Tassa ai giganti del web: in Francia vale 500 milioni di euro l’anno

Marco Ciotola

7 Marzo 2019 - 23:07

Secondo il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire è vicinissima una legge che introdurrà imposte per i colossi del web, commisurate al guadagno sul territorio. A quando una misura simile in Italia?

Tassa ai giganti del web: in Francia vale 500 milioni di euro l’anno

È in arrivo in Francia una legge che garantirà misure più precise e severe sulle tasse a carico dei giganti del web. Il valore? Almeno 500 milioni di euro all’anno.

A garantirlo è Bruno Le Maire, ministro delle finanze, che ha elencato tra le società interessate colossi come Google, Amazon, Facebook, Apple, Uber, Airbnb, Booking e Criteo.

La proposta, sotto forma di disegno di legge, è arrivata solo ieri alla Camera e presto giungerà in Parlamento. Il testo parla di una tassa del 3% sulle entrate francesi dei giganti di internet, destinato a società con entrate digitali a livello globale di almeno 750 milioni di euro e superiori a 25 milioni di euro sul territorio francese.

La tassa è indirizzata a circa 30 società, per la maggior parte americane, ma anche cinesi, tedesche, spagnole e britanniche, oltre a un’impresa francese e diverse compagnie con origini francesi ma acquistate da società estere.

Si tratta di una mossa derivante dall’accordo sull’asse Parigi-Berlino-Roma-Madrid del settembre 2018, quando i quattro Paesi firmarono un documento congiunto per imporre la tassazione alle aziende del comparto digitale che guadagnano in Europa ma hanno sede legale fuori dall’Ue.

Tassa ai giganti del web: in Francia vale 500 milioni di euro l’anno

Le Marie ha argomentato la mossa spiegando che un sistema di tassazione moderno deve necessariamente essere costruito facendo leva su tutto quello che costituisce valore oggi.

Ha poi parlato di un’inevitabile “giustizia fiscale”, visto che i giganti del comparto digitale pagano circa il 14% in meno di tasse rispetto alle piccole e medie imprese europee.
Un sistema di tassazione più giusto ed equo è, tra le altre cose, anche una delle richieste dei gilet gialli.

La tassa avrebbe inoltre come obiettivo la vendita di dati personali a fini pubblicitari.
Per evitare di penalizzare le società che già pagano le tasse in Francia, l’importo pagato sarà deducibile dal reddito anticipato, secondo quanto spiegato dallo stesso ministro.

Non è la prima mossa del governo francese volta a spingere le imprese con grosse entrate digitali nell’Unione europea a pagare più tasse. Tuttavia lo sforzo di Parigi in questo senso ha fatto pochi passi avanti, incontrando le spalle alzate della Germania - restia all’idea - e di tutti quegli Stati membri con aliquote fiscali basse come Lussemburgo e Irlanda, fermamente contrari.

Dalle stesse figure chiave nell’economia francese sono arrivate spinte a una giusta regolazione sul fronte fiscale. In un’intervista al settimanale Journal du Dimanche, l’amministratore delegato di Carrefour, Alexandre Bompard, ha dichiarato che è ora di mettere fine allo squilibrio fiscale tra le aziende francesi e quelle statunitensi e cinesi:

“Mettono i loro prodotti sul mercato senza neanche pagare l’imposta sul valore aggiunto e quasi nessun’altra tassa. Questo è intollerabile, chi appartiene e guadagna nello stesso giro d’affari dovrebbe pagare le stesse tasse”.

A quando una misura simile in Italia?

500 milioni di euro, per quanto si sia ancora nel campo delle previsioni, rappresentano una cifra che nessun Paese può ignorare, tantomeno l’Italia.

Anche qui le imposizioni fiscali a carico dei colossi digitali che fatturano miliardi di euro sul nostro territorio hanno ancora modalità poco definite e di sicuro totalmente insoddisfacenti per le casse dello Stato.

Solo qualche mese fa un report realizzato dall’Area Studi Mediobanca rivelava che in 5 anni i colossi tech hanno eluso almeno 71 miliardi di tasse, sfruttando il loro domicilio in Paesi dalle aliquote minime.

Nel Belpaese sono stati presi in esame 13 giganti della rete che pagano cifre ridicole rispetto a quello che fatturano. Facebook, a fronte di utili pari a 11 milioni di euro, versa nelle casse italiane solo 120mila euro, malgrado una raccolta pubblicitaria che supera abbondantemente il miliardo, tutto fatturato all’estero.

A seguito di un recente accordo col fisco, il social di Zuckerberg pagherà 100 milioni di euro di tasse, garantendo per il futuro di contabilizzare su suolo italiano i ricavi da pubblicità.
Google segna ricavi pari a 94,5 milioni di euro in Italia, versando solo 5,6 milioni di euro di tasse, e lo schema è praticamente lo stesso per tutte le altre grandi società.

Di recente dal governo gialloverde è arrivato l’annuncio di voler combattere i giganti del web obbligandoli a pagare il dovuto ed apportare la giusta contribuzione all’erario italiano rispetto ai loro enormi guadagni.

Una mossa che si sta cercando di raggiungere attraverso la cosiddetta web tax; ma - inutile dirlo - la strada sembra al momento ancora molto lunga.

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