La riforma fiscale, comprendente la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3, rischia di non essere conveniente per tutti i lavoratori dipendenti: ecco chi ci potrebbe rimettere.
La prossima settimana il disegno di legge delega sulla riforma del fisco approderà in Consiglio dei ministri. Il governo, attraverso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, parla di un processo di riduzione del carico fiscale che verrà avviato ora, ma sarà graduale. L’unica certezza è che l’esecutivo vuole ridurre gli scaglioni Irpef, passando da quattro a tre.
La riforma richiederà uno stanziamento importante di risorse, che potrebbero arrivare dalla revisione e dalla riduzione delle detrazioni e deduzioni: in pratica ci saranno meno bonus e agevolazioni fiscali, che attualmente pesano sul bilancio dello Stato per 156 miliardi di euro, come spiegato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo.
La riforma si concentrerà sulle nuove aliquote Irpef, ma non solo. L’intenzione del governo è di superare anche l’Irap, con nuovi meccanismi di tassazione per le imprese e il taglio dell’Ires per chi investe in occupazione e non solo. L’Irpef, nel 2022, ha fruttato allo Stato 205 miliardi di euro, di cui 81 provenienti dai dipendenti pubblici e 85 da quelli privati. È la prima voce di entrate tributarie. Ma cosa cambierà con la riforma dell’Irpef, chi ci guadagnerà e chi ci perderà di più sul fronte stipendi?
Fisco, gli scaglioni e le aliquote Irpef oggi
La novità principale della riforma fiscale riguarda gli scaglioni e le aliquote Irpef. Attualmente gli scaglioni sono quattro e le aliquote sono fissate in questo modo:
- Al 23% per i redditi fino a 15mila euro;
- Al 25% per i redditi tra 15mila e 28mila euro;
- Al 35% per i redditi tra 28mila e 50mila euro;
- Al 43% per i redditi oltre i 50mila euro.
Riforma fiscale, chi potrebbe rimetterci con la nuova Irpef
Al momento sono due le ipotesi più probabili sulla riforma degli scaglioni e delle aliquote Irpef. La prima prevede tre aliquote: al 23%, al 27% e al 43%. Per lo Stato avrebbe un costo di 10 miliardi di euro. Il primo scaglione resterebbe uguale, con il 23% fino a 15mila euro.
Il secondo e il terzo scaglione attuali verrebbero accorpati: da 15mila a 50mila euro l’aliquota sarebbe del 27% o del 28%. Il terzo scaglione (sopra i 50mila euro) resterebbe al 43%. Se questa fosse la versione finale della riforma, a rimetterci sarebbe chi guadagna tra i 15mila e i 28mila euro, andando a pagare il 2% o il 3% in più di oggi. Invece chi guadagna tra i 28mila e i 50mila euro pagherebbe il 7% o l’8% in meno di Irpef.
Nuove aliquote Irpef, chi ci guadagnerebbe
La seconda ipotesi prevede sempre tre aliquote: al 23%, al 33% e al 43%. Costerebbe allo Stato sei miliardi. Il primo scaglione verrebbe esteso fino a 28mila euro di reddito, con aliquota al 23%: chi guadagna tra i 15mila e i 28mila euro avrebbe uno sconto sulle tasse del 2%.
Il secondo scaglione andrebbe dai 28mila ai 50mila euro, con aliquota al 33%: l’Irpef scenderebbe del 2% per chi rientra in questa fascia. Infine non cambierebbe nulla - con aliquota sempre al 43% - per chi ha redditi superiori ai 50mila euro.
Quando entrerà in vigore la riforma fiscale
La riforma del fisco dovrebbe arrivare in Cdm la prossima settimana, ma i tempi per l’approvazione definitiva e l’entrata in vigore saranno molto più lunghi. La legge delega va prima in Parlamento, che ha a disposizione 12 mesi per la sua approvazione. Poi, una volta chiusa la partita parlamentare, si torna al governo per l’emanazione dei decreti attuativi. In più è probabile che si attenda la legge di Bilancio per la parte relativa ai finanziamenti: è quindi probabile che la riforma fiscale non sia in vigore prima del 2024.
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