Trasferimento per ricongiungimento familiare, ecco quando è un diritto del dipendente

Simone Micocci

19 Giugno 2024 - 15:16

In quali casi il lavoratore ha diritto al trasferimento per ricongiungimento alla famiglia? Sono due (più uno) gli strumenti a disposizione dei dipendenti pubblici.

Trasferimento per ricongiungimento familiare, ecco quando è un diritto del dipendente

Quando un lavoratore è impiegato a molti chilometri da casa potrebbe avere il desiderio di essere trasferito per ricongiungersi al coniuge e ai figli. Tuttavia, per quanto sia nelle facoltà del dipendente chiedere il trasferimento, d’altra parte il datore di lavoro può liberamente rifiutare la proposta.

Nel caso dei dipendenti pubblici poi la procedura per la richiesta di trasferimento è persino più articolata. Non se ne può fare libera domanda all’amministrazione di impiego, in quanto in primis è necessario che sia stato pubblicato il relativo bando per la mobilità. Solo allora se ne può fare domanda, con la quale esclusivamente chi rientra nelle prime posizioni utili della graduatoria otterrà il trasferimento.

Tuttavia, esistono tre situazioni in cui i dipendenti pubblici possono fare libera domanda di trasferimento al fine di ricongiungersi con marito, moglie, figli e figlie. Il primo riguarda le Forze Armate e di Polizia per i quali è previsto un apposito strumento che consente il riavvicinamento con la famiglia.

Il secondo e il terzo, invece, oggetto di approfondimento in questo articolo, sono descritti dal D.lgs 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) e dalla Legge 104/1992 rivolti ai dipendenti con figli piccoli e a quelli che necessitano di assistere un familiare disabile; vediamo di cosa trattano entrambi.

Ricongiungimento al coniuge in presenza di figli

Il Testo unico in materia di sostegno alla maternità e alla paternità, precisamente nell’articolo 42 bis, stabilisce che il dipendente pubblico se genitore di figli minori con età non superiore ai 3 anni può chiedere di essere assegnato ad una sede di servizio situata nella stessa provincia o Regione in cui l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa.

Il riavvicinamento al coniuge e - soprattutto - al figlio, non è però definitivo: nell’articolo 42 bis, infatti, si legge che l’assegnazione (che può essere anche frazionata nel tempo) non può essere superiore ai tre anni.

Non si tratta quindi di un vero e proprio trasferimento, bensì di un’assegnazione temporanea; inoltre, viene specificato che ciò è possibile solo in presenza di determinate condizioni, ossia in caso di “sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva” e “previo assenso di entrambe le amministrazioni”, sia quella di provenienza che quella di destinazione.

Sia l’una che l’altra amministrazione quindi possono respingere la richiesta di trasferimento per ricongiungimento familiare; tuttavia il rifiuto deve essere motivato e comunicato all’interessato entro il 30° giorno dalla presentazione della domanda.

Va detto che la normativa che regola questo strumento potrebbe essere presto oggetto di modifica. Con la sentenza n. 99 del 2024, infatti, la Corte Costituzionale ha riconosciuto l’illegittimità dell’articolo 42 bis, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2001 per la parte che stabilisce che il trasferimento debba avvenire necessariamente presso la sede di servizio presso cui l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa.

Non deve essere necessariamente così: secondo la Consulta, infatti, il trasferimento temporaneo può avvenire anche presso la provincia o nella regione in cui vi è la residenza familiare.

Ricongiungimento al familiare disabile

Tra le tante agevolazioni previste dalla legge n. 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) vi è quella che consente al dipendente pubblico che deve assistere un familiare disabile grave di ottenere il trasferimento nella sede a lui più vicina.

Lo stesso vale per il lavoratore disabile, il quale può chiedere il trasferimento nella sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, ma solo qualora ci sia abbastanza disponibilità di posti.

Riassumendo, in entrambi i casi non è possibile ottenere il trasferimento in una sede in cui non vi è carenza di organico.

Questo beneficio può essere utilizzato anche per ricongiursi al coniuge, e anche quando nessuno dei due presenta una disabilità grave. Vediamo come prendendo come esempio il dipendente pubblico Tizio e sua moglie Caia, originari di Roma.

Da qualche anno Tizio è stato trasferito a Bologna e in mancanza di un bando per la mobilità non riesce a ottenere il ricongiungimento alla moglie. Tuttavia, in un secondo momento, a Tizio viene riconosciuta la legge 104 in quanto necessita di assistere sua madre Sempronia, residente anch’essa a Roma e affetta da una forma grave di disabilità.

Di conseguenza Tizio potrebbe chiedere, in virtù di quanto stabilito dall’articolo 33 della legge 104/1992, il riavvicinamento alla madre e, di riflesso, alla moglie.

Anche in questo caso, così come confermato da diverse sentenze europee in tema di diritto al ricongiungimento, è però necessario il nulla osta delle rispettive amministrazioni, con la possibilità di un respingimento della richiesta qualora nella nuova sede non ci sia disponibilità di posti vacanti.

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