Cause e conseguenze dello Shock termico. Demostenes Floros, analista geopolitico ed economico, intervistato da Money.it, spiega come l’aumento dei prezzi del gas non dipenda dalla guerra in Ucraina.
L’aumento dei prezzi del gas naturale non è stato causato dalla guerra in Ucraina: il conflitto ha solo peggiorato un trend che era ben visibile fin dall’anno precedente, per l’esattezza da marzo 2021. Con queste parole, Demostenes Floros, analista geopolitico ed economico, spiega la relazione tra il conflitto russo-ucraino e il vertiginoso aumento dei prezzi del gas e, di conseguenza, delle bollette.
L’Italia, come il resto d’Europa, si sta preparando a un rigido inverno e sempre più spesso si parla di razionamento energetico, price cap e, addirittura, della riduzione della potenza dei contatori. Per tale motivo Demostenes torna a parlare in un’intervista di Money.it di shock energetico e delle cause e conseguenze per un’Europa divisa tra transizione energetica e interessi economici.
Si è discusso a lungo delle cause dell’attuale crisi energetica, delle speculazioni delle grandi aziende, dei possibili scenari futuri e soprattutto se le proposte della politica italiana ed europea siano veramente dei passi in avanti verso la transizione ecologica oppure no. Ecco, quindi, quali sono le cause e conseguenze di questa crisi energetica e quali sono le cause dell’aumento del gas naturale.
Cosa aspettarsi dall’inverno: razionamenti energetici. A rischio posti di lavoro
Come spiegato dall’analista geopolitico ed economico, con il calo drastico dell’importazione dell gas russo e l’aumento dei flussi da parte di altri fornitori (come Nord Europa e Usa) si stima che il livello di stoccaggi di gas in Italia e in Europa abbia superato la soglia dell’80% e ben presto dovrebbe raggiungere anche il 90%.
Queste però potrebbero rivelarsi condizioni necessarie ma non sufficienti per affrontare l’inverno, specialmente se non dovesse essere mite. “E anche se così fosse io temo saremo costretti a dei razionamenti”. Razionamenti che comporterebbero la diminuzione dei consumi di gas per le attività manifatturiere, con conseguente diminuzione dei posti di lavoro. Stando all’analista, secondo le prime stime sulle possibili perdite dei posti di lavori il rischio è quello che l’industria italiana vada incontro a una perdita complessiva di 582mila posti di lavoro.
L’aumento del gas non dipende dalla guerra in Ucraina ma dall’Ue
Non è stata la guerra in Ucraina a causare l’aumento dei prezzi del gas naturale. Il conflitto ha solo peggiorato un trend già presente nei mercati europei. Dati alla mano del primo report sulla transizione energetica condotta dal Cer (Centro Europa ricerche), Demostenes Floros, Senior Energy Economist del Centro, ha spiegato come l’aumento del prezzo del gas fosse visibile fin da marzo 2021, quasi un anno prima del conflitto russo-ucraino. L’aumento del gas (e quindi delle bollette) è stato causato da diversi fattori:
- fattori di mercato: come l’aumento della domanda del gas (+6%) registratosi dalla ripresa dopo il lockdown e il contemporaneo calo dell’offerta della produzione europea;
- fattori geopolitici: come la cancellazione del progetto South Stream e il blocco North stream 2;
- limiti della transizione energetica, che non è immediata e semplice “come si immaginava”.
Eppur, se si volesse individuare una causa su tutte, Floros non ha nessun dubbio per indicare come causa principale i cambiamenti nelle modalità di acquisto del gas naturale in Europa, ovverosia nei contratti: se prima il prezzo del gas era collegato al petrolio, l’Ue ha deciso di adottare nuovi contratti a favore del mercato “gas to gas”, e quindi della “borsa” di Amsterdam e del TTF olandese, incoraggiata dagli Stati Uniti con la contrarietà della federazione russa, che aveva messo in guardia dai possibili pericoli. “La principale causa è quindi ascrivibile alla responsabilità di Bruxelles”
Chi sta guadagnando dalla crisi energetica?
A guadagnare dall’aumento del prezzo del gas naturale e dall’attuale crisi energetica e geopolitica, non sono solo imprese ma anche intere Nazioni. Basti pensare che è notizia recente che il gas naturale liquefatto venduto dalla Cina è in realtà proveniente dalla Russia, che è stato poi rivenduto a prezzi rialzati all’Europa.
Ancora, Floros sottolinea come l’Eni, sostenitore dei contratti “gas to gas”, abbia realizzato dei profitti altissimi dagli ultimi mesi del 2021. Attualmente l’azienda importa gas naturale dalla federazione russa secondo contratti e prezzi sconosciuti. Lo stesso governo avrebbe chiesto di prendere visioni dei contratti stipulati, ma per adesso non sono mai stati pervenuti.
Quali sono i rischi di questo Shock energetico
Le conseguenze e i rischi di un possibile shock energetico sono numerose. Davanti al peggiore degli scenari, con un inverno molto rigido e fornitori non in grado di mantenere il trend di esportazioni (ad esempio non è da escludersi la possibilità che Parigi decida di “staccare la corrente” prodotta da centrali nucleari, pari al 5% per l’Italia), si ipotizzano momenti di blackout.
L’ipotesi di blackout sebbene estrema non è da escludersi, spiega Floros, anzi l’analista ha precisato che questi blackout stanno già avvenendo in altri Paesi, come il Pakistan, che ha visto gli Stati Uniti venir meno ai patti per vendere a prezzi più alti il gas liquefatto all’Europa. “Sostanzialmente stiamo litigando per accaparrarci il gas disponibile a livello globale” e questo, come spiega l’analista, potrebbe peggiorare e acuire una crisi dei rapporti tra gli stati europei.
Trivelle e rigassificatori, sono davvero la soluzione per l’Italia?
Si lamenta spesso che l’Italia non sfrutti i suoi giacimenti nell’Adriatico, ma questi non sono una soluzione per la crisi energetica in Italia. È vero che l’estrazione di gas naturale possa raddoppiare o triplicare la produzione nazionale, ma questa è attualmente pari solo al 3-4% su 76miliardi di metri cubi consumati nel 2021, non più di tre in Italia, questo ammontare raddoppiato.
Altra storia invece sono i rigassificatori, questi importano gas liquefatto, che è più costoso, avendo un impatto sulla competitività del Paese, inoltre bisogna fare attenzione alla qualità del gas liquefatto. Quello americano è prodotto tramite con fracking, che risulta essere devastante per l’ambiente. Questo sarebbe un enorme passo indietro per la transizione ecologica.
I problemi della transizione energetica
Sono numerosi i punti critici della transizione ecologica: un passaggio lungo e costoso. Il passaggio da fonti non rinnovabili a fonti rinnovabili può vedere come punto di passaggio l’impiego del gas naturale che emette la metà della CO2 prodotta dal Carbone.
Il problema è che come evidenziato dai report dal 2021 e come è evidente anche per ciò che sta accadendo in Ucraina, molti paesi dell’Ue e gli stessi Stati Uniti sono ritornati a riutilizzare più carbone e petrolio: si stima un aumento tra il 5-7& in Ue. Un fattore questo che indica pass indietro per la transizione.
Infine, come ricorda Floros, la transizione energetica ed ecologica non tiene conto di un altro importante aspetto: il bisogno delle materie prime per realizzare panelli fotovoltaici e non solo. Questo comporterà un aumento ulteriore di tensioni e problematiche geopolitiche sullo sfondo di una crisi energetica e climatica che avanza.
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