In quali casi trasferimenti di denaro insospettiscono l’Agenzia delle Entrate e spingono il Fisco a chiedere informazioni alla banca? Vediamo cosa evitare.
Se hai trasferito denaro l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedere informazioni alla banca. Fermo restando che in alcuni casi è la stessa banca a comunicare all’amministrazione tributaria i rapporti bancari e le movimentazioni, ci sono casi particolari in cui si va a scavare nei conti correnti per andare a scoprire l’eventuale evasione fiscale.
Chi può avere accesso alle informazioni che riguardano i conti bancari? Esiste una sicurezza e una privacy per i correntisti? In Italia, e questo va sottolineato subito, non esiste il segreto bancario e diversi soggetti possono avere accesso alle informazioni che riguardano i conti degli italiani anche senza una specifica autorizzazione. Questo significa che chiunque può spiare il conto corrente di un altro? Non proprio visto che le procedure di verifica e di controllo sono disciplinate dal Testo Univo Bancario che tutela i dati personali e i dati sensibili dei correntisti (come ad esempio etnia, religione, opinioni politiche, stato di salute ed orientamento sessuale).
Al di là dei dati sensibili, però, l’Agenzia delle Entrate può controllare il conto corrente di un contribuente per verificare, in caso di sospetta evasione fiscale, che quanto contenuto nella dichiarazione dei redditi risponda al vero.
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Nella maggior parte dei casi bisogna stare tranquilli: le normali transazioni bancarie non destano preoccupazione nell’amministrazione tributaria. Bonifici ricorrenti in entrata e in uscita per il versamento dello stipendio o per il pagamento dell’affitto, infatti, sono transazioni che non destano sospetti. Esistono, però, delle circostanze particolari per le quali le banche sono tenute a fornire tutte le informazioni del caso.
Anche se non sempre queste transazioni sfociano in un controllo immediato, transazioni sospette frequenti possono portare a un approfondimento da parte dell’Agenzia delle Entrate per il controllo della provenienza del denaro.
Quali sono le transazioni che, se ripetute nel tempo possono essere considerate sospette? Bonifici di importi ingenti senza una motivazione plausibile o trasferimenti, anche di importi modici, effettuati di frequente che se sommati hanno un valore importante potrebbero far scattare qualche campanello di allarme. Destano sospetto, inoltre, anche i bonifici per i quali non si può giustificare la finalità della transazione.
Trasferimenti di denaro, cosa allarma il Fisco?
Pensiamo ai bonifici ricorrenti, effettuati senza un motivo ben preciso nei confronti di una terza persona con una certa regolarità. Destano sospetto, soprattutto se tra chi ordina il bonifico e chi lo riceve, non c’è rapporto di parentela perché potrebbero mascherare compensi per un lavoro in nero o per il pagamento di un canone di affitto con contratto non dichiarato.
L’Agenzia delle Entrate potrebbe considerare questi trasferimenti di denaro come non conformi con la normativa fiscale e procedere con delle verifiche al riguardo. Per non avere problemi con il Fisco è sempre bene conservare una documentazione dettagliata che giustifichi il trasferimento di soldi per importi elevati o bonifici ricorrenti.
Cosa devono comunicare gli operatori finanziari all’Agenzia delle Entrate?
Premettendo che i dati contabili hanno un termine massimo di conservazione di 10 anni, si deve tenere presente quello che prevede la legge in ambito di comunicazioni all’Anagrafe tributaria. Il Decreto “Salva Italia” del 2011 ha introdotto l’obbligo per gli operatori finanziari di comunicare le informazioni sui saldi e sulle movimentazioni dei cosiddetti rapporti attivi. Banche e altri operatori finanziari, però, sono tenuti alla comunicazione delle operazioni finanziari effettuate al di fuori di un rapporto continuativo (i dati anagrafici dei titolari e dei soggetti coinvolti, compreso il codice fiscale, devono essere archiviati e conservati per 10 anni).
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