Il Cda del gruppo ha dato il via libera all’ipotesi di una manovra di rafforzamento patrimoniale.
Con il via libera del Consiglio di Amministrazione arrivato nella serata di lunedì 8 ottobre, l’ipotesi di una manovra di rafforzamento patrimoniale diventa sempre più concreta per Trevi.
L’operazione sembra essere ormai indispensabile per il gruppo leader mondiale nell’ingegneria del sottosuolo, attivo anche nel settore delle perforazioni e nella realizzazione di parcheggi sotterranei automatizzati.
Il titolo del gruppo, che nell’ultimo anno lasciato sul terreno circa il 45%, questa mattina, è stato sospeso per eccesso di scostamento dopo essere balzato dell’11%.
Cosa ha deciso il Cda di Trevi
Nella riunione di ieri, il Cda di Trevi ha deliberato di approvare le linee guida dell’ipotesi di manovra di rafforzamento patrimoniale e ristrutturazione dell’indebitamento. La decisione, arrivata su proposta del Chief Restructuring Officer (CRO), Sergio Iasi, e tenendo conto delle indicazioni preliminari ricevute dai principali azionisti della Società e dalle banche creditrici, è stata assunta all’unanimità dei consiglieri.
In particolare, il piano prevede un aumento di capitale da 130 milioni, da liberarsi con pagamento in denaro da offrire in opzione agli azionisti e la conversione dei crediti bancari di tutte le società del gruppo per 250 milioni in strumenti finanziari. Previsto anche l’allungamento dei tempi dei rimborsi per i crediti residui.
L’andamento della gestione al 30 giugno 2018
Che la crisi finanziaria che sta attanagliando il gruppo Trevi sia seria è ormai evidente da tempo. Non a caso il Cda ha comunicato anche i dati del primo semestre 2018. Numeri poco lusinghieri, che seguono l’andamento di un settore, quello delle costruzioni, che sta vivendo un momento particolarmente difficile.
Al 30 giugno 2018, i ricavi totali del gruppo non hanno superato i 380,2 milioni di euro a fronte dei 460,8 milioni registrati nello stesso periodo dell’anno precedente.
Nel dettaglio, il business delle costruzioni ha segnato una diminuzione dei ricavi della divisione Trevi, scesi dai 287,3 milioni del 30 giugno 2017 ai 203,1 milioni dello stesso periodo dell’anno in corso, mentre quelli della divisione Soilmec hanno subito un leggero rialzo attestandosi a 100,6 milioni rispetto ai 97 milioni registrati a fine giugno dello scorso anno.
Per quanto riguarda l’unità Oil&Gas, nello stesso arco temporale di riferimento, la divisione Drillmec porta a casa ricavi per 40,9 milioni di euro, in aumento rispetto ai precedenti 32,9 milioni, mentre diminuiscono quelli della divisione Petreven che scendono da 60,4 milioni a 44,9 milioni di euro.
La crisi del settore
Come detto, la crisi di Trevi segue il trend negativo che negli ultimi mesi sta accompagnando l’intero settore delle costruzioni: a soffrire ci sono anche altre big come Astaldi e Condotte.
La prima, alle prese con un piano di rafforzamento patrimoniale, dopo essersi arenata in Turchia con la mancata conclusione del terzo Ponte sul Bosforo, che ha messo un freno alla ricapitalizzazione, va ormai verso il concordato.
La seconda, certamente più piccola rispetto ai due competitor, è finita in amministrazione straordinaria.
Intanto, Trevi fa sapere che di recente sono state aggiudicate nuove commesse per poco meno di 140 milioni di euro, 80 milioni nel settore Fondazione Speciali e 58 milioni nel settore Oil&Gas.
Secondo quanto riportato in una nota della società,
“l’amministratore delegato del Gruppo, Stefano Trevisani, ha sottolineato con soddisfazione la qualità delle commesse acquisite nonostante la perdurante difficile congiuntura del mercato di riferimento”.
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