Il Cda della società ha deciso di consegnare al patron di Testa l’intero flusso degli oltre 500 milioni di post pubblicati ogni giorno: cosa nasconde questa manovra?
Potrebbe non essere l’ultima puntata della soap opera, ma il Washington Post ha raccolto e diffuso un’importante indiscrezione, che rende ancora più tormentato il rapporto tra Elon Musk e Twitter.
Il consiglio di amministrazione del social network avrebbe infatti deciso di fornire al patron di Tesla tutte le informazioni riguardanti il flusso di dati che comprende oltre 500 milioni di tweet pubblicati ogni giorno con lo scopo di individuare tutti i cosiddetti account “fake”. Contenuti che Musk ha più volte affermato di volere ottenere per potere poi procedere a un’acquisizione più consapevole della piattaforma social.
Secondo il quotidiano statunitense, il Cda di Twitter offrirà al magnate l’accesso al proprio “firehose” (un gigantesco archivio che comprende ogni tweet pubblicato) per porre fine a una situazione di stallo con il miliardario, che ha minacciato di ritirare il proprio accordo da 44 miliardi di dollari per acquistare il social. A meno che la società non fornisca l’accesso ai dati che, secondo Musk, sono necessari per valutare il numero di utenti falsi sulla piattaforma e la loro percentuale rispetto al totale degli account registrati.
Il vecchio problema degli account finti su Twitter
Le informazioni potrebbero essere fornite entro questa settimana, come ha rivelato la fonte anonima del Washington Post. Attualmente anche altre aziende (circa 24) hanno accesso al “firehose” del social. Quest’ultimo comprende non solo una copia in tempo reale dei tweet, ma anche informazioni sui dispositivi utilizzati dagli utenti per twittare e le informazioni sui loro account.
Del resto, il problema dei bot e degli account falsi esiste sostanzialmente fin dalla nascita di Twitter, nel 2006. Per anni l’azienda ha affermato che i bot e gli account di spam rappresentano meno del 5% degli utenti del servizio: un numero ricavato per mezzo di approfonditi controlli interni. Ma alcuni analisti esterni ritengono che la percentuale sia in realtà molto più alta; forse anche il doppio o il triplo. Per Elon Musk sarebbero addirittura almeno il 20%.
Elon Musk e lo scontro con Twitter: un pretesto per tirarsi indietro dall’affare?
Molti dei manager della società di microblogging, nonché diversi analisti e addetti ai lavori della Silicon Valley, ritengono però che Musk stia usando la richiesta di dati a Twitter come pretesto per uscire dall’accordo. Oppure per negoziare un prezzo più basso rispetto a quanto inizialmente offerto. Sono molti i dubbi sulle capacità del miliardario di utilizzare il “firehose” per trovare informazioni precedentemente non rilevate: il flusso di dati è disponibile da anni, a pagamento, per diverse aziende.
In ogni caso, questo passaggio sembrerebbe obbligatorio. L’accordo, d’altra parte, prevede che l’imprenditore debba portare a termine l’acquisizione a meno che non posa dimostrare che la società lo abbia ingannato o che qualche accadimento non ne abbia cambiato il valore. Al contrario, Musk potrebbe tirarsi indietro pagando -però- una penale di un miliardo di dollari. Una sanzione economica che, naturalmente, vorrebbe volentieri evitare.
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