Solleciti, preavvisi e avvisi dell’Agenzia delle entrate, cosa sono, differenze e cosa fare?

Nadia Pascale

12 Giugno 2024 - 09:15

In caso di mancato adempimento l’Agenzia delle Entrate ha diversi strumenti per invitare il contribuente ad adempiere. Non può però usarli a caso. Ecco quando si usano preavvisi, avvisi e solleciti

Solleciti, preavvisi e avvisi dell’Agenzia delle entrate, cosa sono, differenze e cosa fare?

Cosa succede in caso di mancato pagamento di cartelle esattoriali? La risposta è molto semplice. L’Agenzia delle Entrate invia al contribuente preavvisi, avvisi, solleciti, intimazioni di pagamento, ma quando sono usati questi strumenti? Quali sono le differenze? Cosa deve fare un contribuente che riceve avvisi, solleciti o dell’Agenzia delle Entrate?

Ecco una pratica guida agli strumenti (preavvisi, avvisi, solleciti di pagamento e intimazione), di cui l’Agenzia delle Entrate dispone per invitare, in maniera più o meno forte, il contribuente ad adempiere.

Sollecito di pagamento: cos’è e quando si usa

Come sappiamo, negli ultimi anni l’Erario è sempre più concentrato su un recupero amichevole delle somme che i contribuenti devono versare. Solleciti, preavvisi, avvisi, intimazioni di pagamento, sono gli strumenti utilizzati per ricordare al contribuente che un pagamento previsto non è stato effettuato e che ci sono rimedi per regolarizzare la posizione prima che inizino le procedure esecutive.

Il sollecito di pagamento è una sorta di promemoria recapitato al contribuente con posta semplice. La normativa (articolo 1, comma 544, della legge n. 228/2012) prevede che quando il debito fiscale del contribuente è inferiore a 1.000 euro vi è il divieto di iniziare procedure esecutive e cautelari se non in seguito all’invio di un sollecito di pagamento che invita il contribuente a regolarizzare la posizione entro 120 giorni dal ricevimento del sollecito.

Il sollecito contiene:

  • indicazione delle modalità per effettuare il versamento;
  • indicazione per rateizzare gli importi da pagare;
  • dettaglio degli importi da pagare;
  • descrizione della tipologia di crediti in riscossione;
  • anno di riferimento;
  • ente creditore.

Preavviso di fermo amministrativo, in quali casi e quali limiti vi sono per l’Agenzia delle Entrate?

La seconda tipologia di atto è il preavviso di fermo (articolo 86, del Dpr n. 602/1973) la funzione è molto simile a quella prevista per il sollecito, ma in questo caso si comunica al contribuente che se non provvederà al versamento di quanto dovuto, sarà applicato il fermo amministrativo sul veicolo. La procedura può essere attivata su beni mobili registrati iscritti nei pubblici registri.
Il preavviso concede al debitore 30 giorni dalla notifica per mettersi in regola e contiene l’avvertenza che, trascorsi i 30 giorni senza che vi sia stato pagamento oppure una richiesta di rateizzazione o sospensione della riscossione nei casi previsti dalla legge, nonché un annullamento del debito, si procederà, senza ulteriori comunicazioni, all’iscrizione del fermo amministrativo nel Pubblico registro automobilistico (Pra).

Si può evitare il fermo dimostrando che il bene è strumentale all’esercizio della professione oppure dimostrando che il veicolo è in uso a una persona diversamente abile.
Anche in questo caso nella comunicazione devono essere date indicazioni utili al contribuente come:

  • indicazione dell’importo;
  • anno di imposta;
  • tipologia di debito fiscale;
  • ammontare del debito fiscale;
  • ente creditore.

In questo caso nella indicazione deve essere compreso anche l’indicazione dell’ente giurisdizionale al quale è possibile proporre ricorso e i termini.

Preavviso di ipoteca, in quali casi l’Agenzia può disporlo?

Il preavviso di ipoteca è simile, ma viene iscritto su beni immobili e non su beni mobili registrati ed è disciplinato dall’articolo 77 del Dpr 602 del 1973. Il preavviso invita il debitore proprietario di un immobile a pagare le somme dovute entro 30 giorni, dopo i quali si procederà all’iscrizione di ipoteca vera e propria.

Il contribuente, oltre a versare le somme può avere altri comportamenti concludenti con cui manifesta la volontà di pagare il dovuto e quindi chiedere una rateizzazione degli importi oppure chiedere provvedimenti di annullamento o sospensione.
Nel caso in cui il contribuente non si attivi in alcun modo, si procede con l’iscrizione dell’ipoteca alla conservatoria competente.

L’ipoteca può essere iscritta solo nel caso in cui il debito fiscale abbia un importo superiore a 20.000 euro. L’iscrizione di ipoteca viene comunicata al contribuente con una apposita comunicazione, inviata tramite raccomandata a/r.

Intimazione di pagamento: l’ultima possibilità dell’Agenzia delle entrate

Infine, c’è l’avviso di intimazione, si tratta di una misura eccezionale messa in atto nel caso in cui il contribuente/debitore abbia lasciato trascorrere più di un anno dal ricevimento della cartella di pagamento senza versare il dovuto e senza proporre atti volti a manifestare la volontà di disconoscere l’atto, ad esempio un ricorso giurisdizionale.

Nell’avviso sono concessi al debitore 5 giorni di tempo dalla notifica per adempiere. Nel momento in cui si riceve l’avviso, oltre a effettuare il pagamento si può tenere un altro comportamento concludente, ad esempio la richiesta di rateizzazione delle somme a debito o la sospensione della riscossione nei casi previsti dalla legge.

L’avviso di intimazione perde efficacia nel caso in cui trascorra un anno dalla notifica senza che l’ente procedente metta in atto procedure di recupero del credito.

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