Nel trading online con piattaforme gestite da intermediari non residenti, la dichiarazione dei redditi è a carico del contribuente. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
La tassazione del trading online rappresenta un aspetto cruciale per gli investitori che operano sui mercati finanziari senza intermediari attraverso piattaforme digitali.
Il fenomeno del TOL (Trading Online) ha portato alla diffusione di piattaforme gestite da intermediari non residenti, spingendo Consob e Agenzia delle Entrate a stabilire regole per la dichiarazione dei redditi. Gestire la tassazione dei proventi è fondamentale per rispettare le normative fiscali. La Consob ha confermato l’uso legittimo di internet per offrire servizi finanziari (Comunicazione n. DI30396 del 2000), mentre l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 71/E/2016, ha fornito indicazioni sulla tassazione del trading online.
Attraverso questa guida esaustiva, esaminiamo le principali questioni fiscali legate al trading online, offrendo indicazioni chiare e dettagliate per compilare correttamente il modello Redditi Persone Fisiche.
Quando va dichiarato il trading online?
Prima di capire quando dichiarare il trading online, è essenziale sapere che i guadagni finanziari (capital gain) sono soggetti a tassazione. All’apertura del conto, l’investitore può scegliere tra due regimi fiscali: il regime della dichiarazione, che richiede la presentazione autonoma della dichiarazione dei redditi ogni anno, e il risparmio amministrato, che delega la gestione fiscale alla banca, al promotore finanziario o al broker.
Detenere un conto di trading con un intermediario non residente in regime dichiarativo comporta sempre obblighi fiscali in Italia, anche in presenza di una minusvalenza.
Un errore comune è pensare che la mancanza di operazioni o gli investimenti minimi esentino dall’obbligo di dichiarazione, ma ciò non è corretto e può portare a sanzioni fiscali elevate in caso di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Chiunque detenga un conto di trading estero deve presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, compilando il modello Redditi Persone Fisiche per adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere tramite il quadro RW o attraverso il nuovo quadro W del modello 730/2024.
In caso di operazioni realizzative, cioè che generano un guadagno, è necessario compilare il quadro RT, RM o RL a seconda dei proventi generati. Anche in presenza di minusvalenze, l’obbligo di dichiarazione persiste, ma la corretta presentazione della dichiarazione consente il recupero delle minusvalenze per compensarle con eventuali plusvalenze future.
Va considerato che il termine “trading online” comprende una vasta gamma di investimenti finanziari detenuti all’estero, come conti titolo, azioni, obbligazioni, Forex, opzioni binarie, ETF, Bitcoin e altre valute virtuali.
Le tasse relative al conto trading vanno pagate entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento (per esempio, entro il 30 giugno 2024 per l’anno fiscale 2023). Il pagamento può essere fatto entro il 30 luglio applicando un tasso di interesse dello 0,4% sulle somme dovute.
La dichiarazione dei redditi deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate entro il 30 novembre dell’anno successivo a quello di riferimento (entro il 30 novembre 2024 per l’anno fiscale 2023).
Tipi di reddito da trading online
Nel trading online, i guadagni derivanti dalle operazioni finanziarie con intermediari non residenti sono comunemente soggetti al “regime dichiarativo”. In questo regime, l’investitore è tenuto a dichiarare annualmente tutti i proventi generati. Questi guadagni possono rientrare principalmente in due tipologie di reddito:
Redditi di capitale: questi proventi derivano dall’investimento di capitale e comprendono interessi o dividendi ottenuti in cambio della concessione di capitale a terzi. Vengono dichiarati nel quadro RM del modello Redditi.
Redditi diversi di natura finanziaria: questi proventi derivano anch’essi dall’impiego di capitale e si manifestano come plusvalenze dalla differenza tra valore di cessione e di acquisto dei titoli negoziati. Sono dichiarati nel quadro RT del modello Redditi.
In generale, ci si riferisce alle “rendite finanziarie” per indicare sia i redditi di capitale che i redditi diversi di natura finanziaria.
Tassazione trading online, le aliquote
La tassazione dei guadagni nel trading online è determinata principalmente dalla residenza fiscale dell’investitore. Se un contribuente residente in Italia realizza guadagni da vendita di titoli o riceve dividendi o interessi, tali proventi devono essere dichiarati e tassati nel paese.
In Italia, la tassazione delle rendite finanziarie è regolamentata dall’articolo 67, comma 1 del TUIR, che prevede due diverse aliquote di imposta sostitutiva:
- Il 12,5% è applicato ai proventi derivati dai Titoli di Stato.
- Il 26% è applicato ai proventi derivanti da ogni altra tipologia di investimento, compresi interessi e dividendi.
È importante sottolineare che i redditi delle rendite finanziarie non si sommano ad altri redditi per il calcolo dell’IRPEF. Questo significa che vengono tassati separatamente, senza influenzare l’aliquota fiscale applicata ad altri redditi (Risoluzione n. 102/E/2011 dell’Agenzia delle Entrate).
Le tasse sugli ETF non armonizzati variano invece in base allo scaglione IRPEF del contribuente, con un’aliquota che varia tra il 23% e il 43%.
Infine, sulle attività finanziarie detenute all’estero si paga l’IVAFE, pari allo 0,2%.
Riassumendo, quindi:
Tipologia di Proventi | Aliquota Fiscale |
---|---|
Titoli di Stato | 12,5% |
Altre Tipologie di investimento | 26% |
ETF non armonizzati | 23% - 43% |
Attività finanziarie estero (IVAFE) | 0,2% |
Quali dati servono per dichiarare i redditi da trading online
Per dichiarare correttamente i redditi da trading online in regime dichiarativo, è necessario raccogliere dati sulle operazioni finanziarie effettuate, compilare con precisione i moduli fiscali previsti e versare le imposte dovute entro i termini stabiliti, come disciplinato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 461/1997.
Nella dichiarazione dei redditi occorre specificare diverse informazioni cruciali:
Plusvalenze: rappresentano i guadagni ottenuti dalla vendita di un titolo ad un prezzo superiore a quello d’acquisto, indicando così un profitto. Nel caso di strumenti finanziari acquistati in momenti diversi, per il calcolo delle plusvalenze si applica il principio LIFO (last in first out).
Minusvalenze: si verificano quando il prezzo di vendita di uno strumento finanziario è inferiore al prezzo d’acquisto, evidenziando una perdita. Nel caso di minusvalenze, l’eccedenza può essere utilizzata per compensare eventuali plusvalenze nei quattro periodi d’imposta successivi.
Valore iniziale e finale delle attività finanziarie detenute all’estero, insieme al periodo di possesso e al valore di mercato o d’acquisto. L’Agenzia delle Entrate richiede una dettagliata dichiarazione dei rapporti con intermediari stranieri nel caso di attività finanziarie estere, utilizzando la documentazione fornita dai broker esteri. Questo è essenziale per rispettare gli obblighi di monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all’estero.
Dalla certificazione broker all’IVAFE, tutti gli step della dichiarazione dei redditi del trading online
Fase 1: raccolta dei dati
La corretta dichiarazione dei redditi derivanti dal trading online comporta una serie di passaggi fondamentali che partono dalla certificazione degli acquisti e delle vendite di titoli fornita dal broker estero. I broker sono tenuti a rilasciare questa documentazione, considerando che l’obbligo dichiarativo ricade sugli investitori. Tuttavia, non esiste ancora una standardizzazione dei dati forniti, e talvolta è necessario rielaborarli per l’inclusione nella dichiarazione dei redditi.
Fase 2: dichiarazione
Una volta ottenuta la documentazione necessaria, si procede con la compilazione della dichiarazione dei redditi. I redditi derivanti dai rapporti con broker esteri sono considerati redditi di capitale e devono essere dichiarati nel quadro RT - Plusvalenze di natura finanziaria
Nella Sezione II del quadro RT, vengono compilati diversi righi:
- Rigo RT 21: totale dei corrispettivi positivi derivanti dalle vendite effettuate;
- Rigo RT 22: totale dei costi o dei valori d’acquisto;
- Rigo RT 23: somma algebrica dei differenziali positivi e negativi, determinando eventuali plusvalenze o minusvalenze;
- Rigo RT 27: calcolo dell’imposta sostitutiva, da riportare anche al rigo RT 29 in assenza di imposte precedenti.
Fase 3: obbligo di monitoraggio e IVAFE
Infine, chiunque detenga attività finanziarie all’estero, inclusi Bitcoin e altre criptovalute, è tenuto a versare l’IVAFE, calcolata come il 2 per mille annuo del valore delle attività finanziarie estere. Queste informazioni devono essere inserite nella Dichiarazione dei Redditi, utilizzando il quadro RW del Modello Redditi PF o il quadro W del 730/2024, in conformità alle disposizioni fiscali vigenti.
Ecco come compilare il quadro RW per adempiere all’obbligo di monitoraggio fiscale:
- Colonna 1: Indica il codice di possesso, che di solito è il numero 1, indicando la proprietà degli asset finanziari.
- Colonna 2: Specifica se il contribuente è il titolare effettivo, utilizzando il codice 2.
- Colonne 3: Indicano il codice di individuazione del bene, che identifica il tipo di attività finanziaria.
- Colonna 4: Localizza il Paese estero di detenzione delle attività finanziarie, seguendo l’elenco dell’Agenzia delle Entrate.
- Colonna 5: Esprime la percentuale di possesso, che di solito è del 100% per tutti e tre i righi.
- Colonne 7 e 8: Specificano il valore iniziale e finale delle attività finanziarie, con l’obbligo di indicare il valore di mercato. In assenza di questo, si può indicare il valore nominale o di rimborso, o il valore d’acquisto. Per RW 1 ed RW 3, si inserisce il valore di mercato, mentre per RW 2 si indica il costo d’acquisto.
- Colonna 10: Evidenzia i giorni di possesso dei beni.
- Colonne 11: Determinano l’IVAFE, calcolando il valore indicato in colonna 8 con la percentuale e il periodo di possesso, applicando l’aliquota del 0,2%.
- Colonna 14: Inserisce il credito d’imposta a fronte del versamento delle imposte estere eventualmente versate.
- Colonna 15: Indica l’importo dell’IVAFE dovuta al netto di eventuali crediti d’imposta.
Esempi pratici
Vediamo ora un esempio pratico di compilazione della dichiarazione dei redditi per un contribuente che ha effettuato operazioni di trading nel corso del 2023. Considerando le plusvalenze su azioni USA, forex e Bitcoin, il contribuente ha realizzato:
- Plusvalenza su azioni USA: 10.000 euro
- Plusvalenza su forex: 3.000 euro
- Plusvalenza su Bitcoin: 8.000 euro
Per determinare quanto dovuto al Fisco, il contribuente dovrà indicare al rigo RT 23 la somma algebrica dei differenziali positivi e negativi, pari a 21.000 euro.
Su questa somma sarà calcolata l’imposta sostitutiva del 26%, pari a 5.460 euro, da indicare al rigo RT 27.
Per adempiere all’obbligo di monitoraggio fiscale e per il calcolo dell’IVAFE, il contribuente dovrà compilare il quadro RW del Modello Redditi PF o il quadro W del 730/2024.
Il contribuente compilerà tre quadri RW, indicando:
Quadro RW1 (per le azioni):
Colonne 7 e 8: Valore iniziale delle azioni = 20.000 euro, valore finale = 15.000 euro.
Colonna 11: Calcolo dell’IVAFE: 15.000 * 0,2‰ = 30 euro.
Colonna 14: Eventuale credito d’imposta.
Colonna 15: Importo netto dell’IVAFE: 30 euro.
Quadro RW1 (per il forex):
Colonne 7 e 8: Valore iniziale = 0 euro, valore finale = 0 euro.
Colonna 11: Calcolo dell’IVAFE: 0.
Colonna 14: Eventuale credito d’imposta.
Colonna 15: Importo netto dell’IVAFE: 0 euro.
Quadro RW1 (per Bitcoin):
Valore iniziale (Colonne 7 e 8): 30.000 euro
Valore finale (Colonne 7 e 8): 20.000 euro
Giorni di possesso (Colonna 10): 365 giorni
IVAFE (Colonna 11): 20.000 euro * 100% * 365 giorni * 0,2‰ = 40 euro
IVAFE netta (Colonna 15): 40 euro
L’IVAFE complessiva dovuta dal contribuente sarà di 30 euro + 40 euro = 70 euro.
FAQ
Chi fa trading deve pagare le tasse?
Sì, chiunque effettui operazioni di trading, ottenendo guadagni, è tenuto a pagare le tasse sulle plusvalenze. Queste tasse variano a seconda del paese e del regime fiscale applicato, ma in genere le plusvalenze derivanti dalle operazioni di trading sono soggette a tassazione.
Cosa succede se non si dichiara un conto trading?
La mancata dichiarazione di un conto di trading può comportare conseguenze legali e fiscali. I governi di molti paesi richiedono ai contribuenti di dichiarare tutti i loro redditi, inclusi quelli derivanti dalle attività di trading. La mancata dichiarazione può quindi essere considerata una violazione delle leggi fiscali e può portare a sanzioni, multe o altre misure punitive da parte delle autorità fiscali.
Prima di ricevere un avviso di accertamento, il contribuente può regolarizzare in modo spontaneo la propria posizione fiscale tramite un ravvedimento operoso e e la presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa.
Come si dichiara un conto di trading?
Per dichiarare un conto di trading, è necessario compilare correttamente la dichiarazione dei redditi, includendo tutte le plusvalenze e le minusvalenze generate dalle operazioni di trading. Queste informazioni vanno inserite nei moduli fiscali prescritti dalle autorità fiscali del proprio paese, seguendo le istruzioni specifiche fornite. In genere, è importante conservare accuratamente tutti i documenti e le certificazioni fornite dal broker, in modo da poter fornire tutte le informazioni richieste dalle autorità fiscali durante la dichiarazione dei redditi.
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