La cultura della glorificazione dei top manager (anche da parte dei media) spesso spinge i leader a compiere scelte audaci e talvolta azzardate finalizzate più a costruire la propria reputazione.
Il mondo della finanza è strano e spesso paradossale, come dimostra la storia di UniCredit degli ultimi venti anni. L’acquisizione di Banco BPM da parte del gruppo creerebbe il secondo colosso italiano del credito, dopo Intesa Sanpaolo, e un campione europeo con 19 milioni di clienti. Ma per capire questa vicenda, non basta guardare l’ultima scena del film: bisogna ripercorrere i vent’anni di strategia e cambiamenti di leadership che hanno segnato UniCredit, un caso emblematico di gestione nelle grandi multinazionali.
Tutto ebbe inizio con Alessandro Profumo, amministratore delegato dal 1997 al 2010, che adottò una strategia aggressiva di espansione internazionale. UniCredit acquisì banche strategiche come HVB Group in Germania, Yapi Kredi in Turchia, Bank Pekao in Polonia, Bank of Austria e ATF Bank in Kazakistan. Queste operazioni fecero di UniCredit un attore di primo piano in Europa, con una rete diversificata e una forte presenza nei mercati emergenti. Tuttavia, l’espansione fu finanziata in parte con debiti, sostenuta dall’ipotesi di una crescita economica stabile che la crisi del 2008 avrebbe poi drammaticamente smentito. Le difficoltà operative e i costi elevati di integrazione divennero evidenti quando la crisi finanziaria globale e quella del debito sovrano europeo colpirono duramente UniCredit, lasciandola sovraesposta a mercati ad alto rischio come quelli dell’Europa orientale.
Nel 2010 Profumo si dimise, lasciando UniCredit con una liquidazione di 40 milioni di euro, di cui 2 devoluti in beneficenza. La guida passò a Federico Ghizzoni (2010-2016) e poi a Jean Pierre Mustier (2016-2021). Entrambi optarono per una strategia difensiva: massicci aumenti di capitale, cessione di asset strategici come Fineco, Pioneer e Bank Pekao, e una riduzione delle attività non core per concentrarsi sui mercati principali. Queste mosse, sebbene necessarie per ripristinare fiducia e liquidità, privarono UniCredit di redditi stabili e della diversificazione geografica nei mercati in crescita. Ghizzoni lasciò nel 2015 con una liquidazione di circa 10 milioni, mentre Mustier uscì nel 2020 senza liquidazioni straordinarie. [...]
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