Tassa di successione, cos’è e come funziona

Patrizia Del Pidio

6 Ottobre 2023 - 15:13

Quando si riceve un’eredità potrebbe essere dovuta l’imposta di successione. Scopriamo come funziona, come si calcola e chi la paga oltre al meccanismo alla base delle sue regole.

Tassa di successione, cos’è e come funziona

Tassa di successione: cos’è e come funziona? Si tratta di una domanda che prima o poi tutti si pongono quando sono in procinto di ricevere un’eredità chiedendosi anche quanto sarà salata.

A sorpresa, però, questa p un imposta che in Italia pesa pochissimo e che nella maggior parte dei casi neanche è dovuta perché sono previste delle franchigie piuttosto elevate che portano al pagamento della tassa solo chi riceve dei lasciti molto elevati. Facciamo il punto della situazione in proposito per capire come funziona.

Cos’è la tassa di successione?

L’imposta si applica ai beni immobili e ai diritti reali immobiliari ricevuti in eredità, dopo aver presentato la dichiarazione di successione. Le franchigie ed il sistema ad aliquote differenziato in ragione del soggetto beneficiario dell’eredità influenzano il calcolo della tassa dovuta.

Analizziamo quindi cos’è e come funziona la tassa di successione.

Tassa di successione: cos’è e come funziona

È stata emanata nel 1862, subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia, la prima legge in materia di tassazione dei beni ricevuti in eredità. Prima dell’unificazione, in ogni provincia era previsto un sistema specifico: era prevista l’esenzione totale al Sud mentre, ad esempio, l’imposta dovuta era particolarmente rigorosa in Piemonte e Lombardia.

Ad introdurre l’imposta sulle successioni e sulle donazioni così come la conosciamo oggi è stato il DPR n. 637 del 26 ottobre 1972, poi sostituito dal Testo Unico approvato dal Decreto Legislativo n. 346 del 31 ottobre 1990.

Abrogata dal Governo Berlusconi con la legge n. 383/2001 e successivamente introdotta dal Governo Prodi, l’attuale impianto della tassa sulle successioni è quello disegnato dai commi da 47 a 51 dell’articolo 2 del decreto legge n. 262 del 2006, che ha introdotto il sistema di aliquote e franchigie a oggi applicato.

Ma cos’è la tassa di successione di cui tanto si parla? Si tratta di un’imposta che colpisce i trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte. Si tratta, semplificando, della “tassa sull’eredità”.

Come funziona la tassa di successione: quando si paga, aliquote e franchigie

Per capire come funziona e quando si paga, è necessario evidenziare quelle che sono le aliquote dell’imposta sulle successioni e donazioni, applicata nel rispetto di determinate franchigie (soglie al di sotto delle quali non si paga nulla).

È l’articolo 2, comma 48 del decreto legge n. 262 del 2006 a spiegare nel dettaglio quando e quanto si paga.

L’imposta sull’eredità è calcolata secondo le seguenti aliquote:

  • del 4%, per i trasferimenti effettuati in favore del coniuge o di parenti in linea retta (ascendenti e discendenti) da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro;
  • del 6%, per i trasferimenti in favore di fratelli o sorelle da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, 100.000 euro;
  • del 6%, per i trasferimenti in favore di altri parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado, da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia;
  • dell’8%, per i trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza applicazione di alcuna franchigia.

Oltre alle franchigie di 100.000 euro e di 1 milione di euro, vi è una ulteriore franchigia, pari ad 1,5 milioni di euro, per i trasferimenti effettuati in favore di soggetti portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992.

Il sistema costruito comporta, quindi, che non sempre si paga l’imposta sull’eredità ricevuta, soprattutto in caso di trasferimenti tra coniuge, figli, fratelli o sorelle.

Quindi, se ad esempio un figlio riceve in eredità dal genitore defunto beni dal valore netto di 1 milione di euro, non è tenuto a pagare alcuna imposta allo Stato.

Aliquota Franchigia Grado di parentela
4% sull’importo eccedente la franchigia di 1.000.000 di euro per coniuge, figli e altri parenti in linea retta
6% sull’importo eccedente la franchigia di 100.000 euro per fratelli e sorelle
6% senza franchigia per altri parenti fino al 4° grado
8% senza franchigia per altri soggetti estranei
4%, 6% o 8% sull’importo eccedente la franchigia di 1.500.000 di euro per persone portatrici di handicap (in base al grado di parentela)

Tassa di successione in Italia: perché si parla di aumentarla

La tassa di successione in Italia è particolarmente generosa.

Sembra un paradosso, considerando l’elevatissima pressione fiscale che caratterizza il Bel Paese, ma l’imposta sulle successioni e donazioni va controcorrente.

Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio Conti Pubblici, il gettito derivante dalla tassa di successione ricavato nel 2018 dall’Italia ammonta a soli 820 milioni di euro, una somma molto distante rispetto a quanto incassato dagli altri Paesi europei, dove le aliquote sono più alte e le franchigie più basse.

In Francia ad esempio, nello stesso anno il gettito è stato pari a 14,3 miliardi di euro, 6,8 miliardi invece in Germania e 2,7 miliardi in Spagna. Ed è a fronte del confronto tra i dai dei Paesi a noi vicini che si sente spesso parlare dell’ipotesi di aumentare la tassa sulle successioni, anche in un contesto più generale di riforma del sistema fiscale che riduca in parallelo la pressione fiscale sui redditi da lavoro.

Aumento della tassa di successione: i pro e i contro

Quali sarebbero i pro e i contro dell’aumento della tassa sulle successioni?

I vantaggi maggiori sarebbero evidentemente per l’Erario, che potrebbe contare su un “tesoretto” aggiuntivo. In un contesto di riforma complessivo della tassazione di redditi e patrimoni, secondo un “meccanismo di vasi comunicanti”, il gettito aggiuntivo della tassa sulle grandi ricchezze potrebbe poi consentire di ridurre l’Irpef, il cuneo fiscale e le tasse che gravano su chi vuole fare impresa.

Tra le considerazioni aggiuntive a favore di un aumento ragionato della tassa sull’eredità c’è poi il rispetto del principio della progressività dettato dall’articolo 53 della Costituzione, il quale stabilisce che ogni contribuente è chiamato a fare la sua parte in base alla propria disponibilità economica. Insomma, più redditi e patrimoni sono di importo elevato, più la quota di imposte dovute dovrebbe aumentare.

Tra i contro, c’è il rischio di favorire la fuga di capitali dall’Italia, così come il disincentivo all’accumulo di ricchezza. Bisogna poi considerare che un aumento indiscriminato dell’imposta rischierebbe di essere percepita come una tassa sulle disgrazie, a danno delle famiglie colpite da morti premature e prima di aver potuto sistemare gli affari di famiglia.

Per evitare di pesare sul ceto medio, una delle proposte dell’Osservatorio sui Conti Pubblici è, ad esempio, di lasciare alte le franchigie, per evitare di tassare i trasferimenti del “ceto medio”, aumentando le aliquote sulle eredità più ricche. Inoltre, si potrebbero prevedere specifiche esenzioni in caso di eredità ricevute da minorenni o soggetti non autosufficienti.

Possibili soluzioni per le quali però appare risicata la possibilità di confronto e discussione. Ogni manovra sul Fisco in Italia finisce con l’essere strumentalizzata politicamente, ancor prima di comprenderne vantaggi e svantaggi.

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