Il TFR è una prestazione economica cui il lavoratore ha diritto al termine della propria carriera lavorativa. Nel caso in cui sia investito in un fondo pensione, è possibile riportarlo in azienda?
Forse non tutti sanno che dal 1982 nel nostro paese è regolato dalla legge il cosiddetto trattamento di fine rapporto, detto in breve TFR. Si tratta di un emolumento o somma di denaro al quale hanno diritto i dipendenti dell’ambito pubblico e dell’ambito privato.
Al lavoratore subordinato è concessa la possibilità di assegnare TFR ad un fondo pensione, e proprio questa facoltà può far emergere un quesito interessante a cui di seguito daremo risposta. I lavoratori dipendenti che hanno scelto di investire il trattamento di fine rapporto nella previdenza complementare possono ripensarci e cambiare idea, riportando il TFR in azienda? È possibile questa scelta oppure no? Proprio a questo quesito intendiamo dare risposta nel corso di questo articolo, non prima però di aver ricordato in estrema sintesi in che cosa consiste il TFR e che cosa sono i fondi pensione.
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Che cos’è il TFR in breve e chi ne ha diritto
Chiarire che cos’è il TFR è molto semplice: altro non è infatti che la prestazione economica che viene assegnata al lavoratore dipendente, al momento del termine del rapporto di lavoro - per qualsiasi motivo esso si verifichi. Pensiamo dunque all’ipotesi del recesso da parte datore di lavoro ovvero il licenziamento, ma anche alle dimissioni o al raggiungimento dell’età per la pensione.
In altre parole, il trattamento di fine rapporto consiste in una prestazione economica prevista e valevole a favore dei lavoratori subordinati, come emolumento aggiuntivo e supplementare rispetto alla retribuzione ordinaria. Hanno diritto a ricevere il TFR tutti i lavoratori dipendenti, che siano occupati con un contratto a tempo indeterminato o determinato. Il TFR vale anche a favore dei lavoratori a tempo parziale.
Non dimentichiamo poi che l’ammontare del trattamento di fine rapporto si correla con lo stipendio effettivo del dipendente, il quale ogni mese matura una determinata somma che viene accantonata dal proprio datore di lavoro. Il lavoratore ha il diritto di incassare il compenso maturato e, conseguentemente, il suo capo deve effettuare il calcolo del trattamento di fine rapporto - onde versare il dovuto al termine dell’esperienza lavorativa.
Ricordiamo altresì che il versamento del TFR si compie da parte del datore di lavoro, secondo tempistiche differenti in riferimento alla particolare categoria dei lavoratori. Proprio le tempistiche di attribuzione della somma sono legate infatti a che cosa dice il contratto collettivo applicato.
Il TFR come salario posticipato: chi ne beneficia?
Il TFR è dunque una prestazione economica riconosciuta ai lavoratori dipendenti, come emolumento aggiuntivo rispetto alla retribuzione ordinaria. Ne hanno diritto tutti i lavoratori subordinati, occupati con un contratto a tempo indeterminato o determinato, compresi i lavoratori part-time. Rimarchiamo che l’importo del TFR è legato allo stipendio del lavoratore, il quale ogni mese matura una determinata somma accantonata dal proprio datore di lavoro.
Dal punto di vista tecnico, possiamo definire il TFR come una sorta di compenso con corresponsione differita alla data della cessazione del rapporto lavorativo, ovvero una specie di salario posticipato quantificato per quote annuali.
In altre parole il TFR consiste in una retribuzione differita, assegnata al lavoratore per ciascun mese di lavoro, e avente la caratteristica per cui non viene versata subito ma soltanto quando termina il rapporto. Non dire di rado il trattamento di fine rapporto viene anche chiamato liquidazione, facendo riferimento all’effettivo versamento del TFR da parte del datore di lavoro. Egli infatti è tenuto a compiere la liquidazione del trattamento, sulla scorta di quanto maturato dal suo dipendente fino a quel momento.
Cosa sono i fondi pensione in breve
Vediamo a questo punto anche qual è la funzione dei fondi pensione, ovvero: che cosa si intende esattamente con questa espressione? Ebbene, la risposta non è difficile: facciamo riferimento a uno strumento con cui il lavoratore dipendente può avvalersi, di fatto, di una pensione complementare alla data di uscita dal lavoro.
E con ’pensione complementare’ semplicemente facciamo riferimento a quella pensione che ha la finalità di integrare - e quindi di rafforzare - l’ammontare della pensione da lavoro, maturata via via nel tempo attraverso il versamento periodico dei contributi previdenziali alla gestione di pertinenza.
Non vi sono dubbi a riguardo: l’ammontare della pensione integrativa va dunque a sommarsi alla pensione tradizionale. Considerate le stime sul valore della pensione futura nei prossimi anni, sono molti gli esperti di materia previdenziale che consigliano ai lavoratori di puntare - anche e soprattutto - sulla pensione complementare. Ciò infatti potrà permettere di conseguire in futuro un trattamento pensionistico più corposo e davvero in grado di sostenere economicamente il pensionato nelle spese di tutti i giorni.
La finalità dei fondi pensione
I fondi pensione rappresentano dunque uno strumento di lungo periodo, avente come finalità chiave l’integrazione pensionistica. Essi servono a colmare il gap previdenziale tra pensione pubblica e ultimo reddito incassato dai lavoratori, una certezza da qui ai prossimi anni.
La scelta di aderire ai fondi pensione per la pensione integrativa è da ritenersi in ogni caso libera e aperta a tutte le categorie di lavoratori - dipendenti privati, pubblici, autonomi o anche liberi professionisti. Peraltro la scelta di aderire ai fondi pensione è effettuabile anche da persone che non svolgono un’attività di lavoro, inclusi studenti soggetti fiscalmente a carico.
Il fondo pensione consiste dunque in una opportunità ulteriore per il dipendente, che può valutare di assegnare il proprio TFR, totalmente o per una quota, a favore di una pensione complementare.
TRF nel fondo pensione: le due alternative per il lavoratore
Come abbiamo visto poco sopra, il fondo pensione rappresenta uno strumento di risparmio a lungo termine, mirato a garantire un reddito al lavoratore - risparmiatore al termine della sua carriera. Questo a complemento della pensione versata dall’Inps, da cui - lo sottolineiamo - il fondo è del tutto distinto.
Per un lavoratore subordinato le opzioni da considerare, quando si parla di rapporti tra TFR e fondo pensione, sono dunque le seguenti: lasciare il trattamento di fine rapporto in azienda oppure investirlo in un fondo pensione. Non dimentichiamo infatti che entro sei mesi dalla data dell’assunzione, il dipendente deve scegliere come gestire questo emolumento - e potrà farlo sia aderendo a un fondo complementare pensionistico, sia conservando l’ammontare maturato e accantonato via via nel corso del tempo all’interno dell’azienda.
Senza una scelta espressa da parte del lavoratore circa la destinazione del TFR, varrà il meccanismo del silenzio-assenso. Perciò il TFR confluirà in modo automatico nel fondo pensione di cui al Ccnl di riferimento, in caso di più fondi, in quello al quale è iscritto il maggior numero di lavoratori. In queste circostanze, il lavoratore aderisce in via tacita al fondo pensione.
Si può cambiare idea sul TFR destinato ai fondi pensione?
Venendo alla domanda iniziale - e sicuramente di rilievo per i temi che essa considera - rispondiamo che, nel caso in cui in un primo tempo il lavoratore scelga di trattenere la somma accantonata in azienda, può comunque in un secondo tempo cambiare idea. Potrà farlo cioè destinando il trattamento di fine rapporto a un fondo di previdenza complementare.
Attenzione però: nell’altro caso, ovvero nell’ipotesi dell’adesione immediata a un fondo complementare pensionistico, le norme in materia sono piuttosto chiare. Infatti in queste circostanze la scelta del lavoratore a favore del fondo pensione non può essere cambiata successivamente e, pertanto, il lavoratore non potrà ripensare a quanto deciso e non portare a tornare indietro sui propri passi. In breve, la scelta di conferire il trattamento di fine rapporto al fondo pensione è dunque da considerarsi sempre irrevocabile. Si tratta di quanto indicato nel sito web della Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione.
Concludendo, vero è che la prassi su questi argomenti ci mostra che non pochi lavoratori subordinati oggi scelgono di aderire a un fondo pensione, sfruttando il TFR maturato. D’altronde, la convenienza di questa forma di previdenza complementare è del tutto evidente, se pensiamo che a favore del lavoratore che aderisce vi è la possibilità di incassare al raggiungimento dell’età pensionabile il pagamento del capitale in una sola soluzione, oppure una rendita.
In ogni caso, è sempre buona regola scegliere con attenzione i fondi giusti, servendosi dell’assistenza e della preparazione di un consulente esperto.
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