Smart working: ci sono alcuni settori per i quali il lavoro da casa ha significato indirettamente una crisi destinata a crescere. Vediamo quali aziende rischiano.
Smart working: alcuni settori più di altri rischiano la crisi e sono destinati ad accusarla in modo preponderante nei prossimi mesi.
Non stiamo parlando delle aziende che in prima persona hanno fatto ricorso e ricorrono allo smart working per l’emergenza COVID-19, bensì a tutti i settori che ruotano intorno a quelle aziende.
In particolare si parla di ristorazione, trasporti locali come anche il settore delle pulizie e immobiliare.
Molti lavoratori rischiano di trovarsi senza lavoro nelle prossime settimane, specie a settembre quando solitamente è previsto il rientro sul posto di lavoro dopo le ferie d’agosto.
D’altronde lo stesso sindaco di Milano Beppe Sala ha ribadito la necessità di rientrare in ufficio abbandonando lo smart working.
Vediamo nel dettaglio quali sono i settori che rischiano la crisi a causa dello smart working, quali sono i lavoratori minacciati secondo i dati in merito.
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Smart working: i settori che rischiano la crisi
A causa dello smart working e degli uffici che si svuotano alcuni settori sono destinati a una crisi che potrebbe durare per tutto il 2020.
Ci sono in particolare quattro settori che nel dettaglio risultano più in crisi di altri e secondo quanto riporta il Sole24Ore si tratterebbe, come anticipato, del trasporto locale, ristorazione aziendale, servizi immobiliari e pulizie.
Per quanto riguarda i trasporti locali si stima che nel periodo che va da gennaio ad agosto 2020 si è vista una riduzione del numero dei passeggeri rispetto allo stesso periodo 2019 determinata proprio dallo smart working in lockdown e nel periodo successivo.
A dare questi numeri, come il quotidiano economico sottolinea, è Anav, l’associazione delle aziende di trasporto pubblico locale. La stessa associazione prevede che tra settembre e dicembre con la riapertura delle scuole e la distanza da rispettare sui mezzi la riduzione sarà incrementata di un ulteriore 30%.
Per le aziende dei trasporti significa perdite sulle vendite dei biglietti che ad agosto valgono 1.300 milioni di euro e che a fine anno potrebbero superare il miliardo. A queste mancate entrate si aggiungono i 150 milioni di rimborso per i biglietti venduti.
Lo smart working, che dovrebbe essere favorito per il perdurare dello stato di emergenza, ha un impatto forte anche sui servizi di ristorazione per le aziende.
La crisi delle mense a causa dello smart working prolungato è visibile nei 340 milioni di pasti in meno serviti e con una stima dei ricavi per il 2020 di 2,7 miliardi rispetto ai 4 dello scorso anno.
Non solo va considerato che ci sono molti lavoratori in esubero o in cassa integrazione con un’età media di 50 anni e che risultano pertanto anche difficilmente ricollocabili.
Non solo perché agli uffici è legato anche il settore immobiliare che farebbe registrare un calo del fatturato tra il 5 e il 10% a causa del ricorso allo smart working.
In ultimo la crisi riguarda il settore delle pulizie anche se questo riesce a mitigare il colpo con le operazioni di sanificazione per l’emergenza COVID-19 cui le aziende ricorrono. La riduzione del personale negli uffici per smart working fa comunque stimare un calo del 15% del fatturato delle imprese di pulizie nel 2020.
Smart working: i lavoratori a casa
Lo smart working determina una crisi di alcuni settori perché sono moltissimi i lavoratori a casa e che continueranno a starci per altro tempo. Come riporta sempre il Sole24Ore il ministero del Lavoro stima 800mila dipendenti privati che ancora sono in smart working, ma ovviamente i dati non sono attendibili dal momento che riguarda solo le comunicazioni aziendali pervenute.
A questi cui si aggiungono i dipendenti pubblici cui si arriva a 3 milioni e mezzo di lavoratori che prestano servizio da casa. La presidente dell’associazione dei direttori del personale Aidp, Isabella Covili Faggioli ha dichiarato in merito:
“Nei prossimi mesi lo smart working sarà confermato in tantissime aziende, fino a quando saremo usciti definitivamente dall’emergenza pandemica. La nostra previsione è che per circa il 20/30 per cento delle imprese sarà strutturale, ovviamente con livelli di diffusione molto diversi da quelli sperimentati in emergenza e con differenze settoriali molto marcate.”
Strutturale o meno lo smart working sembra rompere alcuni equilibri finora conosciuti, mette in crisi i settori che ruotano intorno agli uffici, ma è anche un’occasione per ripensare il lavoro, la produzione e il tempo del singolo.
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