Quando si sceglie tra comunione e separazione dei beni bisogna tener conto di una serie di fattori. Ad esempio su quali sono le conseguenze per lo stipendio.
I riflessi della comunione dei beni sullo stipendio dei coniugi sono motivo di dubbi e preoccupazione per molte coppie, soprattutto quando la vita matrimoniale prende una piega inaspettata. Si pensi, per esempio, al coniuge che spende tutto per sé a dispetto dei bisogni familiari o, al contrario, a chi nega all’altro di utilizzare il denaro per le necessità personali. In caso di separazione, poi, capire come dividere gli eventuali risparmi è un problema ulteriore.
Spesso ci si trova in questa situazione perché gli aspetti legati ai regimi patrimoniali non vengono approfonditi con cura prima del matrimonio, finché appunto non sorgono problemi e incomprensioni.
La comunione dei beni, peraltro, è il regime legale in Italia già da diverso tempo e per questo non richiede alcun procedimento da parte dei futuri sposi, per quanto possa essere variato in qualsiasi momento. Scopriamo in che misura lo stipendio rientra nella comunione dei beni.
Lo stipendio rientra nella comunione dei beni?
La comunione dei beni fa sì che i coniugi siano entrambi titolari di crediti e debiti in egual misura, in una condivisione quasi totale del patrimonio.
La maggior parte dei beni acquistati dopo il matrimonio e del denaro ottenuto sono parte della comunione, ma la legge prevede anche delle eccezioni. Le donazioni, le eredità e i risarcimenti, per esempio, non rientrano nella comunione dei beni ma restano di proprietà esclusiva del titolare. Esiste quindi la regola generale della comunione e i beni, individuati precisamente dalla legge, che ne sono esclusi. Per quanto riguarda, lo stipendio, tuttavia, ci si trova davanti a un caso particolare.
Lo stipendio non entra nella comunione dei beni come altre proprietà dei coniugi, perciò soltanto il lavoratore può disporne e l’altro non può pretenderne il 50% o qualsiasi altra percentuale. I soldi provenienti dallo stipendio, tuttavia, vengono considerati in comunione dei beni al momento in cui questo regime patrimoniale si scioglie, dunque in caso di separazione o decesso di un coniuge. Tecnicamente si parla in proposito di comunione residuale o de residuo.
La comunione residuale dello stipendio
In base alla regola della comunione residuale, se il coniuge ha speso tutto il denaro proveniente dagli stipendi (o in genere dall’attività lavorativa) prima della separazione, l’altro non ha diritto alla restituzione, nemmeno parziale delle somme. Il coniuge superstite o separato può però rivendicare la propria metà dei soldi al momento dello scioglimento della comunione, per esempio il 50% della liquidità sul conto corrente. Allo stesso modo, il coniuge non ha diritti su beni e servizi che l’altro ha acquistato con quelle somme.
La regola della comunione residuale, per la quale i beni entrano in comunione solo quando presenti al momento dello scioglimento, si applica a tutti i proventi (incluse le parcelle del professionista, gli utili dell’attività d’impresa e così via) e anche ai frutti civili, vale a dire:
- canoni di locazione, purché percepiti da immobili personali non in comunione;
- dividendi di azioni personali;
- frutti del diritto d’autore o di un’opera d’ingegno.
Posso spendere tutto lo stipendio durante il matrimonio?
Le particolari regole previste per la comunione dello stipendio, inclusa la possibilità di sottrarre i risparmi all’altro coniuge spendendoli prima dello scioglimento, non autorizza a sperperare il denaro in modo discrezionale.
Per quanto lo stipendio sia personale, infatti, deve assolvere come priorità al mantenimento della famiglia. Ogni coniuge è chiamato a tale obbligo, cui deve adempiere in misura proporzionale alle proprie capacità e possibilità. In modo semplicistico: chi guadagna di più deve farsi maggiormente carico delle spese familiari, tenuto conto anche degli accordi della coppia.
Lo stipendio è liberamente gestibile soltanto dopo aver provveduto al dovere di contribuzione verso la famiglia, potendo di fatto accrescere la comunione con ulteriori beni della coppia. È inoltre opportuno ricordare che la violazione degli obblighi di assistenza familiare oltre a esser motivo di addebito della separazione è un reato. La fattispecie penale, tuttavia, rileva soltanto quando effettivamente la famiglia è stata costretta in stato di bisogno.
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