Finisce definitivamente il passaggio del gas russo all’Europa tramite l’Ucraina. Quali sono le conseguenze per l’Italia?
Come vi avevamo anticipato, è stato definitivamente chiuso il passaggio del gas russo all’Europa attraverso l’Ucraina. Il 31 dicembre 2024, infatti, è scaduto l’accordo tra Mosca e Kiev, peraltro per volontà di quest’ultima che non ha voluto trattare per rinnovare l’accordo. Nonostante il rifornimento di gas russo fosse già diminuito, tanto più per la parte che si affida ai gasdotti sul suolo ucraino, la chiusura totale dei rubinetti porta un grosso cambiamento.
Da oggi in poi l’unico canale di passaggio per il gas russo in Europa è rappresentato dal gasdotto Turkstream, che passa attraverso Turchia, Serbia e Bulgaria. Dall’inizio del conflitto l’Unione europea si è attivata meticolosamente per ridurre la dipendenza dalle risorse russe, importandone ad ora solo una minima parte del proprio fabbisogno totale. Il problema principale, che non arriva certo inaspettatamente, riguarda i riflessi nel panorama geopolitico, nonché l’effetto sul costo della materia prima.
Stop gas russo all’Europa via Kiev
Il presidente Zelensky ha messo un punto definitivo al transito del gas russo sul suolo ucraino, portando avanti una questione importante di principio nei confronti del Cremlino. Per far valere la propria posizione e l’indipendenza dalla Russia, l’Ucraina ha infatti rinunciato a un introito di circa 800 milioni di dollari l’anno. Da oggi, 1° gennaio 2025, Kiev non avrà più diritto alle tasse di transito, in quanto il passaggio è stato chiuso definitivamente. Anche per Gazprom la scadenza del contratto di fornitura è un (anticipato) fulmine a ciel sereno, dovrà infatti fare i conti con una riduzione delle entrate per circa 5 milioni di dollari annuali.
Numeri significativi, nonostante la fornitura russa all’Europa fosse già stata preventivamente ridimensionata. Il passaggio attraverso i gasdotti di Kiev concordato nell’accordo appena terminato rappresentava circa il 5% delle importazioni totali di gas dell’Europa, che ha lavorato minuziosamente per ridurre la dipendenza energetica da Mosca.
Negli ultimi 3 anni la maggior parte dei Paesi comunitari è riuscita a pianificare percorsi alternativi e a diversificare le importazioni, principalmente con il gas naturale liquefatto (Gnl) dagli Stati Uniti. Non meno importanti, poi, i rifornimenti previsti da Grecia, Turchia e Romania attraverso la rotta trans-balcanica. Gli esperti non sono quindi eccessivamente preoccupati, anche perché gli economisti non prevedono significativi effetti sui prezzi.
Allo stesso tempo, non si possono ancora escludere delle criticità nel riempimento degli stoccaggi europei in tempo per il nuovo inverno, con i prezzi del gas che restano ancora a livelli alti, sebbene scesi rispetto ai picchi straordinari raggiunti nel 2022 con lo scoppio del conflitto.
Cosa cambia per l’Italia?
Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, è piuttosto sicuro del lavoro fatto dal governo per l’indipendenza italiana dal gas russo. L’impegno di questi ultimi mesi, in particolare, ha garantito il completo riempimento degli stoccaggi di gas entro il 1° novembre. Le scorte presenti, inoltre, sarebbero a un livello adeguato. Nonostante ciò, per avere maggiore sicurezza, il Mase sta cercando di implementare le giacenze di gas per affrontare la stagione invernale in tutta tranquillità.
Questa visione positiva è data anche dall’arrivo di un’ulteriore nave rigassificatrice a Ravenna, previsto per i prossimi mesi, che darà un’ulteriore spinta alla capacità italiana di Gnl. Il ministro Pichetto Fratin ha comunque sottolineato la necessità di monitorare la situazione con attenzione, per tutelare i consumatori dai possibili risvolti negativi. Nel dettaglio, il governo italiano si appella all’Unione europea per l’adozione del price cap, che garantirebbe un’omogenea e soprattutto equa tutela a tutti gli Stati comunitari.
L’Unione europea, nel frattempo, si prepara a diversificare ulteriormente l’approvvigionamento. Il minimo impatto conseguente allo stop del transito russo dovrebbe infatti essere abbondantemente compensato da ben quattro rotte alternative, che dovrebbero garantire la piena copertura di tutti i Paesi europei. Resta in ogni caso opportuno attenzionare i prossimi sviluppi.
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