Ultime indiscrezioni sul piano dell’esecutivo volto a chiedere al sistema bancario di blindare i conti pubblici. C’è anche l’opzione DTA.
Governo Meloni pronto a tassare le stock options delle banche?
Da Palazzo Chigi circolano nuove indiscrezioni, sulla nuova mossa a cui il governo italiano starebbe lavorando per far sì che le banche italiane corrano in soccorso delle casse malandate dello Stato.
Negli ultimi giorni si è appreso che, a quanto pare, una vera e propria tassa sugli extraprofitti delle banche, non ci sarà, così come non c’è stata d’altronde l’anno scorso, quando una versione più lieve del prelievo ha finito per annacquare il piano inizialmente concepito dal governo Meloni. Un piano, annunciato agli inizi di agosto 2023, che aveva scatenato subito il panico a Piazza Affari, affossando i titoli delle banche italiane, facendo scattare sull’attenti anche la Bce. E un piano che successivamente si è dissolto nel nulla, così come, a quanto pare, si è dissolta nel nulla l’ipotesi di nuova edizione di quel prelievo.
Dal piano strutturale di bilancio (Psb) che il titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti ha presentato alla fine di settembre ai sindacati e al governo è emersa infatti l’opzione che alle banche venga chiesto quello che è stato definito un “contributo di solidarietà”.
Ha vinto così la linea di Forza Italia, che aveva visto nel leader, vicepremier e ministro degli Affari esteri Antonio Tajani un fermo oppositore di una imposta sui cosiddetti extraprofitti delle banche. Più volte Tajani ha blindato il settore, a fronte di diversi economisti che da un anno hanno contestato la definizione stessa del termine “extraprofitti” che, in sostanza, neanche esisterebbero.
“Forza Italia è contraria a qualsiasi tassa sugli extraprofitti. Si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell’Italia. Si crei un tavolo con le banche per concordare soluzioni utili ai conti pubblici”, ha rimarcato di recente il vicepremier.
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Ma le casse dello Stato piangono, afflitte dalla piaga del debito pubblico, che l’Italia deve dimostrare di riuscire a far scendere sulla base di quanto stabilito dal nuovo Patto di Stabilità e di crescita Ue. Come d’altronde anche la Francia.
Niente tassa extraprofitti, meglio contributo di solidarietà, ma come? I rumor sulle stock options
E così, con l’opposizione del M5S e di AVS che strepita, accusando il governo di continuare a fare un favore alle banche, Meloni & Co. sono tuttora al lavoro, per cercare di definire in che cosa consisterà la ratio del contributo di solidarietà che le banche saranno chiamate a versare.
In questo contesto, in cui l’esecutivo sta valutando diverse alternative alla tassa sugli extraprofitti, sono spuntate nuove indiscrezioni riportate oggi in un articolo pubblicato sul Il Messaggero: nel mirino del governo potrebbero entrare le stock options.
Intanto è bene rispolverare il concetto di stock options: in sostanza, si tratta di strumenti di incentivazione che una banca o una qualsiasi azienda quotata in Borsa dedide di erogare a favore dei dipendenti, consentendo agli stessi di ricevere come premio azioni della stessa.
Di norma questa opzioni sono contemplate all’interno di piani ad hoc, che consentono ai dipendenti di beneficiare della facoltà di acquistare azioni già esistenti o che la società in questione decide di emettere.
Il quotidiano romano ricorda che in Italia le stock options rappresentano un costo che la banca porta in deduzione, in riferimento a piani specifici che di solito hanno una durata di 3-5 anni.
L’idea del governo Meloni sarebbe quella di posticipare la deduzione fiscale, che ora è spalmata negli anni di durata dei piani, all’ultimo anno, fattore che costringerebbe le banche italiane a pagare più tasse negli anni precedenti, contribuendo così in misura più importante alle casse dello Stato.
Il Messaggero ha precisato che, al vaglio del governo, c’è anche l’opzione di estendere la misura ad altri comparti che avrebbero incassato i cosiddetti extraprofitti.
Questa opzione, che riguarda nel caso specifico le stock options, si affianca a un’altra che l’esecutivo sta studiando per definire il contenuto del contributo di solidarietà chiesto alle banche: quella che ha per oggetto invece le Dta (Deferred tax asset): si tratta di imposte che gli istituti di credito hanno già versato relativamente a svalutazioni effettuate, di importi che le banche dovrebbero in teoria recuperare.
Ma il Tesoro di Giorgetti starebbe riflettendo sull’opportunità di rimandare - anche in questo caso - il momento in cui le banche potranno recuperare tali imposte, sempre nell’ottica di imporre più tasse al settore.
Nel frattempo, l’ipotesi di un contributo di solidarietà che possa passare per le stock options non spaventa più di tanto i titoli delle banche italiane, che riportano oggi a Piazza Affari un trend contrastato.
A fronte di un trend del Ftse Mib al ribasso i titoli Banco BPM e Bper si confermano tra le azioni migliori del Ftse Mib, con rialzi rispettivamente pari a +0,68% e + 0,22%, mentre UniCredit sale poco più dello 0,20%. In ribasso invece Intesa SanPaolo e Mps-Monte dei Paschi di Siena.
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