuro del lavoro.
Ma quindi la settimana corta è davvero il futuro?
I dati per ora parlano chiaro: la settimana lavorativa di quattro giorni funziona, almeno per le aziende che hanno il coraggio di sperimentarla. I risultati mostrano che la produttività rimane invariata, se non addirittura migliorata. Nel frattempo, la qualità della vita dei dipendenti subisce un balzo in avanti. Nonostante i timori di dover comprimere il lavoro, gli studi dimostrano che i benefici superano di gran lunga le preoccupazioni iniziali.
Il cambiamento è già in atto, anche se in Italia non si vede. La settimana “corta” potrebbe essere la risposta, anche se sembra controintuitivo, per migliorare la propria competitività senza sacrificare la soddisfazione dei propri dipendenti. Ciò dimostra finalmente che «lavorare tanto» non significa «lavorare bene». Per troppo tempo, soprattutto nelle generazioni precedenti, abbiamo glorificato un’etica lavorista basata sulla quantità, misurando il valore di una giornata dal numero di ore trascorse alla scrivania. Tuttavia, questa mentalità ha portato a esaurimento, stress e spesso a una produttività stagnante. Il mito del sacrificio continuo non ha prodotto i grandi risultati che ci si aspettava, né per i lavoratori né per le aziende.
Ecco allora che la settimana corta ribalta questa prospettiva: meno ore, ma più concentrate e produttive, con benefici tangibili sia per l’efficienza che per il benessere. Un approccio che guarda finalmente alla qualità, piuttosto che alla quantità, dimostrando che lavorare in modo intelligente è molto più efficace di passare infinite ore al lavoro senza reali progressi.
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