L’Italia conferma record negativi nell’ambito dei salari: la busta paga reale è la peggiore del G20, di quanto è diminuita? Il report dell’ILO lo ha evidenziato.
Stipendio reale in Italia: quanto vale davvero? Una domanda più che mai attuale in questo periodo di crisi dominato da un’inflazione elevata e duratura che sta erodendo il potere di acquisto.
Il nostro Paese non brilla per l’evoluzione dei salari, rimasti fermi rispetto agli altri Paesi europei, addirittura diminuendo - unico caso della regione - dal 1990 al 2020.
L’ultima indagine dell’ILO (Organizzazione internazionale del Lavoro) ha confermato la pessima performance italiana in tema di retribuzioni, relegando all’ultimo posto la nostra nazione in ambito di perdita di potere di acquisto in 14 anni.
Ciò significa che siamo sul podio per la maggiore caduta del valore delle buste paga reali. In un grafico, emerge il record negativo nel G20 dell’Italia.
Italia: quanto potere di acquisto ha perso la busta paga reale? C’è il record
Il documento ILO sulle retribuzioni globali 2022-2023 non ha lasciato dubbi sulla situazione italiana: dal 2008 al 2022 l’impatto dell’inflazione e del Covid su salari e potere d’acquisto è stato drammatico nel nostro Paese.
C’è un grafico assai efficace nel mostrare il record negativo dell’Italia nel gruppo delle economie del G20:
La linea più discendente è quella del Belpaese. La sua traiettoria in caduta libera dal 2008 (anno base con valore 100) si traduce in una conclusione semplice: nell’arco temporale indicato (dal 2008 al 2022) la busta paga reale del Paese ha perso il 12% di valore, ovvero di potere di acquisto.
Da evidenziare che, per busta paga o stipendio reale, si intende la retribuzione nominale (quanti soldi ricevuti al mese come stipendio) sottraendo però gli effetti dell’inflazione. Si ottiene, così, il salario reale corrispondente a quanto, con quella stessa somma ricevuta, il lavoratore può acquistare in beni e servizi. Se la retribuzione rimane sempre la stessa nel tempo, anche con prezzi che crescono, il potere di acquisto si erode, proprio come evidenziato dai dati.
Anche tra i membri Ocse l’Italia è il fanalino di coda: nel periodo 1990 - 2020 il potere d’acquisto perso è stato del 2,9%, in confronto con aumento medio nell’area euro del 22,6%.
Prezzi sempre più in crescita, politiche sul lavoro ferme, riforme e adeguamenti dei salari soprattutto più bassi hanno costruito il record. Intanto, però, crescono nuove emergenze nel Paese come la povertà energetica, quella sanitaria, quella abitativa che accomuna persone, spesso anche con un lavoro, ma che non riescono a far fronte a spese per riscaldamento, medicine, mutui o affitti.
La povertà lavorativa è un nuovo e pericoloso disagio dell’Italia, mentre i prezzi crescono nelle categorie essenziali, quali benzina, gas, trasporti, mutui, alimenti.
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