Il rublo crolla e annuncia che la Russia sta attraversando un periodo davvero difficile: l’economia della nazione sta affondando? I problemi di Mosca sono diversi e complessi: cosa succede?
Il rublo crolla e nuovi/vecchi allarmi per l’economia della nazione in guerra tornano a innervosire il già complesso scenario economico della Russia.
Nello specifico, la valuta ha sfondato il livello psicologicamente importante di 100 contro il dollaro per la prima volta dal marzo dello scorso anno, anche dopo che la banca centrale russa ha cercato di arrestare la crisi interrompendo i suoi acquisti di valuta estera sul mercato interno per il resto del 2023.
Il rublo quest’anno si è indebolito di circa il 25% rispetto al dollaro, posizionandosi tra le tre peggiori valute dei mercati emergenti insieme a lira turca e peso argentino. Il suo valore è quasi dimezzato rispetto al suo picco nel giugno dello scorso anno, mentre l’invasione dell’Ucraina da parte del presidente Vladimir Putin continua senza una fine in vista e le sanzioni, tra cui un tetto massimo del prezzo del petrolio, tagliano le entrate derivanti dalle esportazioni.
Il crollo è avvenuto proprio mentre il consigliere economico del presidente russo ha affermato che la nazione vuole un rublo forte e che la politica monetaria espansiva è stata la ragione principale dietro l’indebolimento della valuta russa.
Con la guerra in Ucraina dagli esiti sempre più incerti e drammatici ora che ha preso di mira anche il Mar Nero, la stessa economia della Russia si trova dinanzi a uno scenario molto difficile e avverso. Il tonfo del rublo lo dimostra.
Perché il rublo affonda: la crisi russa peggiora?
Proprio quando il dollaro ha raggiunto i 100 rubli, il consigliere economico di Putin Maxim Oreshkin ha dichiarato in un editoriale per l’agenzia di stampa TASS che il Cremlino voleva un rublo forte e si aspettava una normalizzazione a breve.
“L’attuale tasso di cambio si è discostato in modo significativo dai livelli fondamentali e la sua normalizzazione è prevista nel prossimo futuro. Un rublo debole complica la trasformazione strutturale dell’economia e influisce negativamente sui redditi reali della popolazione. È nell’interesse dell’economia russa avere un rublo forte”, ha commentato il funzionario.
Il rublo sta attraversando un periodo turbolento da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, crollando a un minimo storico di 120 contro il dollaro nel marzo dello scorso anno prima di recuperare a un massimo di oltre sette anni pochi mesi dopo, sostenuto dai controlli sui capitali e dall’aumento dei proventi delle esportazioni.
Prima della guerra, la valuta veniva scambiato a circa 75 dollari. La Banca di Russia ha attribuito il brusco calo quest’anno alla contrazione della bilancia commerciale. L’avanzo delle partite correnti del paese è diminuito dell’85% su base annua nel periodo gennaio-luglio.
L’economia russa, in effetti, è in difficoltà e in trasformazione a causa del conflitto. L’economia interna è stata sostenuta dalla spesa pubblica per la difesa e dagli impegni sociali come i pagamenti per le bare ricevuti dalle famiglie dei soldati morti sul campo di battaglia in Ucraina. Tuttavia, questo ha anche aumentato il deficit di bilancio, spingendo la valuta verso il basso.
L’impennata della spesa ha determinato un balzo del 20% delle importazioni annuali nella prima metà di quest’anno.
“Pochissima valuta entra nel paese, quindi si è formata una carestia valutaria. Le importazioni sono ora tornate ai livelli prebellici, solo ora importiamo tutti i beni di consumo e manufatti dalla Cina, dalla Turchia, dall’Asia centrale e dagli Emirati, e non dall’Occidente. Devi ancora pagarlo in qualche valuta, ma nessuno vuole i rubli”, ha detto a Financial Times Vladimir Milov, un ex vice ministro dell’energia che ora si oppone al Cremlino dall’esilio.
Inoltre, i flussi commerciali sono diventati la forza trainante dei movimenti del rublo dopo che il commercio estero della valuta si è prosciugato la scorsa primavera. Secondo i dati ufficiali pubblicati la scorsa settimana, l’avanzo delle partite correnti della Russia - all’incirca la differenza tra esportazioni e importazioni - è diminuito dell’85% nei primi sette mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2022.
La pressione sulle partite correnti minaccia di indebolire ulteriormente la valuta, con i ricavi degli esportatori russi di petrolio e gas scesi a 6,9 miliardi di dollari a luglio dai 16,8 miliardi di dollari dello stesso periodo dello scorso anno. Un allentamento delle restrizioni sul trasferimento di denaro all’estero ha anche portato a un’accelerazione della fuga di capitali mentre i russi si affrettano a trasferire fondi su conti esteri.
Da evidenziare che la banca centrale ha aumentato i tassi di 100 punti base a luglio all’8,5%, dopo averli mantenuti stabili. In vista della prossima riunione di settembre, la banca ha segnalato che sono necessari ulteriori aumenti.
Intanto, la caduta della scorsa settimana ha spinto la banca russa a sospendere una regola di bilancio in base alla quale acquista o vende valuta estera dai suoi fondi sovrani quando le entrate di petrolio e gas sono al di sopra o al di sotto di un certo livello.
La Russia è davvero nei guai? Cosa può accadere
Stando ad alcune analisi, c’è un barlume di speranza per Mosca. I ricavi delle principali esportazioni della Russia, petrolio e gas, sono diminuiti di oltre il 40% nei primi sette mesi dell’anno rispetto al 2022, poiché gli embarghi e un tetto massimo imposto dal G7 hanno spinto i prezzi verso il basso. Tuttavia, a luglio hanno iniziato a rimbalzare, superando per la prima volta gli 800 miliardi di rubli da quando sono entrate in vigore tali misure.
Gli economisti hanno affermato che la sospensione della regola di bilancio può eliminare un incentivo alla debolezza del rublo poiché l’impatto dell’aumento dei prezzi del petrolio delle ultime settimane si ripercuote sui ricavi.
Il vice governatore della Banca di Russia Alexey Zabotkin ha cercato di rassicurare sulla tenuta del sistema russo: Non vediamo alcun rischio per la stabilità finanziaria dal declino del rublo, ha detto venerdì ai giornalisti. La banca centrale continua ad aderire a una politica di cambio fluttuante che “consente all’economia di adattarsi efficacemente alle mutevoli condizioni esterne”, ha affermato.
Secondo Alexander Isakov, economista russo, le insidie non mancano: “Per stabilizzare il rublo, stimiamo che il tasso di interesse ufficiale debba avvicinarsi al 10% e che la spesa del bilancio federale debba essere mantenuta entro il tetto fiscale. Il rublo potrebbe beneficiare dell’aumento dei prezzi del greggio, ma la politica monetaria interna rimarrà un’ancora più affidabile per la valuta”.
La Banca di Russia dovrà aumentare il tasso ufficiale di 50-100 punti base nella riunione del 15 settembre per alzare i risparmi interni e ridurre le importazioni stando a questa analisi.
C’è dunque nervosismo sull’evoluzione economica della Russia, mentre la guerra divampa in uno cenario sempre più incerto.
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