Autonomia regionale: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vogliono l’autonomia differenziata dalla altre Regioni e c’è chi parla di secessione dei ricchi. Ecco cosa prevede il testo della riforma.
Tre importanti Regioni del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, hanno presentato un testo di riforma per ottenere l’autonomia differenziata regionale. In particolare queste Regioni chiedono di trattenere nel proprio territorio fino al 90% delle tasse pagate dai propri cittadini, a svantaggio delle Regioni meno produttive.
Per molti si tratterebbe di una vera e propria secessione dei ricchi, che rischia di aggravare ancor di più il divario economico con le Regioni del Sud, spezzando in due il Paese.
Il testo della riforma aveva dato non pochi problemi al vecchio Governo giallo-verde; adesso, invece, pare che sia in una fase di stallo, anche perché la norma che disciplina il c.d. «regionalismo differenziato» già esiste ma spesso non viene applicata: si tratta dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione che permette anche alle Regioni a statuto ordinario di prevedere particolari forme di autonomia.
Autonomia regionale: cosa prevede la riforma?
La possibilità di una maggiore autonomia da parte delle Regioni è prevista dalla Costituzione, esattamente dal terzo comma dell’articolo 116. In sostanza, le regioni che hanno bilanci virtuosi possono chiedere allo Stato l’assegnazione di maggiori competenze rispetto a quelle normalmente attribuite.
Nell’ottobre del 2017 si è tenuto un Referendum consultivo in Lombardia e Veneto, dove i cittadini con percentuali plebiscitarie (i Sì hanno ottenuto rispettivamente il 96% e il 98% dei voti) hanno chiesto che fosse avviato l’iter per una richiesta di maggiore autonomia.
Oltre a competenze come quelle scolastiche, il vero nocciolo della questione sono quelle in materia fiscale. Il governatore del Veneto Luca Zaia (Lega) ha infatti da sempre spiegato che l’obiettivo è quello di trattenere in regione fino al 90% delle tasse pagate dai veneti.
Oltre al Veneto e la Lombardia, anche l’Emilia Romagna ha fatto richiesta di poter ottenere maggiore autonomia. C’è da dire comunque che il Referendum del 2017 aveva soltanto valore consultivo, con lo Stato che non ha nessun obbligo di acconsentire alle richieste.
Il testo
La prima mossa da parte di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna è stata quella di inviare, al ministero degli Affari Regionali guidato dalla leghista Erika Stefani, delle bozze contenenti le richieste in materia di autonomia.
Oltre alla questione delle risorse fiscali, viene chiesta la gestione tra le altre cose della Giustizia di Pace, della competenza in materia di istruzione, della tutela per l’ambiente e di alcune infrastrutture.
Per finanziare le competenze che passeranno dallo Stato alle Regioni, la richiesta è quella di trattenere sul territorio una parte di Irpef oltre ad altri tributi erariali come per esempio l’Iva.
Per quanto riguarda la scuola, la novità maggiore sarebbe che docenti e personale passerebbero dalle dipendenze dello Stato a quelle della Regione. Le liste per l’arruolamento si farebbero dunque su base regionale.
Le regioni richiedenti puntano poi anche a gestire da sole infrastrutture stradali e ferroviarie, con alcuni tratti di Autostrade e di ferrovie che passerebbero quindi passerebbero di mano.
Riforma autonomia regionale, a che punto siamo?
Quella dell’autonomia regionale è da sempre uno dei cavalli di battaglia della Lega Nord, portato avanti anche dal nuovo corso di Matteo Salvini. Il tema poi è particolarmente caro ai governatori del carroccio in Veneto e Lombardia.
Dopo i tumulti che hanno agitato lo scorso Governo, da qualche mese non si sente più parlare dell’autonomia regionale. Eppure il testo della riforma non è stato archiviato, si tratta semplicemente di una fase di stallo.
L’autonomia differenziata era infatti uno dei principali obiettivi politici della Lega, alleata di Governo al fianco dei grillini prima del Pd, mentre adesso nell’agenda del nuovo Esecutivo ci sono altre priorità.
Per l’Italia inoltre si tratta di un momento molto particolare poiché sono in corso le campagne elettorali per le elezioni regionali. Presto, infatti, l’assetto politico del Paese, almeno a livello locale, potrebbe cambiare volto, come appena accaduto in Umbria, dove ha vinto il Centrodestra e la Lega ha moltiplicato i consensi.
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