Allarme World Bank: i soldi destinati ai Paesi in via di sviluppo finiscono in paradisi fiscali e conti off shore delle élite economiche. Il report
Se una parte degli aiuti finanziari destinati ai Paesi in via di sviluppo venisse in qualche modo dirottata nei paradisi fiscali? La domanda ha trovato ampio spazio in un allarmante report circolato nei corridoi della World Bank.
Stando a quanto riportato in mattinata da Open, che ha citato sia l’Economist che il blog Alphaville, il documento avrebbe messo in imbarazzo la Banca Mondiale tanto da spingerla a censurare la donna che ha supervisionato l’opera, Penny Goldberg, ex capo economista dell’istituzione, che ha annunciato le proprie dimissioni poco tempo fa.
I dati emersi dal report non hanno lasciato spazio a dubbi o interpretazioni di sorta: una fetta degli aiuti finanziari della World Bank destinati ai Paesi in via di sviluppo finisce per arrivare nei paradisi fiscali.
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L’esito della ricerca ha dimostrato che soltanto una parte dei fondi provenienti dalla World Bank finisce oggi nelle casse dei diretti destinatari (i Paesi in via di sviluppo). Dove va allora il resto dei soldi?
“I nostri risultati documentano in modo chiaro e solido che gli esborsi di aiuto sono associati all’accumulo di ricchezza nei conti offshore”,
ha tuonato il report.
Per arrivare alle conclusioni citate lo studio ha preso in considerazione sia le informazioni trimestrali di 22 Paesi che ricevono gli aiuti, sia i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) riguardanti i flussi tra i beneficiari e i cosiddetti tax heaven.
Dalla ricerca è emerso che, a fronte di un aiuto in entrata in un determinato Paese povero si è assistito a un aumento dei suoi depositi in luoghi quali la Svizzera, le Isole Cayman, Singapore e il Lussemburgo.
In un arco di tempo compreso tra il 1999 e il 2010, in media il 7,5% degli aiuti erogati è finito in paradisi fiscali. Ma non è finita.
Più un Paese ha beneficiato di aiuti finanziari, più la percentuale di “denaro scomparso” è salita fino a toccare massimi del 15%. La media dei depositi esteri totali è stata di $199 milioni.
Per confermare la tesi secondo cui il denaro sia davvero quello proveniente dalla Banca Mondiale, il report di Jørgen Juel Andersen, Niels Johannesen e Bob Rijkers ha messo in luce un collegamento temporale tra i fondi in entrata e quelli finiti off shore e ha sottolineato la mancanza di veri e propri controlli su pratiche di questo tipo.
“I beneficiari del denaro che fluisce verso i paradisi al momento dell’erogazione degli aiuti appartengono alle élite economiche”,
si legge ancora nel report che tuttavia ha confermato l’impossibilità di identificare con precisione chi stia muovendo i soldi.
Molto probabilmente il report scatenerà non poche polemiche soprattutto tra le file dei politici e dei donatori che minacceranno forse di tagliare i fondi. D’altronde, a chi piacerebbe sapere che il 75% del proprio finanziamento non è arrivato a destinazione ma si è perso per paradisi fiscali?
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