Questa esclusione appare ancora più discutibile se si considera che altri costi bancari, come le commissioni sui conti correnti e sulle carte di credito, sono inclusi nel paniere dell’inflazione.
Se c’è una cosa che abbiamo imparato dalle notizie dei giorni scorsi, è che il vero nemico del potere d’acquisto non sono i mutui alle stelle o le rate dei prestiti raddoppiate negli ultimi due anni, ma… il prezzo del cono gelato!
Mentre milioni di italiani continuano a fare i conti con le rate cresciute negli ultimi 24 mesi più del livello del mare, i dati ufficiali sull’inflazione si concentrano sull’aumento del costo del dessert estivo. Certo, una pallina di pistacchio a 3 euro può essere fastidiosa, ma davvero pesa più delle centinaia di euro in più che ogni mese finiscono nelle tasche delle banche?
Eppure, secondo l’ISTAT e i criteri ufficiali dell’Eurostat, l’inflazione misura solo il costo della vita legato ai beni di consumo, lasciando fuori gli interessi bancari. Così, mentre il mutuo risucchia stipendi come un buco nero, l’aumento della coppetta da 5 a 6 euro diventa una questione di stato. Non sarà forse il caso di rivedere i parametri con cui calcoliamo il costo della vita?
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